“Bisogna abolire l’obbligo di esporre la bandiera dell’Unione Europea negli uffici pubblici, sia fuori che dentro. La bandiera italiana è una sola: il tricolore, a cui si può affiancare la bandiera della Regione”. Parola del senatore della Lega Claudio Borghi che, a tale scopo, ha depositato una proposta di legge. Una simile cosa non solo è sconcertante perché denota lo spirito di una Italietta campanilistica, chiusa e miope, stile ottocento decadente, ma anche perché, paradossalmente, è una proposta avanzata da un candidato alle elezioni europee! Si potrebbe, allora, pensare ben a ragione, che un tipo così vorrebbe andare a sedere al Parlamento europeo per giocare a smontare il giocattolo Europa, come fanno i bambini con le costruzioni lego.
Ma la proposta del leghista ha aperto una serie di discussioni sulla bandiera europea, come se per i candidati questo argomento dovesse prevalere sui programmi. Infatti, qualcuno ha osservato che nella bandiera bisognerebbe raffigurare qualche animale (ad esempio, un’aquila, un leone, o altro, come in altre bandiere). Invece, qualche altro ha fatto notare che la bandiera europea ha precisi riferimenti biblici-mariani!
Quale Europa
Tuttavia, al netto di queste bizzarre disquisizioni, a mio parere, su queste elezioni europee stanno soffiando certi venti che vanno nella direzione di un nazionalismo piuttosto accentuato, come si può notare anche leggendo alcuni slogans, piuttosto preoccupanti come, ad esempio: “L’Italia cambia l’Europa”; oppure: “Con Meloni per cambiare l’Europa” (da qualche settimana modificato in versione più familiare: “Con Giorgia”).Ci chiediamo:Non sono slogans piuttosto presuntuosi, che tendono a far sbiadire il vero significato storico dell’Unione europea? Non è questo un criterio miope per andare in Europa? E’ più che ovvio che ogni istituzione per il semplice fatto che, con il passare del tempo, invecchia si deteriora e, quindi, ha bisogno di rinnovamento. Inoltre, le istituzioni non sono perfette, bensì perfettibili e, pertanto, soggette a cambiamenti perché siano migliorate e rese più idonee per rispondere alle esigenze che emergono sugli scenari storici. Ma pretendere di far prevalere l’interesse nazionalistico non si sa con quale spirito di collaborazione oppure la propria visione, stoppando ogni possibilità di dialogo con forze politiche diverse dei Paesi membri, è grettezza. In tal modo, si spazzano via i grandi ideali e i sogni dei padri fondatori, Alcide De Gasperi, Robert Schuman, Konrad Adenauer. Lo storico Toynbee, parlando di De Gasperi e Schuman, scrive: “Sebbene fossero entrambi patrioti, avevano imparato da esperienze comuni che il patriottismo non è sufficiente, che per sanare le vecchie ferite il nazionalismo doveva essere superato da una più fedeltà all’Europa nel suo complesso”. E infatti, “tutti e due fortemente impegnati per l’Europa unita cercarono ogni strada per arrivarci”, convinti profondamente che questa sarebbe stata una premessa fondamentale di stabilità e di pace (così scrivono le figlie di De Gasperi Maria Romana e Paola). Sia Schuman come Adenauer, in diverse occasioni, avevano riconosciuto che nessun altro come De Gasperi aveva maggiormente contribuito al raggiungimento dell’unione europea, tanto che nel settembre 1952 gli fu conferito ad Aquisgrana il Premio Carlo Magno. In quell’occasione, De Gasperi, nel suo discorso di ringraziamento, ricordò che proprio da Aquisgrana era partito, molti secoli prima “un sogno di unità”, mai realizzato a causa di guerre e di divisioni. Ma, aggiungeva: “la nostra generazione sta creando un’unione europea”, e ciò implica un impegno attivo per “far nascere nella popolazione una mentalità europea, che sia di sprone ai governi e li convinca ad agire”. Ed ecco l’obiettivo di largo respiro: “Alla fine di questa strada sta il superamento dell’egoismo nazionale e la sottomissione degli interessi particolari dei popoli ad una reale comunità di Europa”, come sottolineava Adenauer.
Costruire nuovi patti di pace
A tal proposito, notiamo che, sin dagli inizi del suo pontificato, molto spesso, Papa Francesco, nei suoi interventi sull’Europa, ha ribadito l’importanza di richiamarsi al “progetto dei padri fondatori (…) per ricostruire l’Europa in uno spirito di mutuo servizio” (25.11.2014). E su questo punto, nei loro messaggi in vista delle prossime elezioni europee, sono tornati sia i Vescovi siciliani come pure la Conferenza Episcopale Europea. Il Card. Zuppi e Mons. Crociata, nel Messaggio della CEE, notano che bisogna “costruire nuovi patti di pace se vogliamo che la guerra contro l’Ucraina finisca, e che finisca anche la guerra in corso in Medio Oriente, scoppiata a seguito dell’attacco terroristico del 7 ottobre scorso contro Israele, e con essa l’antisemitismo, mai sconfitto e ora riemergente”. E Papa Francesco, già un anno fa, osservava: “In questo frangente storico l’Europa è fondamentale. Perché essa, grazie alla sua storia, rappresenta la memoria dell’umanità ed è perciò chiamata a interpretare il ruolo che le corrisponde: quello di unire i distanti, di accogliere al suo interno i popoli e di non lasciare nessuno per sempre nemico. È dunque essenziale ritrovare l’anima europea”(28 aprile 2023).In altri termini, è urgente riscoprire i valori fondamentali dell’Europa, che non può ridursi all’Europa delle banche e della moneta unica e al funzionamento di una complessa macchina burocratica. Esigenza questa che, a suo tempo, era stata avvertita da Schuman, il quale, dopo la realizzazione dell’Euratom, scriveva: “mais in lui faut un àme” (ma ha bisogno di un’anima).
