di Filadelfio Grasso
Alle 11.00, poco prima che inizi la messa solenne della Festa, sull’altare maggiore della Chiesa Madre di Biancavilla, prende posto la statua del patrono della città, san Placido. Nella sua semplicità, senza nulla che possa distogliere lo sguardo all’essenzialità a cui ci vuole condurre, che è fondamento stesso della vita del cristiano. E poi i canti, il suono dell’organo, gli sguardi puntati su quel volto roseo che da secoli è simbolo della benedizione verso chi vive in questa terra, ai piedi dell’Etna, ed è sfuggito a terremoti (l’ultimo quello del 6 ottobre del 2018), a pestilenze e a varie calamità e che tra mille contraddizioni riesce a vivere del proprio lavoro e con i propri sacrifici. La statua del Santo che ogni anno compie il giro del paese, è segno e augurio per i fedeli di prosperità e salute, beni preziosi ai quali ogni uomo anela.
Significato della festa
In una società che ha perso di mira la bellezza della sobrietà, delle regole, della linearità, san Placido ci dà esempio di autenticità e schiettezza, di regolatezza e di coraggio, e le celebrazioni ad esso dedicate, quest’anno in particolar modo, vogliono richiamare al fascino dell’essenziale.
San Placido, ha sempre rappresentato l’identità stessa del popolo di Biancavilla, fin dalle origini della sua devozione nel centro pedemontano, quando tra la fine del Cinquecento e gli inizi del secolo successivo, si perdeva l’originario rito greco a favore di quello latino, presente nel resto della diocesi di Catania.
Il monaco e martire da allora è stato il santo dei biancavillesi e di tutti coloro che a Biancavilla si erano rifugiati dopo il disastroso terremoto del 1693.
5 ottobre 1786: lo storpio guarito
Tra i tanti episodi legati alla devozione per il patrono, lo storico Michelangelo Greco, vissuto nell’Ottocento, racconta di essere stato testimone oculare di un evento prodigioso compiuto da san Placido, che conferma il forte attaccamento e la fiducia nei confronti del santo nel corso dei secoli. Il Greco dice: “…Questo glorioso santo non cessa d’aiutare i suoi veri divoti con le sue sante preghiere, di intercedere presso l’Onnipossente Dio con evidenti miracoli. Non posso dimenticarmi nell’anno 1786, nel giorno 5 ottobre, nel mentre che si trovava il santo innanzi la porta della madrice chiesa collegiata: essendosi incaminate tutte le confraternite per eseguirsi il solito solenne giro, si presentò una desolata madre, che spargeva immense lagrime, tenendo sulle braccia un fanciullo di sette anni, nato paralitico: immediatamente fu posto sulla pradella a piede del glorioso santo. Ed oh! portento; dopo quasi un’ora, ritrovandosi la sacra statua nel piano della collegiata, si alzò all’impiedi il fanciullo, battendo le mani e gridando, disse: – Madre madre è concesso il miracolo! – A questo detto la madre cadde tramortita al suolo e tutta la gran moltitudine degli astanti ci prostrammo a faccia per terra, lodando e glorificando il sommo Iddio, che concede per mezzo degli gloriosi suoi santi le grazie che gli vengono con fervore domandate dai veri devoti cristiani…”.
Nell’anno della pandemia
Ma quest’anno niente processione, banda musicale o assordanti spari di moschetteria; niente bancarelle colorate che vivacizzano da tre secoli la rinomata fiera che richiama migliaia di forestieri. Quest’anno, la pandemia ancora in atto, che fa registrare all’inizio dell’autunno una impennata di contagi e fa percepire la paura di un nuovo lockdown, non consente di poter svolgere niente di tutto questo.
La preghiera personale, la comunione (da vivere anche all’interno delle proprie famiglie, approfittando del giorno di riposo festivo), la riflessione sui valori e gli ideali che ogni cristiano, ogni uomo, deve coltivare e far maturare dentro di sé, sono tutte pratiche che possono dare un senso diverso, e per certi aspetti anche nuovo, alla festa, liberata dalle esteriorità.
Alle celebrazioni liturgiche, si unirà comunque un gesto significativo da parte della comunità civile: nella mattinata del 6 ottobre, il sindaco Antonio Bonanno e l’amministrazione comunale faranno un omaggio floreale alla stele marmorea di san Placido che sorge al confine del paese, in segno di costante gratitudine al patrono per la protezione alla città e per l’esempio che con la sua vita perennemente ci offre.