Da alcuni giorni, sono state depositate le liste dei candidati per le imminenti elezioni europee. Ma già da qualche mese, i muri della nostra città sono tappezzati di manifesti di tutte le dimensioni da dove i candidati, con volto rassicurante, guardano noi cittadini, quasi a ricordarci che la loro presenza al Parlamento europeo sarà certamente determinante per una svolta epocale da imprimere all’Europa! A noi non è stata data la possibilità di chi presentare e chi no. Ci hanno pensato, per noi, altri. L’unica cosa che noi possiamo fare, però, è recarci a votare e scegliere il candidato. All’Italia tocca eleggere 137 deputati su 705.
QUALI CRITERI?
Ma, innanzitutto, ci chiediamo: con quali criteri compiere questa scelta? Quale dovrebbe essere il profilo ideale del candidato? Cosa esigere da coloro che ci dovranno rappresentare in Europa?
L’identikit del buon politico, a mio avviso, dovrebbe comprendere, innanzitutto, competenza e seria professionalità. Il candidato deve offrire garanzia di competenza, fondata su una preparazione professionale qualificata e aggiornata, capace di affrontare le sfide che provengono dalle mutevoli condizioni storiche. Non può essere uno che improvvisa e infarcisce i suoi interventi di slogan precotti. Inoltre, dal candidato bisogna pretendere correttezza e coerenza morale nel suo impegno socio-politico. Quindi, nella sua attività dovrà coniugare etica e legalità. In altri termini, egli non può concedere spazio ai bassi compromessi, al clientelismo e alla corruzione, agli interessi personali odi gruppo e simili disvalori. Ma bisogna aggiungere che l’uomo politico si dovrebbe distinguere anche per la sua coerenza etica sul versante personale. Così, ad esempio, se il politico proclama, nei suoi programmi, di difendere i valori della vita o della famiglia, a livello personale dovrà mostrare di viverli e testimoniarli in modo coerente. Diversamente, sarebbe uno schizofrenico oppure un ipocrita. In sintesi, a colui che aspira a sedere in Parlamento si richiede di agire secondo una misura valoriale alta. E ciò anche di fronte a una società, che, purtroppo, sembra anestitazzata e come rassegnata ad accettare comportamenti a basso tasso di moralità, pur constatando, con Catone il Censore, che “i ladri di beni privati passano la vita in carcere e in catene, quelli di beni pubblici nelle ricchezze e negli onori”. Infine, se il candidato al parlamento è cattolico, l’orizzonte etico in cui inquadrare la propria attività pubblica si specifica ulteriormente tenendo conto dell’esortazione che Papa Francesco ha rivolto ai parlamentari cattolici europei, quasi un anno fa: “il Vangelo sia la vostra stella polare e la Dottrina sociale la vostra bussola”.
E, per completare il quadro dell’identikit, ci sembra utile proporre quello che potremmo definire il decalogo del politico: “Chi ha responsabilità politiche e amministrative abbia sommamente a cuore alcune virtù, come il disinteresse personale, la lealtà dei rapporti umani, il rispetto della dignità degli altri, il senso della giustizia, il rifiuto della menzogna e della calunnia come strumento di lotta contro gli avversari, e magari anche contro chi si definisce impropriamente amico, la fortezza per non cedere al ricatto del potente, la carità per assumere come proprie le necessità del prossimo, con chiara predilezione per gli ultimi” (CEI, Educare alla legalità, n 16).
VECCHI SCHEMI O SERI CONTENUTI PROGRAMMATICI
Le prime schermaglie di questa tornata elettorale per le europee sembrano riproporre, ancora una volta, vecchi schemi che puntano a screditare gli avversari anziché proporre seri contenuti programmatici! In questo squallido contesto, emergono anche alcuni particolari inquietanti, come quello di autodefinire la propria politica “liberale e cristiana”! Come pure crea perplessità sia la trovata di qualche candidato che, per facilitare i suoi elettori, fornisce loro un normografo con il proprio nome e cognome per evitare errori, sia quella di chi esorta i propri elettori a scrivere solo il nome, tanto ci si sente di casa presso tutti gli italiani. E così, anche questa volta, il teatrino della politica è servito. E c’è di più. Non bisogna sottovalutare che le candidature di leader e big politici per il Parlamento europeo (dove poi non andranno) è uno specchietto per le allodole, che attenua il grado di intensità della democrazia, già così debole. Infatti, proporre questi nomi come capolista in tutte o in tante circoscrizioni è una ferita alla democrazia, perché è come se si stabilisse una sorta di oligarchia, un potere di pochi, sempre gli stessi, che sono presenti in tutti gli ambiti decisionali. Inoltre, una simile operazione denota che: 1) non si ha fiducia negli altri candidati proposti (da soli non porterebbero voti al partito oppure non sarebbero capaci di far valere le proprie ragioni in parlamento?), perciò si mette il big perché attira il consenso della gente! Un atto di arroganza politica! 2) ciò è un insulto all’intelligenza degli elettori, ingannati dal nome del big, che poi non andrà in Europa, e manderà un altro al posto suo, ma che sarà eterodiretto: dovrà fare ciò che dice il capo (altro che Intelligenza artificiale!). E infine, occorre sottolineare che noi elettori dovremmo pretendere che il nostro voto non sia sprecato: coloro che saranno eletti dovranno regolarmente partecipare ai lavori del Parlamento europeo e non essere campioni di assenteismo, come i dati statistici hanno registrato, nel passato, per alcuni parlamentari italiani.
