In un clima solenne, all’interno della Cattedrale di Catania, è stata celebrata la veglia Pasquale. A seguire le parole dell’Arcivescovo Mons. Luigi Renna pronunciate durante l’omelia:
Carissimi fratelli e sorelle qui convenuti per celebrare la “madre di tutte le Veglie”,
carissimi catecumeni, che state per rinascere nell’acqua e nello Spirito,
la Parola di Dio ci ha fatto fare memoria della storia della salvezza, nella notte in cui celebriamo la vittoria di Cristo sulla morte e sul peccato, nell’ora in cui Dio ha iniziato una creazione nuova in Cristo, Alfa e Omega, Inizio e Fine di tutte le cose. Dal fonte battesimale è nato il nuovo popolo dei battezzati nella morte di Cristo e rinati ad una nuova vita. In questo anno caratterizzato dal cammino sinodale della Chiesa, vogliamo, alla luce della Pasqua, comprendere la nostra identità di credenti. Chi sei tu cristiano, chi sei tu battezzato? Sei parte di un popolo che è rinato nella notte di Pasqua, ma le cui origini e la cui vita comprenderai ascoltando la storia della salvezza.
Noi battezzati siamo parte di questa umanità creata da Dio, che, come abbiamo ascoltato nel primo brano della Genesi, siamo stati creati come il vertice di quella casa comune che è la creazione. Dalla Parola di Dio fu fatta la luce, dalla sua Dabar creatrice ogni cosa! Guardiamo in questa notte le cose che sono ed esclamiamo con l’autore sacro: “E Dio vide che era cosa buona!”(Gn 1,26). Noi siamo il popolo che crede nella bontà del creato e vuole custodirlo e coltivarlo come casa comune. Noi siamo il popolo delle creature fatte ad immagine e somiglianza di Dio, e mentre posiamo lo sguardo su ogni essere umano, esclamiamo ancora con l’autore sacro: “Dio vide che aveva fatto una cosa molto buona” (Gn 1,31)! Il popolo dei battezzati vede in ogni persona la bellezza che vi ha impresso Dio, non importa la sua condizione, la sua età, la sua storia.
Noi siamo quel popolo nato dalla promessa fatta ad Abramo nella notte in cui il suo cuore di padre fu sollevato dal dubbio che il Dio che gli aveva donato il figlio Isacco, gli chiedesse un sacrificio umano, qualcosa di inspiegabile che solo un Dio può chiedere. Noi siamo quel popolo che in Abramo sa che Dio mette alla prova la propria fede, ma non chiede ciò che è disumano: è Lui, Dio, che sacrifica il Suo Figlio per amore di noi suoi figli. Noi siamo tra quella moltitudine di figlie di figlie che in Abramo hanno il loro padre nella fede e che tra loro si chiamano fratelli. Così il papa ci ha ricordato ad Ur dei Caldei, la terra da cui mossero i piedi del primo dei patriarchi: “Il padre Abramo, egli che seppe sperare contro ogni speranza (cfr Rm 4,18) ci incoraggia. Nella storia abbiamo spesso inseguito mete troppo terrene e abbiamo camminato ognuno per conto proprio, ma con l’aiuto di Dio possiamo cambiare in meglio. Sta a noi, umanità di oggi, e soprattutto a noi, credenti di ogni religione, convertire gli strumenti di odio in strumenti di pace.”(FRANCESCO, Incontro interreligioso, 6 marzo 2021)
Noi siamo quel popolo che è stato liberato dalla schiavitù dall’Egitto, che ama la libertà di servire il Signore, che è stato riscattato dalla schiavitù e che ha passato il Mar Rosso, vedendo con i suoi occhi che il Signore riporta vittoria contro l’oppressore. Quel canto che Israele ha levato nei secoli, è divenuto il nostro canto: “Ha gettato in mare cavallo e cavaliere!” (Es 15,1) Noi abbiamo cominciato con Israele a gustare la libertà di essere figli di Dio, il privilegio dell’Alleanza che è stata prefigurata nel sacrificio di capri e di agnelli e che ha come legge le Dieci Parole di libertà.
Noi siamo quel popolo che ha intravisto la nuova ed eterna Alleanza promessa per bocca dei profeti: ”Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra vi condurrò sul vostro suolo” ( Ez 36,24) Così ha profetizzato Ezechiele ad un popolo esiliato e sfiduciato. Noi siamo quel popolo preso da tutte le genti, che ha trovato un unico Padre nella nuova Alleanza. Noi siamo quel popolo in cui Dio ha posto il suo spirito e ci fa vivere secondo la Legge nuova del Vangelo.
Noi siamo il popolo che canta l’alleluja, perché siamo morti per non morire più: siamo morti nelle acque del battesimo, che ci hanno sepolti, per poter rinascere con Cristo. Siamo morti al peccato che ci teneva uniti alla discendenza di Adamo in un vincolo che sembrava toglierci ogni speranza di una umanità nuova e siamo risorti con Cristo. La morte non ha più potere su di noi, e su coloro che sono morti. Siamo il popolo che crede che la morte, ogni morte, non è il destino dell’uomo. Non è destino dell’uomo: per questo vogliamo salvare ogni vita e siamo contro ogni gesto che dà la morte al fratello, ad ogni guerre, ad ogni forma di violenza, ad ogni negazione della dignità dell’uomo. Noi siamo il popolo del Signore che ha vinto ogni violenza e la morte.
Noi siamo il popolo che annuncia la risurrezione. Gli angeli, inviati in vesti sfolgoranti, hanno affidato il loro annuncio pasquale alle donne, a coloro che sembravano non poter avere credibilità né nei tribunali umani, né tra il numero degli Undici. Maria di Magdala, Giovanna e Maria di Giacomo e le altre. Perché le donne, le prime ad annunciare il Risorto, sono il segno che non solo ai ministri, non solo agli apostoli, ma a tutti, nel popolo di Dio, è affidato l’annuncio della risurrezione,
Cari fratelli e sorelle, in questa notte di Veglia è nata la Chiesa, figlia di una storia che va da Adamo a queste due donne che tra poco saranno battezzate. Noi siamo coloro che alla storia hanno un annuncio grande da dare: Cristo Gesù è più forte della morte e dell’ingiustizia. Egli è la nostra pace, perché in Lui è stata eliminata ogni inimicizia. Noi siamo coloro che con il loro annuncio possano restituire al mondo la gioia di vivere e di vivere come fratelli. Uniamoci al coro di Maria di Magdala, di Giovanna, di Maria di Giacomo e delle altre e intoniamo il canto dell’annuncio pasquale.
“NOI SIAMO QUEL POPOLO CHE CANTA ALLELUIA”!