
E’ notorio che nell’ambito della cultura ebraica, Gesù abbia rappresentato una ventata di modernità in relazione al vincolo matrimoniale e alla presenza delle donne nella vita spirituale sua e dei suoi apostoli. Anche nei primi secoli del cristianesimo la donna cristiana ha goduto di una certa emancipazione e autorevolezza nella testimonianza. Basti pensare alla catanese Agata, o a Lucia, Tecla e tante altre. Tuttavia, col trascorrere dei secoli sembra che la comunità cristiana si sia lentamente gerarchizzata, assumendo i tratti del patriarcato e si sia spesso dimenticata dell’importanza del ruolo femminile nella chiesa. Le donne, seguendo l’esempio della cultura dominante, sono state tagliate fuori dai ruoli di responsabilità, relegate solo all’ambito della vita consacrata dei monasteri. Oggi però questa visione risulta ormai obsoleta. Papa Francesco invita i fedeli, come anche i teologi, ad intelligere i segni dei tempi per annunciare la Parola di Dio al vissuto odierno. Oggi le donne non soltanto fanno le catechiste, ma studiano e insegnano teologia, gestiscono numerose attività di volontariato, di formazione cristiana, hanno il ministero dell’eucarestia domiciliare e sostengono i loro fratelli consacrati in ogni tipo di attività pastorale e missionaria. E, nei dicasteri vaticani, cominciano ad assumere ruoli di alta responsabilità. Da tempo la Chiesa si lamenta che i preti non bastano per sopperire al bisogno. Ed è pur vero che nelle altre confessioni cristiane vi sono molte donne pastore che conducono la loro opera con fede e con autorevolezza. Ci si chiede dunque se uno dei segni dei tempi non possa essere quello di riaprire almeno il diaconato alle donne, come nei primi secoli dell’era cristiana.
Nell’articolo 60 del Documento finale del Sinodo dei Vescovi di ottobre 2024 è scritto: “non ci sono ragioni che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa: non si potrà fermare ciò che viene dallo Spirito Santo”. Se è vero infatti che tutti i cattolici siamo battezzati e che per mezzo di questo siamo tutti sacerdoti, profeti e re, dunque non c’è ragione perché le donne non possano assumere ruoli guida all’interno della nostra Chiesa. Il cammino sinodale lo chiede fortemente.
Sostiene la filosofa e teologa friulana suor Linda Pocher che “è una questione di giustizia, non di marketing.” Gesù faceva parte di una società tradizionalmente maschilista, ma l’aver posto Maria, sua madre, al suo fianco per tutta la vita dandole il potere di essere discepola, apostola, educatrice e guida degli altri discepoli dopo la sua morte, pone la donna in una posizione assolutamente innovativa, direi rivoluzionaria per quel tempo e quella società. Per non parlare di Maria Maddalena o delle sorelle Marta e Maria di Betania. Quando a Gesù fu chiesto cosa ne pensasse del ripudio della moglie da parte del marito, egli rispose: ” l’uomo non separi ciò che Dio ha unito” che significa: i mariti non hanno il diritto di devastare la vita di una donna solo per un possibile adulterio o per un loro capriccio, ma hanno il dovere di rimanere uniti a lei per essere due corpi e un’anima sola. La teologa e storica cattolica Adriana Valerio, nel suo libro “Maria Maddalena: equivoci, storie, rappresentazioni” ci lascia ipotizzare che con molta probabilità alla fine è lei ad abbandonare il marito per seguire Colui che l’ha amata e salvata per quello che era, un essere umano e una figlia di Dio.
Il Documento finale del Sinodo dei Vescovi da me citato ha visto approvato con una maggioranza risicata proprio l’articolo 60 che è il più femminista di tutti. Segno che all’interno della Chiesa cattolica ci sono ancora molte resistenze allla valorizzazione reale del ruolo delle donne. Il Papa stesso, pur essendo favorevole a tale passaggio fa notare l’importanza di una scelta ampiamente condivisa e che non causi divisioni e lacerazioni. E’ ora dunque che la chiesa cattolica riconosca il ruolo che le donne devono esercitare nella comunità e che scaturisce non certo da una rivendicazione “sindacale” ma dalla fedeltà agli insegnamenti del Maestro.
Negli ultimi centocinquant’anni la donna ha raggiunto un livello di emancipazione intellettuale, sociale e morale mai raggiunta prima nella storia dell’umanità. Non sarebbe dunque il momento che anche la Chiesa cattolica si adegui ai tempi e consenta alle donne di accedere ad alcuni ruoli della vita ecclesiastica? La domanda resta aperta. E in attesa di risposte convincenti.