di Don Antonino De Maria
Giona è un profeta poco conosciuto sicuramente se non fosse per le somiglianze con la storia di Pinocchio e per le citazioni di Gesù nei vangeli. Eppure è un personaggio emblematico che, come dice Gesù, diventa egli stesso un segno: una manifestazione dell’antica questione umana dilaniata tra l’esperienza di Dio e le sue teologie.
Il suo piccolo libro, poi, si chiude con una domanda che è la ragione stessa della sua storia: “ Dio disse a Giona: Ti sembra giusto essere così sdegnato per questa pianta di ricino? Egli rispose: Si, è giusto; ne sono sdegnato da morire! Ma il Signore gli rispose: Tu hai pietà per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita! E io non dovrei avere pietà di Ninive, quella grande città, nella quale vi sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali? “ (Giona 4, 9-11)
Giona sa che essere profeta significa annunciare la parola di Dio e compiere la sua opera ma l’esperienza dell’esilio è troppo dolorosa per accettare che Dio si rivolga al nemico di Israele e lo chiami a conversione: secondo la sua giustizia Dio dovrebbe semplicemente colpire con la sua condanna il popolo di Ninive e vendicare Israele. È l’idea del Dio giusto che ci viene in mente pensando alle grandi sofferenze provocate dagli uomini ad altri uomini. Ma Dio non è così: tutto viene da Lui e tutto ha creato per la vita, come dice il libro della Sapienza. La sua più grande vittoria consiste nel non perdere nessuno, non nel condannare o nel vendicare la giustizia. La sua più grande vittoria consiste nel generare di nuovo, nel ridare la possibilità di ri-nascere dalle sue viscere: questo è il senso della misericordia. Il senso di ciò che gli Ebrei celebrano nel Giorno dell’Espiazione, quando leggono questo piccolo libro.
Giona scappa: ritiene insopportabile la misericordia e la sua vita diventa una lotta con Dio. Prima di tutto diventa inutile, un peso da gettare via dalla nave. Eppure in questa occasione sperimenta l’amore di Dio che lo rincorre, gli si fa prossimo e lo salva. Salvare Ninive e salvare Giona sono lo stesso progetto di Dio e vanno insieme: nessun privilegio e nessuna esclusione; ma anche nessuna falsa tolleranza che impedisca la libertà dell’uomo; che lo disumanizzi in ragione di un falso buonismo. Dio chiama a conversione Giona e Ninive insieme: convertirsi è riconoscere il volto del Dio vivente e lasciarsi amare, lasciarsi accogliere come figli, non come servi amati ma sempre servi.
Questo libretto mi sembra molto utile per riflettere sull’attualità dell’annuncio cristiano, oggi, in una società che vorrebbe buttare dalla nave il cristianesimo, la Chiesa e camminare nei marosi della storia da sola, senza una meta e senza una vera speranza, confidando solo in se stessi. Rischiamo di chiuderci dentro questo senso di inutilità e lasciare che Ninive, il mondo, si perda: ma perderemo anche noi stessi e non saremmo più la barca dei profughi alla deriva delle tempeste che porta il Signore della vita.