
«Ricorderete che la processione introitale nel rito di inizio dell’Anno giubilare, lo scorso 29 dicembre, è stata aperta dalla Croce, che innalzata sulla porta della Cattedrale venne salutata con queste parole: “Ave Croce, unica speranza. In questo tempo di passione concedi aumento di grazia ai credenti e rimuovi i peccati ai colpevoli.”» Monsignor Luigi Renna apre così la catechesi del secondo appuntamento quaresimale, che l’Arcidiocesi di Catania propone in Cattedrale per prepararsi alla Santa Pasqua.
La riflessione dell’arcivescovo esplora il significato della Croce di Cristo, contrastando le antiche percezioni di morte e umiliazione con la sua attuale comprensione come simbolo di speranza e redenzione, nel contesto del cammino Giubilare universale.
«Non è la croce a fare grande Gesù Cristo. È Lui che fa grande la croce»
«Come può uno strumento di morte divenire per noi sorgente di speranza? – continua Renna, che aggiunge – I primi cristiani non raffiguravano volentieri la croce, e quando noi la troviamo raffigurata nelle absidi è sempre una croce gemmata, una croce fiorita, quasi si avesse pudore a presentare un Cristo grondante di sangue e sofferente. Nessuna fede presenta la propria divinità in una situazione di sofferenza e di morte. La croce – prosegue ancora l’arcivescovo – per chi non c’è abituato, come noi europei, risulta ripugnante».
Renna avverte e specifica: «Non è lo strumento della croce la nostra salvezza, ma il Cristo che muore sulla croce. Non è la croce a fare grande Gesù Cristo. È Lui che fa grande la croce, che riscatta la croce; la quale è da comprendere, non retoricamente da esaltare». E aggiunge: «Non è sufficiente conoscere Dio nella sua gloria e maestà. È anche necessario conoscerlo nell’umiliazione e nell’infamia della croce. In Cristo, nel crocifisso, stanno la vera teologia e la vera conoscenza di Dio».
L’arcivescovo spiega anche i motivi di speranza della croce di Cristo: «Gesù rimane fedele alla volontà di Dio nell’ora della prova, attraverso la preghiera. Cristo ci fa capire che pregando rimaniamo uniti alla volontà del Padre. “Perdona loro, perché non sanno quello che fanno”: il perdono avviene anzitutto sulla croce. Questo è lo scandalo del Vangelo. E la prima professione di fede – prosegue – la fa il centurione: per quest’uomo che riconosce il Cristo fiorisce la speranza, ed egli la invoca. Ma ancor prima il ladro crocifisso accanto a Lui: quel ladro riceve il perdono, quella vicinanza a Dio che era stata sottratta ad Adamo ed Eva a causa del peccato».
«La croce è quell’albero di vita che torna a fiorire, da cui tutti possono mangiare»
«Vedete – continua ancora Renna -, la croce non è sterile, è feconda. La croce è davvero quell’albero di vita che torna a fiorire, e tutti gli uomini possono mangiare dell’albero della croce. Essa diventa sorgente di speranza per tutti».
Dopo aver letto testimonianze di vita e di persecuzione nel nome di Cristo, da quella di Edith Stein – il cui motto era “Ave crux spes unica” – a quella di monsignor Miroslav Vulk (reperibili dal video integrale della catechesi in alto) , l’arcivescovo ha concluso: «È questa la sorgente della nostra speranza: se Cristo in quell’ora fosse sceso dalla croce, essa sarebbe per noi semplicemente un tremendo supplizio. È diventata la sorgente della speranza, la vera teologa, il luogo della conoscenza e della redenzione».
Il prossimo ed ultimo incontro quaresimale si terrà sempre in Cattedrale, mercoledì 9 aprile alle 19.45. Il relatore sarà Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, che concluderà l’itinerario con un momento di riflessione sul tema della pace.