“È giorno di festa e di speranza, perché altri due uomini saranno quello strumento vivo che nelle mani di Dio diffonderà il Suo Amore. Vi guardo cari Marco e Salvo e dico: Siamo agli inizi di un percorso di vita che promette tanta Grazie e tanta Misericordia, tanta diffusione del Vangelo”. Così l’arcivescovo di Catania monsignor Luigi Renna ha cominciato la sua omelia durante la concelebrazione eucaristica nella Cattedrale di Sant’Agata a Catania per l’ordinazione di due nuovi sacerdoti: don Marco Cuttone e don Salvatore Arena.

L’evento ha attirato numerosi fedeli, provenienti dalle comunità dove i due nuovi presbiteri hanno svolto il loro ministero negli ultimi anni. La Cattedrale, gremita di sacerdoti, diaconi, familiari e amici, ha fatto da cornice a una celebrazione intensa e ricca di simboli liturgici. Molti membri del clero diocesano e religiosi hanno partecipato, imponendo le mani sui nuovi ordinati, secondo il rito tradizionale dell’ordinazione presbiterale. Familiari e amici dei nuovi sacerdoti hanno seguito ogni gesto della celebrazione con partecipazione commossa, mentre la solennità del rito, scandita dai canti liturgici, ha avvolto l’intera assemblea.

Marco Cuttone, nato a Paternò il 28 agosto 1990, ha iniziato il suo percorso vocazionale nel 2016, dopo aver lavorato come idraulico per sette anni. Cresciuto nella parrocchia Maria SS.ma Assunta di Adrano, ha completato i suoi studi teologici presso lo Studio Teologico San Paolo di Catania, con una tesi dal titolo “L’etica dello sport”, in cui ha approfondito il legame tra sport e valori cristiani. Ordinato diacono l’1 novembre 2023, ha prestato servizio nella parrocchia SS. Crocifisso a Santa Maria di Licodia, dedicandosi principalmente ai giovani e all’oratorio parrocchiale. Oggi presiederà la sua prima messa alle ore 19 presso la parrocchia SS. Crocifisso, e domani nella sua parrocchia d’origine ad Adrano.

Salvatore Arena, nato a Catania il 1 febbraio 1979, ha seguito un percorso diverso. Dopo aver lavorato come impiegato in una ditta di spedizioni, ha sentito la chiamata alla vita sacerdotale grazie anche all’esperienza del Cammino Neocatecumenale. Ordinato diacono il 10 marzo 2023, ha svolto il suo ministero presso la parrocchia S. Leone Vescovo di Catania, dove ha seguito la catechesi e la cura degli ammalati. La sua tesi di baccalaureato, intitolata “L’accompagnamento a morire tra saggezza e umanità: aspetti etici e teologici”, ha riflettuto sul ruolo del sacerdote nei momenti di fragilità della vita umana. Domani celebrerà le sue prime messe alle 8 presso la parrocchia S. Cuore di Gesù al Fortino e alle 9.30 nella parrocchia S. Leone Vescovo.

“La prima esortazione che faccio a voi, cari Salvo e Marco – ha detto monsignor Renna nella sua omelia – è quella di non perdere mai la memoria del giorno o dei giorni in cui avete sentito su di voi lo sguardo di Cristo che non vi ha giudicato, ma perdonato”. “È il giorno in cui Dio – ha proseguito l’arcivescovo – ci ha sorpresi perché ha guardato proprio a noi, e gli sguardi di chi ci ama davvero non si dimenticano mai. Quello sguardo non aspetta che noi entriamo in una chiesa o in un luogo sacro, ma come è stato per Matteo, raggiunge la nostra coscienza ovunque, anche in un posto così feriale dove questo pubblicano stava riscuotendo le tasse; anche sul posto di lavoro, come è stato per voi, cari Marco e Salvo”. E ha aggiunto: “Solo chi ha provato la misericordia di Dio potrà annunciarla ad altri; solo chi non si dimentica di essere stato salvato potrà trovare infinita pietà per tutti”.

Infine, l’arcivescovo ha ricordato ai due nuovi presbiteri che “Chi sceglie si dona, si lega, dona la sua libertà e un po’ come un prigioniero d’amore: lo fa chi si sposa e chi sceglie la verginità per il Regno dei cieli; chi promette obbedienza al Vescovo; chi sceglie ogni giorno di pregare per il popolo di Dio; di servire; chi sceglie non per un giorno, ma per tutta la vita. Diventa prigioniero, perde tante libertà, ma ne guadagna una unica ed incommensurabile, quella di essere libero dai suoi egoismi, dalle ristrettezze delle sue vedute parziali, dalla gabbia della sua pigrizia, dal desiderio di possedere con avarizia”.

A seguire l’omelia completa dell’Arcivescovo Luigi Renna

Carissimi fratelli e sorelle,

la nostra Cattedrale risuona quest’oggi di canti di festa, dell’ eccomi di Salvo e di Marco, della preghiera di consacrazione che eleverò al Signore, e in essa si diffonderà la fragranza del Crisma che ungerà le mani di questi due giovani. È giorno di festa e di speranza, perché altri due uomini saranno quello strumento vivo che nelle mani di Dio diffonderà il Suo Amore. Vi guardo cari Marco e Salvo e dico: “Siamo agli inizi di un percorso di vita che promette tanta Grazie e tanta Misericordia, tanta diffusione del Vangelo”.

