
Nella Cattedrale di Catania, si sono celebrati i riti del Giovedì Santo. Al mattino, durante la Messa crismale, l’arcivescovo Luigi Renna ha presieduto il rinnovo delle promesse sacerdotali insieme ai presbiteri della diocesi e ha benedetto gli oli sacri: il crisma, l’olio dei catecumeni e l’olio degli infermi. Una liturgia ricca di significati per la vita della Chiesa, che ogni anno vede riuniti i presbiteri, i diaconi, i religiosi e numerosi fedeli. Per l’occasione è stato celebrato il Giubileo del Presbiterio.
Nel corso dell’omelia, il vescovo ha richiamato l’attenzione sul significato profondo dei tre oli che vengono benedetti: l’olio degli infermi, l’olio dei catecumeni e il crisma. Soffermandosi sull’olio degli infermi, lo ha definito come il più pasquale tra i tre: «È l’olio che raggiunge le ferite, che dona conforto ai malati, che aiuta a guardare con speranza anche la morte». Ha sottolineato la necessità di non considerare l’unzione solo come un gesto legato all’antica idea dell’“estrema unzione”, ma di riscoprirne il valore pastorale, legato alla presenza del Signore nella malattia e nella fragilità. Ha invitato le comunità a essere più attente nei confronti dei malati e delle loro famiglie: «Non lasciamoli soli: sono membra sofferenti del corpo di Cristo».
Ai presbiteri ha rivolto un appello diretto: «Non riducete il vostro ministero a una “prestazione” o a una “funzione”». Ha chiesto di custodire la fraternità, di non isolarsi, di cercare la preghiera insieme e di farsi carico l’uno dell’altro. «Abbiate relazioni significative, coltivate la gioia che nasce dalla comunione, non stancatevi di servire», ha detto, ricordando che l’identità sacerdotale si forma e si rinnova nell’Eucaristia, nell’ascolto della Parola e nella vita condivisa.
Nel pomeriggio, nella Messa in Coena Domini, che ha aperto il Triduo pasquale, l’arcivescovo Renna ha presieduto la celebrazione, che ha ricordato l’istituzione dell’Eucaristia e del sacerdozio. Durante la lavanda dei piedi, eseguita con semplicità, ha commentato il gesto di Gesù ai discepoli nel Cenacolo.
«La speranza non delude, perché l’amore di Cristo è stato riversato nei nostri cuori», ha detto, spiegando che proprio in quel gesto si racchiude il cuore del ministero cristiano. «Nel cenacolo nasce la speranza che il Signore Gesù non ci lascerà mai. Non dobbiamo mai dimenticare che, anche nei momenti più difficili, l’Eucaristia è la memoria viva della sua presenza che ci accompagna».
L’arcivescovo ha poi invitato a non separare l’Eucaristia dalla vita concreta, a non lasciare che la celebrazione resti isolata dalle urgenze del tempo presente. «Ogni volta che celebriamo l’Eucaristia – ha aggiunto – rinnoviamo la nostra speranza in Cristo, che ci chiama ad essere testimoni di questa speranza nel mondo di oggi».
I segni del Giovedì Santo – l’unzione, il pane spezzato, la lavanda dei piedi – si sono impressi nei gesti e nelle parole della comunità radunata.
