Le aggregazioni laicali e le congregazioni religiose della diocesi hanno rinnovato la tradizionale solenne Veglia di Pentecoste in Cattedrale, presieduta dall’Arcivescovo Mons. Luigi Renna.
Articolata in quattro sequenze: il lucernario, l’ascolto, il dono del Battesimo e della Cresima, si sono intrecciati canti, salmi, letture dei Padri della Chiesa, degli Atti degli Apostoli e del Vangelo, e preghiere accompagnate da segni e simboli: il fuoco, l’incenso, l’acqua benedetta, le 7 candele per ricordare i sette doni dello Spirito Santo ed infine anche un piccolo fiore di carta preparato dai giovani Scout.
Particolarmente coinvolgente il momento in cui i numerosi fedeli partecipanti hanno rinnovato le promesse battesimali e, con una corale risposta “Si, lo voglio” si sono impegnati a cooperare per l’edificazione della Chiesa, crescendo nell’unità e nell’amore, servendo i fratelli nella carità, e annunciando il Vangelo con la testimonianza della vita.
Nell’omelia l’Arcivescovo Mons. Renna ha ringraziato gli organizzatori della Veglia e, augurando una Buona Pentecoste per l’intera Arcidiocesi, ha sollecitato tutti ad essere veri profeti che vivono intensamente un rapporto di fede, alimentato da un attento ascolto della Parola e reso concreto nella “corresponsabilità” delle azioni coerenti ai valori annunciati e proclamati.
Il particolare ricordo di Don Lorenzo Milani, del quale si celebra il centenario della nascita, ha stimolato a saper dare risposta e voce alla vocazione alla quale ciascuno è chiamato, nella fedeltà alla “Madre Chiesa” e seguendo le orme tracciate nel cammino che conduce sui sentieri del bene.
Di seguito il testo dell’Omelia dell’Arcivescovo:
Carissimi fratelli e sorelle,
seguendo una bella consuetudine della nostra Chiesa diocesana celebriamo la Veglia di Pentecoste come comunità religiose e come associazioni e movimenti laicali, cioè come battezzati e battezzate che, seguendo un particolare carisma suscitato dallo Spirito, vivono la loro vocazione nella Chiesa e nel mondo. Oggi vi invito a manifestare la vostra gratitudine alla Trinità santa, perché la vostra esistenza battesimale è stata arricchita da quel particolare carisma. Celebriamo questa veglia ad una settimana dall’assemblea delle aggregazioni laicali e a due settimane dall’assemblea dei religiosi vogliamo fin d’ora vivere in quel clima che ci unisce e ci fa sentire uno nella Chiesa, non nonostante le diverse appartenenze, ma grazie ad esse, perché lo Spirito si manifesta nella comprensione dell’unico Vangelo.
Oggi diciamo il nostro grazie per il dono dello Spirito che ci fa “sentire” la fede come profeti, che ci fa ascoltare e che ci fa essere corresponsabili della missione della Chiesa come profeti.
Ogni battezzato nella Chiesa riceve il dono dello Spirito che fa di lui un profeta. Ce lo ricorda il documento della Commissione Teologica Internazionale sul senso della fede: “Per il dono dello Spirito Santo, «lo Spirito della verità che procede dal Padre» e che rende testimonianza al Figlio (Gv 15,26), tutti i battezzati partecipano alla funzione profetica di Gesù Cristo, «Testimone degno di fede e veritiero» (Ap 3,14). (CTI, il sensus fidei nella vita della Chiesa). Il profeta è un uomo che parla in nome di Dio, è una persona che annuncia davanti al suo popolo un messaggio di salvezza. Ma, prima di tutto, è una persona che ascolta. Pensiamo a come parla della sua vocazione il Servo del Signore: “Il Signore mi ha aperto l’orecchio ed io non ho opposto resistenza” (Is 50, 4). Quell’ascolto gli fa sentire la presenza di Dio anche nella sofferenza, nelle contraddizioni, gli fa scorgere i Suoi segni nella creazione e nella storia. Ciascuno di noi, come profeta, dal giorno del suo battesimo fa parte di quella schiera di uomini e donne alla quale il Signore ha detto: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare ciò che io vi ho comandato”.
