di Alfio Pennisi
Sulla prima Assemblea Sinodale della Chiesa italiana tanto è stato detto, anche su queste pagine: tre giorni di lavoro, dal 15 al 17 di questo mese, nella prestigiosa e immensa Basilica di San Paolo fuori le mura; 943 partecipanti (rappresentanti di tutte le 226 diocesi italiane e invitati speciali) tra essi, cardinali, vescovi, sacerdoti, consacrati e quasi 500 laici e laiche. A tema, una Chiesa che vuole allungare il passo, come titolava Avvenire sabato scorso.
C’eravamo anche noi
Noi Sicilia, intendiamo, e noi Catania, guidati dal nostro Arcivescovo, Mons. Luigi Renna.
Quello che segue è un breve diario delle giornate romane: come a dire, evviva gli ossimori, dentro fuori le mura
15 novembre. La partenza
Venerdì mattina, aeroporto di Catania, tanta folla, è fine settimana.
Alcune tra le delegazioni siciliane sono lì, in quella folla: i lavori, a Roma, cominceranno alle 16.00, i bus navetta partiranno dagli alberghi alle 14.00, meglio arrivare per tempo.
In attesa degli imbarchi ci si scambia le impressioni, si confidano le attese; c’è chi lavora da più tempo al cammino sinodale, chi invece si aggiunto da poco e ne approfitta per dare un’ultima occhiata ai documenti preparatori (lo faràanche durante il volo…); in tutti c’è trepidazione per un’occasione che si prospetta storica.
Pomeriggio. Si comincia
Dopo la sistemazione in albergo, alle 14.00 i bus si muovono puntualmente: destinazione la splendida Basilica di San Paolo fuori le mura, edificata da Teodosio, Valentiniano II e Arcadio e consacrata da Papa Siricio nel 390.
L’aria è fresca, nella Capitale, e la vista della Basilica toglie il fiato.
Una volta fatto ingresso, ciò che si presenta agli occhi è uno spettacolo inusuale: la lunghezza delle grandi navate è divisa in due parti, delimitate da una lunga serie di separè; quella più vicina ai mosaici del catino absidale e dell’arco di Galla Placidia è riservata ai momenti di preghiera, l’altra è occupata da un centinaio di tavoli, ordinatamente allineati, ciascuno con dieci posti (e 10 relative postazioni informatiche): sono i tavoli sinodali dove lavoreranno i partecipanti.
Addossato all’ingresso, il grande travolo della Presidenza.
Man mano che i delegati arrivano, cresce la temperatura emozionale. Quella climatica, invece, resta rigida; la Basilica è tra i posti più freddi di Roma, i romani lo sanno bene…
Alle 16.00, si inizia, con la preghiera.
Poi,dopo i numerosi saluti, il Cardinale Zuppi legge il messaggio inviato da Papa Francesco. Un applauso incontenibile si alza dall’assemblea quando Francesco idealmente le si rivolge: “Non abbiate paura di alzare le vele al vento dello Spirito!”.
Si passa quindi agli interventi.
Il primo è dello stesso Presidente della CEI il quale ricorda, con emozione, che proprio la Basilica di San Paolo fuori le mura vide nascere il Concilio Vaticano II, con l’annuncio dato da san Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959.
Dopo il saluto di Erica Tossani (del Comitato Nazionale), la relazione principale tocca a Mons. Erio Castellucci, Presidente del Comitato.
Concreto ed efficace come sempre, Castellucci richiama il senso del cammino sinodale, sorto tra le ombre della pandemia, investito poi dall’insensata tragedia della guerra in Ucraina e ulteriormente percosso dal conflitto in Israele e Gaza. Questi tragici eventi sono state accompagnati – ricorda ancora Castellucci – da “tante altre crisi,… segnando profondamente il Cammino sinodale: la crescita del disagio psichico in particolare fra minorenni; l’aumento delle catastrofi naturali; l’accentuata criminalizzazione del fenomeno migratorio; la silenziosa conversione dell’economia in economia di guerra; femminicidi e omicidi familiari ripetuti; sistema carcerario gravemente inadeguato;l’accentuazione delle diseguaglianze”. Il Cammino Sinodale e la Chiesa non sorvolano le vicende umane, anche quelle più dolorose, ma le “stanno attraversando a piedi, facendo compagnia all’umanità del nostro tempo”.
Il pomeriggio è ormai avanzato. L’ultimo intervento è di Pierpaolo Triani (anche lui del Comitato Nazionale) che spiega ai presenti le modalità di lavoro dell’indomani.
Qualche sguardo è preoccupato al pensiero di dover studiare anche di notte.
Gli animi si quietano, però, con la preghiera del Vespro che chiude la prima giornata dell’Assemblea.
Si va ai pulman, si torna in albergo, si cena. Molti sono stanchi: buona notte.
16 novembre Mattina (presto, molto presto)
Le ore di sonno sono poche per tutti: la colazione è alle sei e un quarto, alle sette bisogna già nuoversi per la Basilica. Alle 8.30, infatti, è fissata la messa, alle 09.45 l’inizio del lavoro nei tavoli sinodali.
