
Dal terrazzino dirimpetto al palazzo dei Francica Nava posto in posizione quasi speculare con il nostro monastero, ci è data la possibilità di ammirare lo stupendo giardino pensile che si affaccia su via Ospizio di beneficenza ad angolo con un tratto di via Teatro greco. Una sorta di anello di congiunzione ben visibile di una storia che, ancora oggi, si intreccia con gratitudine ogni qualvolta ne facciamo memoria. È al cardinale Giuseppe Francica Nava che dobbiamo la nostra presenza tuttora viva nella Chiesa di Catania della quale è stato a lungo illuminato e generoso Pastore. Una presenza che raccorda, non senza “timore e tremore” da parte nostra, l’eredità di un passato benedettino ricco di monasteri e di fecondità spirituale e culturale.
La rinascita del monastero delle Benedettine
Come vicino di casa, ma soprattutto come estimatore della spiritualità monastica, il cardinale Francica Nava si è adoperato perché almeno il monastero di San Benedetto sopravvivesse alla soppressione del 1866 rimanendo come un faro di luce nel cuore della Città di sant’Agata. Un faro soprattutto eucaristico. La rinascita del nostro monastero è infatti legata anche all’ondata di entusiasmi suscitati dal congresso eucaristico diocesano, primo in Sicilia, svoltosi dal 2 al 9 luglio 1905; tra i vari momenti preparatori vi fu pure un triduo celebrato in più chiese della città, tra cui anche la nostra: «Al Monastero S. Benedetto – racconta il canonico Alfonso Toscano Deodati nella biografia pubblicata nel 1962 – la cancellata esterna è una poesia. In centro una colonna coronata di fiori. Quattro grandi ceste ai lati con gigli e rose e festoni allegrissimi, a vago intreccio, tutto simbolico. I drappi e i fiori che adornano la maestosa chiesa, il lusso decoroso e devoto degli altari, la profusione di cera e lampade, formano un insieme ammirabile. Anche qui Sante Messe e Comunioni devote, adorazioni, sermoni. Collegi e parrocchie si avvicendano secondo l’ordine prestabilito».
La devozione eucaristica, sviluppatasi negli anni del beato Dusmet, venne favorita, nel clima della riforma voluta da Pio X, dal cardinale Francica Nava, il quale nel 1915 pubblicò un’apposita lettera pastorale su Il culto esteriore, adoperandosi per “catechizzare”, grazie anche alla preziosa collaborazione del canonico Tullio Allegra, le variegate e molteplici espressioni di religiosità popolare spesso un po’ folcloristiche e che, invece, dovevano assumere la fisionomia di manifestazioni di fede finalizzate alla centralità dell’Eucaristia.
Nel ridare vita alla languente comunità di San Benedetto, il card. Giuseppe Francica Nava realizzò pertanto il sogno che nel cuore della città ci fosse una chiesa, «centrale e raccolta, adatta per ampiezza e pregevole per arte» in cui Gesù venisse adorato in perpetuo. Già l’abbadessa madre Agnese Noce lo esortava a ciò da tempo, e lui stesso desiderava pure ardentemente di far risorgere il monastero. In alcune memorie conservate in archivio così è narrato: «Quando il card. Giuseppe Francica Nava veniva nella nostra chiesa per le ordinazioni sacerdotali, si fermava in parlatorio per benedirci e allora noi gli esprimevamo il desiderio che si desse principio al noviziato ed egli, sorridendo, rispondeva: Pregate con fiducia e abbandonatevi alla divina provvidenza che, al dire di un poeta: “O nega sol perché a pregar c’invita, o negar finge e nel negar concede”». E intanto ordinò che le anziane monache e le aspiranti alla vita monastica facessero a turno un’ora di adorazione quotidiana. «Era un primo passo verso l’attuazione del voto del Congresso e segnava l’alba di un nuovo giorno» annota ancora il canonico Toscano Deodati.
