Foto di Luca Artino

Una folla multicolore, composta da bambini, ragazzi, adulti, anziani, ha percorso la via Etnea a Catania la sera dell’11 aprile pregando e ricordando il dolore della crocifissione di Cristo. Partendo dalla basilica cattedrale e proseguendo fino al sagrato della chiesa di San Biagio in piazza Stesicoro, tra turisti curiosi e cittadini che si godevano il loro aperitivo di un venerdì sera primaverile, si è svolta la “Via Crucis per Catania”guidata dall’arcivescovo Mons. Luigi Renna.

Quattordici tappe hanno ripercorso il cammino di Gesù sul monte Golgota: «Con questo cammino – ha affermato l’arcivescovo – seguiamo la croce di Cristo portatrice di speranza e ogni sosta ci consentirà di riprendere fiato fino alla meta finale, la gloria eterna. Gesù non è sceso dalla croce proprio per darci speranza, facendosi carico delle nostre sofferenze, è caduto più volte sotto il peso della croce, appesantita dai nostri sbagli, per ricordarci di rialzarci sempre. È caduto come cade un seme da cui germoglia speranza». Quest’ultima è stata la parola chiave, la guida di questa via Crucis carica di riferimenti alla società disperata in cui stiamo vivendo.

Si è detto che Gesù è stato condannato alla croce, ma oggi noi stessi lo condanniamo ogni volta che un bambino muore in guerra, un altro è abbandonato in un barcone nella speranza che possa avere una vita migliore dei suoi genitori, qualcuno pensa di non poter sopravvivere alla calunnia subita e compie un gesto estremo. Gesù è stato umiliato, ma è umiliato ogni qual volta qualcuno diffonde immagini e pensieri che una donna aveva confidato alla persona amata sentendosi sicura; il suo volto irrorato di lacrime asciugate da Santa Veronica è il volto di ogni donna che ha perso la bellezza della propria femminilità sfregiata dalla violenza. Le donne di Gerusalemme hanno atteso Gesù sul monte, emarginate dalla società allora come oggi, ridotte in schiavitù, considerate deboli perché provano emozioni e piangono per la disperazione dei figli. «Il loro pianto sia altare di speranza» ha ribadito Mons. Luigi Renna. Donne madri, proprio come Maria, che sono private della loro dignità di genitori, lavoratrici, come Gesù è stato privato delle sue vesti per essere messo in ridicolo.

 «Quando qualcuno viene spogliato in pubblico, – ha ricordato l’arcivescovo – perde la forza, ha il solo pensiero di coprirsi. Vestiamoci della tunica di Cristo per non essere mai nudi, privi di dignità, di animo puro e vestiti di pregiudizio». Denudato, Gesù è stato crocifisso e fu buio: è buio quando i giovani scelgono le vie facili invece di cultura e istruzione, quando si impone il pensiero sempre più dilagante di poter decidere della vita altrui in qualsiasi momento. In tutti questi casi Cristo resta inchiodato alla sua croce come resta inchiodato alla parola data e ci accompagna in tutte le nostre croci, non ci abbandona mai. «Oggi l’umanità ha tante croci, tante forme di sofferenza, la più grave di tutti si chiama guerra e abbiamo bisogno che Gesù e Maria ci restino accanto portandoci speranza, li invochiamo e invochiamo la loro benedizione sulla nostra Catania e su tutti i suoi quartieri» ha concluso l’arcivescovo Renna.

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