Lo sgombero dei giorni scorsi di fratelli e sorelle senza dimora, che avevano i loro giacigli nei pressi di piazza della Repubblica, pone una serie di riflessioni ineludibili. Pur nella complessità dell’operazione compiuta – il Comune ha precisato che l’azione è stata svolta con gli operatori dell’equipe dell’unità di strada e che a tutti è stato offerto “un ricovero nelle strutture di accoglienza per l’emergenza” – come esseri umani ci tocca spingerci più in profondità per sondare la nostra coscienza: ci sono persone che dormono in strada perché hanno fatto questa scelta di vita, altre perché nessuno li vuole a casa per problemi psichici, altre ancora che pur cercando un posto letto non lo trovano, altre che per motivi diversi non accettano le convenzioni del vivere comune, ma sono sempre persone, in stato di disagio e povertà, che vanno aiutate e rispettate.
Considerando, ovviamente, le ragioni del decoro e le necessità igienico sanitarie di tutti – dei residenti e dei senza dimora – come Caritas siamo costretti a percorrere la via difficile che ci impone di ragionare su quelle complicate questioni che riguardano la tutela dei diritti fondamentali delle persone e della dignità di ogni uomo e di ogni donna, anche quando diventa più difficile farli emergere, anche quando chi dovrebbe reclamarli si lascia scivolare nell’anonimato di un giaciglio, preferendo la vita in strada alla “comodità” di un tetto. Come Caritas non dobbiamo fermarci di fronte al rifiuto di una vita in una struttura né alla complessità dei problemi che affliggono i senza dimora e dobbiamo proseguire nel tentare di dare voce e di proporre soluzioni per i poveri, per gli ultimi, per coloro che non possono parlare, perché, al contrario, la loro emarginazione o, peggio ancora, la loro riduzione a un concetto, a un luogo comune, sarebbe la sconfitta della politica e dell’umanità.
Don Piero Galvano, direttore della Caritas Diocesana di Catania, ha sottolineato che «come la sofferenza del popolo ucraino, in questi giorni, attraverso i mass media, è giunta fino a noi sollecitandoci ad aprire le porte dell’accoglienza e ad escogitare anche piani di intervento straordinari (ed è giusto che sia così!), allo stesso modo non possiamo chiudere il cuore ai poveri della nostra Città, che interpellano i nostri amministratori comunali e la sensibilità dei concittadini con altrettanta urgenza e sofferenza, affinché si trovi una dignitosa soluzione, rispettosa delle loro esigenze, secondo la logica dell’inclusione sociale».