Il nostro è un insegnare che fa tesoro di quello che Gesù Cristo ci ha detto; e la Chiesa nel tempo, con l’assistenza dello Spirito santo, sente quello che il Signore le suggerisce e le fa comprendere in maniera sempre nuova, e lo annuncia. Papa Francesco dice che il senso della fede, questo “istinto” di sentire ciò che è importante per il nostro credere è come un fiuto, che mi fa dire: ecco qui devo cercare il Signore, qui Egli è presente, qui mi spinge lo Spirito santo. Pensate ai fondatori delle vostre congregazioni, dei vostri movimenti e associazioni: per vie spesso inedite per il loro tempo, hanno testimoniato lo stesso Signore ed hanno irradiato la luce del Vangelo con “colori” diversi, quelli della missione particolare che Egli chiedeva loro.
Nel cammino sinodale ci siamo messi in ascolto gli uni degli altri, anche ogni congregazione, ogni associazione e aggregazione si sarà messa in ascolto dell’altro: beati voi se sarete stati come Barnaba, che si rallegrava di quello che i cristiani ad Antiochia vivevano, pur con le sfumature di chi proveniva dal paganesimo e aveva scoperto Cristo. Il “senso della fede” ci fa camminare nell’ecclesialità e nella stima reciproca. Può darsi che abbiamo vissuto come la comunità di Gerusalemme, ricca della forza dello Spirito dei momenti di confronto animoso e forte, ma sempre animati da quella fede che si può far strada proprio nell’ascolto di Dio e dei fratelli. Ve lo scrivevo nella Lettera pastorale: «Il testo dice che i due “dissentivano e discutevano animatamente contro costoro” o, secondo una traduzione più letterale, che essi (Paolo e Barnaba) si “ribellano e discutono non poco verso (pros in greco) costoro”, una formulazione che fa meglio comprendere che nella Chiesa è possibile discutere e avere anche opinioni teologiche e pastorali diverse, senza tuttavia considerare l’interlocutore come un nemico. Paolo e Barnaba sono animati, da un intento dialogante e si rivolgono contro i giudeo-cristiani senza opporsi con tono di contrapposizione, sebbene i toni del confronto siano particolarmente accesi». I profeti che dialogano guidati dallo Spirito, da Lui sono guidati alla verità, alla comunione, alla missione.
Infine lo Spirito ci fa essere profeti che annunciano ovunque. Penso ai luoghi dove lo Spirito Santo guida le vostre congregazioni religiose e le vostre associazioni: i poveri, le carceri, le periferie, le scuole, gli anziani, i luoghi dove si fa cultura. Gli Atti degli apostoli si concludono con una bellissima annotazione: Paolo è prigioniero a Roma, in attesa di giudizio e mentre è “agli arresti domiciliari”, annuncia il Vangelo con franchezza e senza impedimento. Lo annuncia con verità, senza sconti, senza nascondere chi è e che cosa gli chiede il Signore, a costo anche di peggiorare la sua situazione. E poi senza impedimento, cioè a tutti, senza fare distinzione di ebrei e pagani, di soldati o filosofi, di uomini pii e peccatori. La Chiesa continua ad agire nello stesso modo e il Signore ci chiede coraggio sempre nuovo per superare non solo quel “debito di ascolto” di cui vi ho parlato nella Lettera pastorale, ma anche quel “debito di missione” che abbiamo con tanti uomini e donne. Lo Spirito santo ci ha reso profeti, ci ha reso apostoli che profetizzano e noi vogliamo lasciarci guidare da questo senso della fede che è ascolto di Dio, da questo ascolto reciproco, verso gli orizzonti che il Signore ci indica. Così continueremo ad essere la barca di Pietro nelle cui vele soffia lo Spirito divino.
+ Luigi