Dopo aver ottenuto nel 1909 il permesso dalla Santa Sede, il Cardinale si mise alla ricerca di una comunità benedettina che potesse fornire un soggetto capace di prendere il governo del monastero catanese. Nel 1910 per un caso fortuito ma provvidenziale, tramite mons. Giuseppe Vizzini, entrò in contatto con l’olivetano padre Celestino Colombo sino a chiedere alla comunità di Ghiffa (VB) di inviare due monache a Catania per aggregare il monastero di via Crociferi secondo il carisma benedettino-eucaristico di madre Mectilde de Bar. Grazie alla pronta risposta della priora madre Caterina Lavizzari, oggi venerabile, due monache di quella comunità vennero ad accendere nella terra dell’Etna un più ardente fuoco, quello dell’adorazione perpetua. Dal 1912 si adoperò inoltre per aprire una scuola interna al monastero che sino al 2013 ha formato ai grandi valori umani del cristianesimo intere generazioni.
Il Cardinale «profuse ogni risorsa della sua passione alla liturgia e al canto sacro, affinché la ridestata chiesa di S. Benedetto divenisse centro di attrazione delle anime verso Gesù Ostia. Per anni vi pontificò nelle sacre Ordinazioni, presiedette alle vestizioni e alle professioni di nuove Religiose» (T. D.), fino a quando non giunse l’ora di tornare alla Casa del Padre. Così ha annotato la nostra cronista di allora: «7 dicembre 1928. Stamane alle ore tre pomeridiane si spegneva la preziosa esistenza del nostro venerato card. Giuseppe Francica Nava. Benché un po’ malandato in salute, pure la sua malattia fu brevissima e la sua perdita segna una pagina dolorosa negli Annali della nostra comunità. A lui dobbiamo, dopo Nostro Signore, l’adorazione perpetua nel nostro monastero, ed oltre a questo, molti altri benefici che furono sempre accompagnati da una nota delicata di paternità verso la nostra famiglia religiosa». Ci colma il cuore di commozione il fatto che, sino all’ultimo, tra la nostra comunità e il cardinale Francica Nava ci sia sempre stato questo legame eucaristico. Aggravatosi lo stato di salute, dal momento che abitava nel suo palazzo e lì iniziò anche l’agonia, il viatico gli fu portato proprio dalla nostra chiesa.
«I progressi del Monastero, iniziati dall’azione lungimirante del card. Nava furono celebrati nel 50° dell’aggregazione alle Benedettine di Ghiffa. Un grande arco luminoso v’intravide mons. Scalia Giuseppe tra il primo Congr. Eucar. Dioc. celebrato (1905) con successo dal card. Nava, e il XVI Nazionale tenutosi a Catania il 9-1959» (T. D).
Da alcuni anni, nella nostra città e in altri paesi, sono attive diverse cappelline per l’adorazione perpetua la cui origine è partita da altre intuizioni, eppure ci ritroviamo insieme ai tanti adoratori e adoratrici di oggi, a far sì che quel sogno eucaristico continui a realizzarsi.
Ed è così che, sentendo di voler condividere questa doverosa testimonianza, ringraziamo ancora il Signore per quanto ha operato a favore della comunità ecclesiale catanese nella quale ci sentiamo vivamente partecipi e specificatamente della nostra comunità monastica. Lo zelo eucaristico che animò il cardinale Giuseppe Francica Nava e tanti altri buoni fedeli del suo tempo continui ad essere ardente nelle nostre vite.
E ci piace pensare al nobile e colto prelato, al diplomatico tanto apprezzato, all’arcivescovo che tutto si diede per il bene del suo gregge in quel suo atteggiamento, innanzitutto, di uomo di fede e di preghiera secondo il racconto, tramandato in famiglia, condivisoci dalle sorelle Francica Nava mesi addietro: egli era solito passeggiare nel bel giardino pensile del suo palazzo recitando il breviario. E magari guardare compiaciuto verso il nostro monastero.
Perché ciò possa continuare ancora, ottienici dal Signore, o nostro caro Benefattore, grazie di santità e generose vocazioni.