C’è da dire che l’organizzazione fa di tutto per alleviare la stanchezza: all’inizio dei lavori, ogni delegato trova accanto al suo pc una soffice merendina e su ogni tavolo è poggiato un ricco vassoio di rustici e biscotti.
Cominciati i lavori, nella Basilica scende ben presto il silenzio: ai vari tavoli si parla, infatti, uno per volta, e c’è voglia di ascoltare gli altri, i facilitatori non faticano più di tanto.
L’ordine del giorno è duplice: ciascun tavolo lavorerà inizialmente sulla relazione della sera precedente di Castellucci e poi su una tra le 17 schede, frutto del lavoro preparatorio degli anni precedenti e dei contributi inviati dalle diverse diocesi.
Ciascuna scheda affronta un aspetto ritenuto rilevante per la futura missione della Chiesa (ad esempio: Cultura del dialogo e della pace. Centralità delle persone ai margini); ovviamente, visto il numero dei partecipanti, ogni scheda è trattata da più tavoli.
La tempistica è rigorosa: inizialmente si partirà dalle reazioni alla relazione di Castellucci, sottolineando ciò che se ne ritiene particolarmente rilevante; si passerà poi alla riflessione sulla scheda, proponendone eventuali miglioramenti e integrazioni. Infine, nel pomeriggio, ogni tavolo indicherà quali priorità individua tra le scelte pastorali indicate nel documento.
Viva il pranzo caldo (e soprattutto il caldo)
Dopo alcune ore di dialogo serrato, arriva l’ora di pranzo.
Le articolazioni dei meno giovani – che non sono pochi – scricchiolano un po’ al momento di risollevarsi, ma poi ci si affretta più che si può verso l’esterno. Ad attirare, va detto, non è tanto il buffet quanto il tepore dello splendente sole romano che attende i partecipanti fuori le mura della Basilica e scioglie un po’le membra intirizzite.
Si riprende
Alle 15.00 la preghiera richiama tutti dentro; poi, c’è da completare la revisione della scheda.
Ai tavoli il confronto riprende febbrile, interrotto solo da qualche sorso d’acqua e dal ricorso ai vassoi (la cui scorta di dolce e salato è stata saggiamente ripripristinata); si va avanti fino alle 18.15.
Per l’intera giornata si è lavorato pacatamente, ma con passione. Non sempre si è d’accordo, le esperienze di ciascuno portano talvolta – spesso – a valutazioni e sottolineature diverse. Nessuno, tuttavia, prevarica; la stima per l’esperienza altrui è sincera, prevale il desiderio di incontrarsi.
Il tempo in Basilica si chiude come si era aperto, con la preghiera; prima la recita dei Vespri, poi la Preghiera per le vittime di abusi.
La serata, però, non è finita: in ogni albergo, dopo cena, in preparazione alla Giornata mondiale per i poveri, viene proposta una testimonianza curata dalla Caritas, introdotta da un toccante videoche racconta cinque storie di solitudine e di amicizia. Emblematico il titolo: “Assenza di Presenza”(https://www.youtube.com/watch?v=e4ZFEot_yGc&t=8s ).
Domenica 17. L’assemblea senza filtri e il rilancio finale
La levata è di nuovo antelucana; alle 8.30, infatti, bisogna già essere alla Basilica, per la recita delle Lodi.Qualche viso denuncia la stanchezza ma più stanchi di tutti sono certamente quelli che hanno raccolto ii contributi dei quasi cento tavoli sinodali: han lavorato fino alle due e mezza di notte per predisporre una sintetica esposizione di quanto emerso dal lavoro comune.
Inutile presentare gli esiti di questo lavoro: giungerà alle Diocesi attraverso le schede rivedute e corrette.
Due cose vale la pena, però, ricordare: innanzitutto, la straordinaria assemblea.
Senza filtri, senza timori, con passione e libertà prendono la parola uomini e donne, presuli e laici, preti operai, giovani di movimenti, esponenti LGBT+, giovanissimi e anziani (toccante l’intervento di un’anziana appartenente alla comunità di base guidata dall’Abate Franzoni).
E poi le parole di Mons. Castellucci nel suo “Rilancio finale”: “In questi tre giorni ci siamo inseriti in una grande corrente: 17 secoli di ininterrotta vita cristiana che ha trovato qui, sotto la protezione di San Paolo, tutte le sue espressioni: celebrazioni liturgiche e sacramentali, annuncio, predicazione e catechesi, incontri personali e assemblee comunitarie, accoglienza dei poveri e ospitalità dei cercatori di speranza, presenza orante e ministero dei monaci benedettini. Sembra così di rivivere, in questi giorni e in questo luogo, l’esperienza della prima comunità di Gerusalemme,”.
La messa, presideduta dal Card. Zuppi, chiude l’assemblea.
Ma in realtà non si chiude affatto.
L’aveva detto lo stesso Zuppi, la prima sera: “Tantum aurora est”.