Nuove riforme istituzionali
Nel Messaggio dei vescovi europei si riconosce che per l‘Europa, “organismo vivo”, è forse giunto il momento “per nuove riforme istituzionali”. Occorre, pertanto, un nuovo grande rilancio del cammino di Unione che sappia cogliere le grandi sfide del nostro tempo, quali, esemplificano i vescovi: una integrazione sempre più piena, un fisco europeo il più possibile equo; una politica estera autorevole; una difesa comune per esercitare la propria responsabilità internazionale; un processo di allargamento ai Paesi che ancora non ne fanno parte. E ancora: “le esigenze di innovazione economica e tecnica (pensiamo all’Intelligenza Artificiale), di sicurezza, di cura dell’ambiente e di custodia della “casa comune”, di salvaguardia del welfare e dei diritti individuali e sociali (…)”. E papa Francesco aveva già sottolineato la necessità di questo rinnovamento al Consiglio d’Europa (25 novembre 2014), sviluppando la sua riflessione a partire dalla citazione di una poesia di un grande poeta del Novecento italiano, Clemente Rebora (1885-1957, tornato alla fede a 40 anni e divenuto poi religioso rosminiano e prete). La poesia, che qui riportiamo si intitola “Il pioppo”. “Vibra nel vento con tutte le sue foglie / il pioppo severo; / spasima l’aria in tutte le sue doglie / nell’ansia del pensiero: / dal tronco in rami per fronde si esprime/ tutte al ciel tese con raccolte cime: / fermo rimane il tronco del mistero, / e il tronco s’inabissa ov’è più vero” (in Canti dell’Infermità). L’immagine del “pioppo, commenta Papa Francesco, con i suoi rami protesi al cielo e mossi dal vento, il suo tronco solido e fermo fanno pensare all’Europa: “Nel corso della sua storia, essa si è sempre protesa verso l’alto, verso mete nuove e ambiziose (…..)”. Ma ciò è “possibile solo per la solidità del tronco e la profondità delle radici che lo alimentano. Se si perdono le radici, il tronco lentamente si svuota e muore e i rami – un tempo rigogliosi e dritti – si piegano verso terra e cadono” . Servono, quindi, memoria, coraggio, sana e umana utopia. D’altra parte – osserva Rebora – “il tronco s’inabissa ov’è più vero”. Le radici si alimentano della verità, che costituisce il nutrimento, la linfa vitale di qualunque società che voglia essere davvero libera, umana e solidale. Ma oggi, continua papa Francesco, siamo di fronte ad “un’Europa un po’ stanca e pessimista, che si sente cinta d’assedio dalle novità che provengono da altri continenti. All’Europa possiamo domandare: dov’è il tuo vigore?”.
La Sicilia e l’Europa
Il diffuso euroscetticismo, che serpeggia in Italia, facilita l’astensionismo elettorale, soprattutto fra le fasce più deboli e i giovani, come rilevano i sondaggi di qualche settimana fa. Pertanto, sia la CESi che la CEE, nei loro messaggi, rivolgono un appello a tutti i cittadini a non rinunciare al diritto al voto. Si tratta di un “gesto civico di partecipazione alla vita e alla crescita dell’Unione. Non andare a votare non equivale a restare neutrali (…)”. E inoltre, l’assenteismo non solo accresce la sfiducia, ma non permette di dare il proprio contributo alla vita sociale, per rendere migliore l’Unione Europea (così i vescovi europei). A loro volta, i vescovi siciliani lanciano una interessante proposta formativa: “Per una scelta consapevole sarebbe opportuno condividere spazi di incontro e dialogo finalizzati alla edificazione del bene comune, soprattutto innestando fiducia e speranza nel cammino verso l’Europa rinnovata”. E tenendo conto della vocazione che la Sicilia ha per la sua collocazione nel Mediterraneo, i vescovi affermano: “siamo fermamente convinti che la nostra amata Sicilia sia ancora chiamata ad essere all’interno dell’Europa unita, piattaforma di pace e di integrazione per i tanti popoli che dal Mediterraneo cercano in Europa salvezza e lavoro. Popoli da accogliere per essere protagonisti di un dialogo globale che azzeri ogni processo di emarginazione o addirittura di aperta ostilità”.
Ci sembra opportuno inquadrare questa ultima osservazione nella visione che Giorgio La Pira aveva di quello che definiva il “misterioso lago di Tiberiade allargato che è il Mediterraneo”, dove ai popoli e alle nazioni che vivono sulle sue rive “la Provvidenza ha assegnato il compito storico di tenere accesa la lampada divina perché faccia luce e porti consolazione e fraternità, pace e bellezza su tutto lo spazio della terra”.