«Vedere tanti volontari collaborare alla costruzione e alla riuscita di una realtà come questa, è un grande segnale»: è una frase che ogni anno, a fine agosto, si sente riecheggiare più volte nei numerosi padiglioni della Fiera di Rimini.
Che sia la prima volta, o l’ennesima, il relatore di tale incontro non perde occasione per esprimere a voce la meraviglia per l’entusiasmo, intercettabile in quei volti che costituiscono il motore del Meeting per l’amicizia fra i popoli organizzato da Comunione e Liberazione, giunto nel 2024 alla sua 45ª edizione.
Non potevamo non godere anche noi di questo spettacolo dell’umano. E, volendo anticipare ciò che magari verrà ribadito più giù, ne è già valsa la pena: svegliarsi in piena notte per prendere un volo in partenza alle sei del mattino del 22 agosto. Viversi anche solo mezza giornata tra incontri, mostre, eventi, spettacoli… e ottimo cibo. Tutto, qui al Meeting, contribuisce alla ricerca dell’essenziale (anche il cibo), in linea con il tema di quest’anno tratto da una frase pronunciata da un personaggio dei romanzi di Cormac McCarthy, scrittore statunitense – tra i più apprezzati scrittori contemporanei – recentemente scomparso: «Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?».
Il sottoscritto, che arriva in fiera solo dopo ora di pranzo, non perde tempo. Passati i controlli all’ingresso della Hall Sud, si fionda in auditorium Isybank: un’enorme sala da seimila posti. Lì sta per svolgersi l’incontro su don Giussani e il suo rapporto con la letteratura, introdotto da don Francesco Ferrari (sacerdote della Fraternità di San Carlo Borromeo). A dialogare con lui ci sono monsignor Massimo Camisasca – vescovo emerito di Reggio Emilia e ciellino della prima ora – e Giancarlo Cesana, professore ordinario di Igiene e sanità pubblica all’Università di Milano Bicocca.
Entrambi hanno conosciuto personalmente Giussani: Camisasca racconta come Giussani «mi ha aiutato ad aprire i miei orizzonti letterari, facendo nascere in me la curiosità anche verso autori che non citava a lezione». Fu il suo insegnante di religione: «Pur non essendo lui il “tutto” mi aiutò ad aprirmi alla totalità».
E Cesana aggiunge come in questo suo amore per l’arte e la letteratura si intercettava «Un modo intelligente di vivere la fede, come scoperta appassionata della verità. Un’intelligenza vera della realtà». Da questo suo stile, da questo carisma, Giussani ha generato “figli” che non solo hanno seguito la sua vocazione sacerdotale, ma hanno ripetuto anche le meditazioni letterarie, come don Fabio Baroncini.
Esco dall’auditorium e incontro già diversa gente che non vedevo da un po’, girando a zonzo tra i vari padiglioni. Ma nel frattempo, gli amici con cui mi ero intrattenuto, mi ricordano che a breve ci sarebbe stato un incontro sulla situazione politica degli Stati Uniti in vista delle prossime elezioni presidenziali: una situazione talmente polarizzata da vedere gli Usa vicini più che mai ad una guerra civile (dall’altra parte della Fiera c’è un incontro con padre Paolo Benanti sull’intelligenza artificiale, ma purtroppo il dono dell’ubiquità non ci appartiene ancora): «Abbiamo visto che nel 2020, quando ha vinto Biden, Trump non ha riconosciuto la vittoria – ha spiegato il professor Paul W. Kahn della Yale Law School -. Allo stesso modo le decisioni della Corte Suprema non sono accettate da tutti: chi perde afferma che sono illegittime. È una situazione molto pericolosa».
Con lui è d’accordo l’altro relatore, Joseph Weiler, docente ad Harvard e alla NYU, all’ennesimo gettone presenza al Meeting: «La democrazia si fonda sull’esistenza del popolo – aggiunge -, se qualcuno vince lo riconoscono tutti. Ma il popolo americano si sta spaccando e lo si vede nella retorica. Se si arriva ad un punto di estrema polarizzazione non c’è speranza per la democrazia americana».
Il tempo per vedere le mostre, oggi, non sembra esserci: soprattutto se ci si lascia prendere la mano con gli incontri. Dagli Usa si va a Gerusalemme, dove in mezzo a ciò che purtroppo sappiamo c’è la storia di una coppia di giornalisti, Federica e Mishy: lei italiana e cattolica, lui israeliano di origini inglesi ed ebreo. Sono sposati, ma non per Israele – che non prevede il matrimonio tra persone di diverse confessioni – e hanno una splendida bambina. Lui è ideatore del podcast più diffuso in Israele, lei si occupa di una rete che fa collaborare palestinesi ed israeliani, soprattutto dopo gli avvenimenti dello scorso 7 ottobre. Volendo riassumere (brutalmente) le loro testimonianze, esse ci insegnano la bellezza dell’ascolto del diverso, anche nelle dinamiche interpersonali. Qui potete recuperare l’incontro integrale: merita un’oretta del vostro tempo.
Dopo quest’ultimo incontro c’è tempo per la cena e per girare un altro po’ a zonzo. Poi si torna in camera d’albergo, si scrive il pezzo che state finendo di leggere e ci si riposa per raccontare molto di più (e meglio) di questo 45º Meeting di Rimini.