Foto di Luca Artino

«Quando parliamo di Chiesa non dobbiamo pensare ad una istituzione fredda, ma ad una famiglia, la Chiesa è la famiglia di Dio». Cita il teologo Elio Castellucci l’arcivescovo di Catania Luigi Renna, durante la sua omelia in occasione del Giubileo della Curia.

Alla Santa Messa, presieduta nella cappella del Santissimo Sacramento della Cattedrale di Catania, erano presenti vari direttori e dipendenti degli uffici diocesani e pastorali.

«La Chiesa è una famiglia, non una fredda istituzione»

«La gente che entra nelle nostre istituzioni, nei nostri uffici – ha proseguito Renna rivolgendosi all’assemblea -, deve trovare soprattutto uno sguardo accogliente, una persona che incrocia il proprio sguardo e i mostri tanta umanità. Se ne deve andare contenta perché ha incontrato soprattutto questo».

L’arcivescovo riconosce senz’altro le difficoltà economiche e burocratiche, e per questo, nel corso della sua meditazione, invita a sviluppare «un “senso di Chiesa” anche quando siamo fuori dai nostri uffici», che significa avere a cuore la famiglia di Dio con fedeltà, pur riconoscendo gli errori della Chiesa. Renna fa un riferimento esplicito ai continui scandali sugli abusi, ma avverte: «Bisogna sempre distinguere il peccato dal peccatore. Bisogna tenere sempre fisso lo sguardo su Gesù Cristo. Se uno fa così, accanto a sé possono accadere anche delle cose negative. Però va lo stesso avanti perché vede Gesù».

Nel Vangelo della celebrazione, secondo Matteo, è narrato l’episodio del tradimento di Giuda. Mons. Renna traccia un suo ritratto, facendone un paragone con il peccato di ogni uomo: «Il peccato più grande è vendere una persona, per un proprio tornaconto o per accrescere il proprio ego e il proprio orgoglio. Gesù Cristo di fronte all’ingratitudine non fa come facciamo noi. Egli va avanti, nonostante Giuda, nonostante Pietro. Gesù va avanti nel dono di Sé stesso».

La Croce, unica speranza

Come nelle precedenti ricorrenze giubilari, l’arcivescovo ha richiamato all’importanza della Croce come unica speranza: «Lo è per chi è peccatore, per chi è lontano dalla giustizia. Quella Croce gloriosa è la speranza per il malato, che in Cristo si sente identificato. La croce di Cristo ha promesso il Paradiso anche al “buon ladrone”. È speranza anche per il pagano, il primo a professare il Credo è un centurione romano che adorava gli dèi dei nostri antenati. Cristo, nonostante il peccato, va avanti e ci insegna a fare sempre così. Chi ama fa così. Dall’amore di Dio noi possiamo imparare ad andare sempre avanti, nonostante le difficoltà».

A conclusione della celebrazione, l’arcivescovo e i presenti si sono raccolti in un momento di preghiera al Crocifisso, nella cappella omonima dove è custodita la statua lignea recentemente restaurata.

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