
Foto di Nuccio Condorelli
«Il tempo storico in cui è nata la testimonianza e la profezia di don Luigi Giussani, un tempo che ancora stiamo vivendo, è caratterizzato dalla nuova evangelizzazione: questa santa preoccupazione è stata al cuore del Concilio e del ministero di san Paolo VI, ha attraversato il lungo pontificato di San Giovanni Paolo II, ha ricevuto un grande contributo di pensiero da papa Benedetto XVI, che è stato teologo del Concilio, è la dirompente forza della “Evangelii gaudium” di papa Francesco, per la cui salute preghiamo». Sono le riflessioni che monsignor Luigi Renna, arcivescovo di Catania, condivide durante l’omelia all’assemblea di ciellini radunata nella chiesa dell’Istituto Francesco Ventorino, il 28 febbraio scorso.
Con una messa di ringraziamento hanno ricordato i 20 anni dalla morte di don Luigi Giussani e l’anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione, della quale il sacerdote lombardo è stato fondatore.

Alfio Pennisi, responsabile diocesano Fraternità di CL: «Incontrare e condividere, nella Chiesa, le ferite materiali e spirituali di uomini e donne del nostro tempo»
«Siamo felici che Lei sia qui, in questa occasione per noi importante», dice Alfio Pennisi, responsabile diocesano della Fraternità di CL, accogliendo l’arcivescovo. E aggiunge, salutando anche i referenti di altre aggregazioni laicali che hanno accolto l’invito: «Nel corso dell’ultima assemblea della Consulta delle Aggregazioni Laicali, Sua Eccellenza ci ha indicato tre caratteri determinanti per le nostre realtà: avere sempre presente il quadro d’insieme, cioè la Chiesa e la varietà dei suoi carismi; l’importanza dell’Iniziazione cristiana, alla quale la nostra diocesi sta dedicando particolare attenzione e grande impegno progettuale, all’interno del cammino sinodale; la formazione cristiana di giovani e adulti.
Ci sta a cuore – prosegue Pennisi – seguire queste indicazioni, che interrogano le nostre origini e orientano il nostro presente. “Pensare secondo Cristo e pensare Cristo attraverso tutte le cose”, secondo la bella espressione di San Massimo il Confessore. Solo con questo cuore e con questo pensiero potremo incontrare e condividere, nella Chiesa, le mille ferite materiali e spirituali che affliggono donne e uomini del nostro tempo».
Alfio Pennisi conclude il suo intervento citando l’intenzione proposta dalla Fraternità di CL per la Celebrazione: «In questo anno giubilare chiediamo a Maria “di speranza fontana vivace” la grazia di ripetere ogni giorno il nostro fiat. La Madonna di Lourdes protegga il cammino della Fraternità e faccia crescere in noi la gratitudine per il dono di don Giussani alle nostre vite e l’amore alla Chiesa che desideriamo servire. Invochiamo su di noi e sul mondo intero il dono della pace».
Renna: «Non perdete mai di vista la bontà e il senso dell’ecclesialità, che si nutre di stima reciproca»
«La Chiesa è popolo di Dio – ha aggiunto monsignor Renna nell’omelia – e lo Spirito ha suscitato un carisma di popolo, quello di CL, che è iniziato nel carisma e nella profezia di don Giussani. Non dimentichiamo che il Signore abbonda nei doni: come al tempo della Riforma di Trento suscitò numerose congregazioni religiose, così in questo tempo ha suscitato numerose associazioni e movimenti, che parlano la varietà dei linguaggi che ispira loro lo Spirito, ma annunciano il medesimo vangelo. Non perdete mai di vista la bontà e il senso dell’ecclesialità, che si nutre di stima reciproca».
«Il movimento della missione della Chiesa – ha continuato l’arcivescovo – è “centrifugo” e missionario (da Gerusalemme a tutte le genti). Don Giussani ha avuto quest’ansia missionaria, e non dovete mai dimenticare che se un giorno siete stati affascinati da quel suo carisma, è perché avete riscoperto attraverso di lui il volto di una Chiesa vera, bella, missionaria».
«Il profeta, come ogni cristiano – prosegue ancora Renna -, è un testimone, un martire. Dietro la testimonianza c’è sempre una esperienza di incontro e di vita con Dio. Don Giussani ha vissuto anzitutto una profonda esperienza di fede e di incontro con Dio: chiamato, si è sentito inviato, ed è stato sempre pronto a “rendere ragione della speranza” (cf I Pt 3,15), con tutti gli strumenti di cui era in possesso, dialogando con le generazioni del suo tempo, particolarmente affascinate dalle ideologie. Egli ha fatto della teologia dell’incontro con Dio, dell’esperienza del Salvatore, il nucleo dell’eredità carismatica che vi ha lasciato. Egli vi ha invitato a non perdere mai di vista la sorgente della profezia e della testimonianza, e sapete bene che quando nella Chiesa perdiamo di vista l’essenziale, diventiamo uomini di parte e non del popolo di Dio, uomini di potere e non di servizio, manipolabili e non guide.
Tutti corriamo il rischio di non sapere rendere ragione della speranza perché ci lasciamo prendere il cuore dagli idoli. Lo dice bene don Giussani: “La Bibbia chiama con un determinato nome il particolare con cui la ragione identifica il significato totale del suo vivere e dell’esistere delle cose. Questo particolare nel quale la ragione identifica la spiegazione di tutto, la Bibbia lo chiama idolo. Qualcosa che sembra Dio, ha la maschera di Dio, ma non lo è”».
L’arcivescovo conclude l’omelia ricordando che l’esperienza da fare è quella «della della paternità di Dio, quella che risplende nel volto di Cristo. Evangelizzare è portare questo amore del Padre all’umanità. Cogliamo la grazia di questo Anno Giubilare per riscoprire nelle pagine del Vangelo, nei segni della creazione e della storia, il Suo Volto; e dove non troviamo i segni di questa paternità, portiamoli, con la profezia e la testimonianza».
