La Cattedrale “Sant’Agata V.M.” a Catania ha accolto un folto gruppo di insegnanti in occasione della “Veglia dell’Educatore”, un evento che ha richiamato non solo docenti di religione cattolica, ma anche educatori di varie discipline, testimoniando un’importante interesse a questo appuntamento spirituale e formativo. L’incontro, presieduto da Mons. Luigi Renna e organizzato dall’Ufficio di Pastorale Scolastica, diretto da Marco Pappalardo, e dall’Ufficio per l’Insegnamento della Religione Cattolica, diretto da Roberto Mangiagli, ha avuto come figura di riferimento il beato Carlo Acutis.

«Le veglie di oggi ci invitano a riflettere su cosa significhi una vita “riuscita” e un giovane veramente realizzato – ha affermato l’arcivescovo Luigi Renna, citando Carlo Acutis –. Ne sentiamo parlare spesso, ma lo percepiamo come qualcosa di diverso dai nostri sogni. Come si realizza una vita e un’educazione riuscita? Dalla sua biografia comprendiamo che Carlo ha ricevuto molto dalla sua famiglia e dai suoi docenti, anche se non sempre attraverso le parole. Tuttavia, c’è un aspetto della sua vita e del suo successo che ci sorprende: il suo rapporto personale con Cristo».

L’Arcivescovo ha espresso un profondo sentimento di gratitudine e riconoscenza verso coloro che si dedicano alla formazione dei ragazzi, rendendosi sempre disponibili, specialmente in un contesto in cui molte famiglie affrontano una profonda crisi di identità e di responsabilità. Richiamando la figura del beato Carlo Acutis, Mons. Renna ha sottolineato: «Il merito più grande dei suoi formatori è stato quello di aver fatto sì che egli riuscisse a vivere questo rapporto unico con Cristo».

L’Arcivescovo ha anche citato una delle affermazioni più celebri di Sant’Agostino, «Il nostro cuore non ha pace finché non trova una risposta in Te», esortando gli educatori a continuare a donarsi con fiducia, certi che in ogni ragazzo ci sia un potenziale Carlo Acutis da far emergere.

«Le parole di Carlo – prosegue Mons. Renna – “Non io, ma Dio!” rappresentano un traguardo, ma anche un punto di partenza per ogni educatore che crede e opera donandosi ai ragazzi e ai giovani. Non sempre si vedono subito i frutti del loro impegno, ma educare significa accompagnare con fiducia, certi che in ogni ragazzo emergerà ciò che seminiamo».

L’educazione, secondo l’Arcivescovo, non è solo un percorso accademico, ma un cammino spirituale e umano che trova la sua essenza nel rapporto con Dio. Infine, prima di mettersi in adorazione, l’Arcivescovo ha concluso richiamando il passo del Vangelo di Giovanni, ascoltato durante la veglia: «Cristo alza gli occhi al cielo e prega il Padre per i suoi discepoli, affinché possano guardare “alla luce di Dio”. Anche noi preghiamo con la consapevolezza di aver ricevuto un dono da Cristo: il potere di donare la vita, non solo fisica, ma anche spirituale. Quando si riesce in questo, si può dire che si è davvero compiuta la propria missione – conclude l’arcivescovo invitando gli educatori a pregare per i ragazzi – Prego per loro, perché sono tuoi, Signore. Abbiamo la consapevolezza di appartenere a Dio, che ci ama, ci cerca e continuerà a cercarci sempre, anche se a volte scegliamo di allontanarci. Il suo amore ci accompagna sempre, anche quando non lo riconosciamo».

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