COME SCEGLIERE IL PARTITO: EDUCARSI AL DISCERNIMENTO
E c’è ancora un’altra questione importante. Molti non si sentono rappresentati da nessuno schieramento politico. Condizione questa, accentuata dopo la caduta delle ideologie. E inoltre, il candidato cattolico avrà qualcosa in più da mettere in gioco per il bene comune? Innanzitutto c’è da dire che le nostre visioni politiche personali non combaceranno mai perfettamente con quelle portate avanti dall’uno o dall’altro partito, e ciò vale molto di più per l’elettore cattolico. Il Compendio della dottrina sociale (n 573), infatti, chiarisce: “Le istanze della fede cristiana difficilmente sono rintracciabili in un’unica collocazione politica: pretendere che un partito o uno schieramento politico corrispondano completamente alle esigenze della fede e della vita cristiana ingenera equivoci pericolosi”. E tuttavia, ciò non deve portare “a una “diaspora” culturale dei cattolici, con un loro ritenere ogni idea o visione del mondo compatibile con la fede, o anche con una loro facile adesione a forze politiche e sociali che si oppongano, o non prestino sufficiente attenzione, ai principi della dottrina sociale della Chiesa sulla persona e sul rispetto della vita umana, sulla famiglia, sulla libertà scolastica, la solidarietà, la promozione della giustizia e della pace”. Per superare il pericolo della diaspora occorre educarsi al discernimento personale e comunitario, affinché “i fratelli di fede, pur collocati in diverse formazioni politiche, possanodialogare,aiutandosi reciprocamente a operare in lineare coerenza con i comuni valori professati”(così Giovanni Paolo II, ai cattolici italiani al Convegno ecclesiale di Palermo, alla fine del 1995, quando già la Democrazia Cristiana stava sbiadendo). A nostro avviso, i cattolici sono in diaspora, e perciò sono diventati irrilevanti in politica, sciogliendosi nei vari schieramenti, pur sedendo al Parlamento europeo. Sono diventati “afoni”. Vale per costoro quanto scriveva il Card. Martini: “Anche il silenzio è pericoloso perché ha sapore di resa di fronte alle massime questioni della nostra società”.
Papa Francesco, nel suo Messaggio (11.6.2023) ai parlamentari del PPE (ma che potrebbe estendersi a tutti gli eurodeputati che si dichiarano cattolici), pur riconoscendo un certo pluralismo interno, notava però che “su alcune questioni in cui sono in gioco valori etici primari e punti importanti della dottrina sociale cristiana occorre essere uniti”. E, pertanto, è necessario il confronto. E Francesco aggiungeva: “Il politico cristiano dovrebbe distinguersi per la serietà con cui affronta i temi, respingendo le soluzioni opportunistiche e tenendo sempre fermi i criteri della dignità della persona e del bene comune”. Il Papa ribadisce che la dottrina sociale della Chiesa è un patrimonio ricchissimo, che permette ai parlamentari cristiani di offrire un contributo originale alla politica europea. Basti pensare, ad esempio, ai due principi di solidarietà e sussidiarietà e alla loro dinamica virtuosa. Di fronte alle grandi sfide globali del XXI secolo, nota Francesco, “l’Europa deve avere un’ispirazione alta e forte: tenere insieme unità e diversità, dove tutti possano vivere una vita a misura d’uomo, fraterna e giusta”. Per realizzare ciò “ci vogliono dei sogni, con valori alti, e una visione politica alta”. E il Pontefice affida ai destinatari del suo Messaggio un compito importante: “Ritengo che i politici cristiani oggi si dovrebbero riconoscere dalla capacità di tradurre il grande sogno di fraternità in azioni concrete di buona politica a tutti i livelli: locale, nazionale, internazionale. Ad esempio: sfide come quella delle migrazioni, o quella della cura del pianeta, mi pare che si possano affrontare solo a partire da questo grande principio ispiratore: la fraternità umana”. Mi sembra, allora, che si possa dire che il parlamentare europeo per essere all’altezza del suo mandato dovrebbe distinguersi per uno sguardo politico lungimirante. E a tal proposito, il Papa suggerisce di “fare tesoro degli esempi e degli insegnamenti dei padri fondatori di questa Europa”. Ed è per questo che mi piace concludere citando il nostro Alcide De Gasperi, uno dei padri fondatori, che, a Parigi, nel suo discorso “La nostra patria Europa” (21.4.1954) diceva: “Tutti egualmente preoccupati del bene comune delle nostre patrie europee, della nostra Patria Europa”.