  È un giorno significativo per essere ordinati presbiteri, perché è la festa dell’apostolo Matteo e perché papa Francesco ci ha spesso ricordato che è stato il giorno nel quale, a 17 anni, ha sentito più forte la misericordia del Signore e la chiamata al sacerdozio; per questo motivo ha scelto come motto del suo episcopato una frase della liturgia delle ore odierna, un brano di san Beda: miserando atque eligendo. Il motto significa che Gesù guardò con sentimento di misericordia e di predilezione Matteo il pubblicano, e lo chiamò alla sua sequela.

La prima esortazione che faccio a voi, cari Salvo e Marco è quella di non perdere mai la memoria del giorno o dei giorni in cui avete sentito su di voi lo sguardo di Cristo che non vi ha giudicato, ma perdonato. Conservare questa memoria per un sacerdote, per un diacono, per un consacrato, per un laico è, come è stato per il popolo di Israele, ricordare la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto, la Pasqua. Il perdono del Signore, la chiamata di Dio, sono la nostra Pasqua, quella in cui ci ha liberato da peccati, timori, perplessità, senso di inadeguatezza e ci ha detto: “Seguimi”. È il giorno in cui Dio ci ha sorpresi perché ha guardato proprio a noi, e gli sguardi di chi ci ama davvero non si dimenticano mai. Quello sguardo non aspetta che noi entriamo in una chiesa o in un luogo sacro, ma come è stato per Matteo, raggiunge la nostra coscienza ovunque, anche in un posto così feriale dove questo pubblicano stava riscuotendo le tasse; anche sul posto di lavoro, come è stato per voi, cari Marco e Salvo. Nessuno di noi perda mai la memoria grata dello sguardo di Dio che ha pietà, sceglie e ripete il suo “Seguimi” non tanto sia a chi “scoppia di salute” perché in grazia di Dio, ma chi è malato di tutti i virus che ci possono contagiare dal punto di vista morale. Solo chi ha provato la misericordia di Dio potrà annunciarla ad altri; solo chi non si dimentica di essere stato salvato potrà trovare infinita pietà per tutti.

Tra poco, nella preghiera di consacrazione, dopo avervi imposto le mani per invocare il dono dello Spirito, pronuncerò queste parole che ricordano quello che Gesù ha fatto dei Dodici: “…rese partecipi della sua missione i suoi apostoli consacrandoli nella verità”. Ancora una volta ricordiamo gli apostoli, e con essi Matteo. Quella che Gesù affida loro è una missione non diversa dalla sua: non esiste una missione di Cristo ed una della Chiesa, una del Signore ed una dei suoi apostoli; non si può dire un “sì” a Cristo ed un “no” ai suoi discepoli. Gesù li ha resi partecipi giorno dopo giorno della sua missione, ogni volta che incontrava un lebbroso o un peccatore, ogni volta che parlava alle folle, persino quelle volte che si ritirava a pregare. Ma quel giorno, nel cenacolo, prima di andare incontro alla morte, li ha resi partecipi del segreto della sua missione lavando loro i piedi, tanto che a Pietro che voleva sottrarre le sue estremità alla bacinella in cui il Maestro stava facendo cadere l’acqua per lavarle, dice: “Se non ti laverò, non avrai parte con me” (Gv 13,8). A Pentecoste invierà loro lo Spirito Santo che li farà profetizzare, ma la consacrazione degli apostoli inizia dal quel gesto, così simile allo sguardo di bontà che ha avuto per ciascuno di loro. Gesù ha acqua per i piedi di Giovanni, per il giusto Bartolomeo restìo ad accogliere un Messia che veniva da Nazareth, persino per i piedi di Giuda che sta alzando contro il Maestro il suo calcagno; anche per i piedi di Matteo che aveva calzato sandali comprati con soldi sporchi di corruzione. Così sappiate anche voi lavare i piedi di tutti, anche i piedi più sporchi, perché Gesù vi rende partecipi di un ministero di misericordia rivolto a tutti e come scriveva il santo vescovo di Molfetta don Tonino Bello: “Purificati da un lavacro d’amore quei piedi, sia pure per carreggiate sconosciute, non potranno fare a meno di orientarsi verso il Padre”.

 E infine vi consegno una espressione un po’ fuori moda della Parola di Dio di oggi, che dice la condizione di tutti gli apostoli, o forse di tutti coloro che amano. È fuori moda perché oggi noi amiamo tanto la libertà, non solo quella che vede riconosciuta la nostra dignità, ma anche quella che ci rende svincolati da ogni impegno duraturo. È di San Paolo, dalla Lettera agli Efesini: “Io prigioniero del Signore, vi esorto a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto” (Ef 4,1). E poi tante raccomandazioni sull’umiltà, sulla pazienza, sull’unità… Chi sceglie si dona, si lega, dona la sua libertà e un po’ come un prigioniero d’amore: lo fa chi si sposa e chi sceglie la verginità per il Regno dei cieli; chi promette obbedienza al Vescovo; chi sceglie ogni giorno di pregare per il popolo di Dio; di servire; chi sceglie non per un giorno, ma per tutta la vita. Diventa prigioniero, perde tante libertà, ma ne guadagna una unica ed incommensurabile, quella di essere libero dai suoi egoismi, dalle ristrettezze delle sue vedute parziali, dalla gabbia della sua pigrizia, dal desiderio di possedere con avarizia. I prigionieri del Signore camminano liberi su questa terra e si sono liberati, come Matteo quel giorno, da quel banchetto delle imposte sul quale ciascuno di noi è tentato di fare affari, per affidarsi alla sequela di Gesù Cristo, ad un libro mastro in cui non è importante quello che si riceve, ma quello che si dona.  

+ Luigi Renna

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