di Giuseppe Adernò
Il mese di marzo è tradizionalmente dedicato a san Giuseppe e quest’anno la festività del 19 marzo acquista una valenza particolare. Papa Francesco ha indetto un “Anno Speciale” fino all’8 dicembre 2021, nel ricorso del 150° anniversario del decreto “Quemandomun Deus” emanato l’8 dicembre 1870, da Papa IX, dopo la breccia di Porta Pia, affidando la Chiesa alla protezione di San Giuseppe e lo proclama “Patrono della Chiesa universale”.
Nel Concilio Vaticano I (1869-70) tra le diverse richieste che i Padri conciliari presentano a Pio IX, due riguardano San Giuseppe e la Sua decisione è stata sostenuta dal ricordo del sacrificio del domenicano, Beato Jean Joseph Lataste, fondatore della Congregazione delle Suore Domenicane di Betania, morto il 10 marzo1869, il quale aveva offerto la propria vita per ottenere che San Giuseppe fosse dichiarato Patrono della Chiesa universale. Gli eventi politico-militari nel luglio 1870 sospesero i lavori del Concilio.
Nella Lettera Apostolica dal titolo “Patris Corde” si legge che «ogni fedele sul suo esempio possa rafforzare quotidianamente la propria vita di fede nel pieno compimento della volontà di Dio».
Attraverso sette “definizioni”: Padre amato, nella tenerezza, nell’obbedienza, nell’accoglienza, dal coraggio creativo, padre lavoratore “ il Papa rilegge in maniera molto efficace ed attualizzante la figura di san Giuseppe. Molto suggestiva l’ultima delle sette declinazioni del ruolo di San Giuseppe, definito “padre nell’ombra”. «Tutte le volte che ci troviamo nella condizione di esercitare la paternità, dobbiamo sempre ricordare che non è mai esercizio di possesso, ma “segno” che rinvia a una paternità più alta”.
In occasione dell’Anno di San Giuseppe, la Penitenzieria Apostolica ha concesso inoltre il dono di speciali Indulgenze estese ad anziani, malati, agonizzanti e a tutti coloro che sono costretti a casa.
Molteplici sono le iniziative nelle diocesi italiane per rendere “spiritualmente fruttuoso” questo periodo, anno di grazia ed opportunità per la Chiesa.
In un tempo come questo «c’è bisogno di padri come San Giuseppe, che con coraggio creativo s’inventano qualcosa», si legge nell’editoriale del settimanale diocesano “Il momento” a firma di Mons. Livio Corazza, vescovo di Forlì-Bertinoro e la Lettera Apostolica “Patris Corde”, come ha scritto lo psichiatra Tonino Cantelmi, professore di Cyberpsicologia presso l’Università europea di Roma costituisce quasi una” bussola per orientarci nella palude della scomparsa del padre attraverso il paradigma costituito da un mix straordinario di forza e tenerezza”.
“Il mondo ha bisogno di padri, non di padroni…Perché l’amore autentico è legato alla capacità di donarsi, non alla smania di possesso. La figura del padre “padrone” apparteneva all’archetipo pre ’68; la paternità di San Giuseppe rinvia, invece, ad una paternità altra e alta: la paternità di Dio che ama, ma lascia liberi.
Oltre che “padre”, San Giuseppe è anche un potente modello maschile per la società di oggi: non cerca i riflettori, non ha bisogno di salire sul palcoscenico ma è grandissimo nella sua operosità silenziosa e nella sua rispettosa delicatezza verso Maria. E questo è il miglior antidoto al maschilismo e al narcisismo diffuso di chi tenta di prevaricare la donna per autoaffermarsi.
Il falegname di Nazareth nelle cui vene scorreva purissimo sangue reale, quale discendente della gloriosa stirpe di David, è modello per tutti i padri cristiani, è il pater familias per eccellenza: paternità autorevole, protettiva, stabile, sicura e sapiente.
Oggi, purtroppo, la nostra società è spesso “orfana di padri” e ne osserviamo tutti gli effetti sulle nuove e smarrite generazioni: il concetto di famiglia è gravemente minato nella sua essenza naturale.
L’Anno dedicato alla famiglia nel quinto anniversario dell’enciclica Amoris Laetitia, indetto da papa Francesco il 27 dicembre 2020, che si concluderà il 26 giugno 2022, costituisce, appunto un’occasione per far maturare i frutti dell’esortazione apostolica post-sinodale e rendere la Chiesa più prossima alle famiglie nel mondo, messe alla prova dalla pandemia.
“Padri non si nasce, ma si diventa” spiega ancora il Papa. Si diventa padre (e madre) quando si comincia ad avere la responsabilità di qualcuno da educare e, da “introdurre all’esperienza della vita” per renderlo capace di scelte, di libertà e anche “di partenze”. Nella società di oggi permane la dimensione dell’adultescenza, quasi padri adolescenti che hanno bisogno di una guida.
Nei sogni di San Giuseppe Dio rivela il suo progetto di famiglia e nella società dell’apparire propone un modello fatto di nascondimento, accoglienza, sostegno, incoraggiamento e tenerezza. Non forza muscolare esibita, ma la categoria della tenerezza, inedita e quasi sconosciuta alla società di oggi, che, segnata dalla crisi pandemica, ha rivelato in maniera abbondante difficoltà relazionali ed economiche e la necessità di una radicale ripresa spirituale e sociale.
A tale scopo da più parti è invocata l’intercessione di San Giuseppe.
L’immagine di San Giuseppe, padre spirituale, modello di accoglienza, e di tenerezza, guida e accompagna il cammino di fede per imparare, proprio come Egli ha saputo fare ad «armonizzare quanto la sua coscienza gli reclamava con le istanze che la sua fede gli suggeriva».
San Giuseppe, il Santo più grande di tutti i Santi, nella sua qualità di Sposo di Maria e di padre putativo di Gesù, fu predestinato dall’eternità a cooperare al mistero dell’Incarnazione, il più grande avvenimento della storia e, da quando accolse Maria come sua sposa, «divenne ministro di tutta l’economia del mistero di salvezza».
A nessuna creatura, dopo Maria, furono concesse grazie così grandi e così numerose e nessuno corrispose ad esse come san Giuseppe. Per questo la Chiesa, nella sua saggezza, tributa a san Giuseppe il culto di «protodulia», cioè una venerazione inferiore a quella spettante alla Madonna («iperdulia»), ma superiore a quella riservata a tutti gli altri santi (semplice «dulia»).
Tre sono i capisaldi della “teologia giuseppina” secondo San Tommaso: il primo riguarda il matrimonio vero e perfetto fra Giuseppe e Maria, il secondo tratta la verginità conservata da Giuseppe per tutta la sua esistenza; il terzo verte sul voto di verginità condizionato prima del matrimonio sia in Maria sia in Giuseppe, e in seguito verginità assoluta.
Santa Teresa intitolò al «glorioso padre» il suo primo monastero di Avila, ne predicò il patrocinio, ne promosse il culto, sostenendo che «Qualunque grazia si domanda a San Giuseppe sarà certamente concessa” e lei ne ebbe dimostrazioni innumerevoli volte.
In questi giorni angosciosi in cui il modernismo, il marxismo culturale e il comunismo cinese minacciano il mondo, ci rivolgiamo con fiducia e fervore a san Giuseppe e gli chiediamo di intercedere perché si affretti il compimento della promessa di Fatima e giunga l’ora attesa del trionfo di Gesù e di Maria sulle anime e su tutta la terra.