“Tutto nasce dal cuore! Anche in questo tempo pervaso di attese e di timori per l’intelligenza artificiale, non possiamo fare a meno di ritornare all’importanza del cuore, che ovviamente non è semplicemente un organo del nostro corpo, ma il centro dei nostri desideri, dei nostri sentimenti, il luogo in cui prendono forma le nostre decisioni più importanti”: comincia così il messaggio per la Quaresima 2025 dell’arcivescovo di Catania, monsignor Luigi Renna. Il messaggio ha per titolo: “Dove c’è un cuore nuovo fiorisce la speranza”.

La Quaresima, spiega l’arcivescovo, è un dono del Signore che è paragonabile a una “terapia del cuore fatta di preghiera, di digiuno, di carità”. Attingendo alla sua recente esperienza di malattia, monsignor Renna scrive: “Come numerose persone, anch’io ho dovuto ricorrere ad alcune terapie per curare il mio cuore: ci vuole un’adeguata alimentazione, un’attività fisica sufficiente, dei farmaci da assumere regolarmente. Se usassimo la stessa attenzione per prenderci cura non solo della salute del corpo ma anche del centro dei nostri pensieri, desideri, decisioni che simbolicamente chiamiamo ‘cuore’, allora esso non si indurirebbe, non si ‘infartuerebbe’, non soffrirebbe di una pressione troppo alta o troppo bassa, che squilibra le nostre relazioni”.

“Il cuore – prosegue l’arcivescovo – si può indurire davanti a tante delusioni e arrivare ad essere indifferente, a non battere più per nessuno, neppure per sé stessi!”.

“Ma la cosa peggiore che ci possa capitare – leggiamo nel Messaggio – è che il cuore sia una stanza interiore che non frequentiamo mai, perdendoci un grande incontro, che è quello con Dio, con la profondità della nostra coscienza, con quanto di vero e bello è in ciascuno di noi”.

Ma dobbiamo riconoscere, si legge ancora nel testo, “quanti cuori belli e capaci di amare incontriamo ogni giorno, in grado di battere all’unisono con gli altri nella vita di coppia, nella famiglia, per la città, per il mondo e per i poveri. Come deve essere stato grande il cuore di madre Teresa di Calcutta, quello di Giorgio La Pira, di Don Pino Puglisi, di Rosario Livatino!”

Eppure, nella nostra quotidianità riscopriamo che il nostro cuore è fallace, infido, difficilmente guarisce. Ma monsignor Renna sottolinea come Dio ci abbia fatto una grande promessa, “forse la più audace di tutta la Bibbia: Vi darò un cuore nuovo (Ezechiele 36,26)”.

Ma dove troveremo un cuore autentico e nuovo?

“E’ il Cuore di Cristo – leggiamo nel Messaggio – che noi contempliamo nel Crocifisso delle nostre chiese e delle nostre case nascosto dal costato trafitto. Dio, per conquistare il nostro cuore, per ammorbidirlo nella sua durezza, per renderlo solido nella fedeltà, ci ha aperto il Suo Cuore: Il Cuore di Cristo è estasi, è uscita, è dono, è incontro. In lui diventiamo capaci di relazionarci in modo sano e felice e di costruire in questo mondo il Regno d’amore e di giustizia. Il nostro cuore unito a quello di Cristo è capace di questo miracolo sociale” (Francesco, Dilexit nos, 28)”.

La Quaresima, ci ricorda il messaggio, è una “terapia del cuore fatta di preghiera, di digiuno, di carità”.

“La preghiera, in quest’Anno Santo, – scrive l’arcivescovo Renna – sia un esame del cuore che ci prepari ad una confessione generale per vivere il Giubileo. (…) Pregare sia un dialogo quotidiano con Cristo in cui gli apriamo il nostro cuore e gli chiediamo di trasformarlo da una aiuola abbandonata ad un giardino dove fiorisce la speranza”.

“Il digiuno, come terapia di un cuore nuovo, diventa in questo tempo – prosegue il messaggio – seria astensione da tutto ciò che ci riempie di violenza, di arroganza, di chiusura che alza barriere con tutti. A volte ci nutriamo di slogan, di parole e di modelli di vita che alimentano in noi questo stile di vita conflittuale, divisivo, sempre pronto a criticare e a calpestare l’altro”.

“La carità – scrive ancora monsignor Renna – nasce da un cuore che sa provare compassione, e quindi si china sulle sofferenze degli altri: invocare Dio come Padre nostro, ci porta per forza a chiamare gli altri fratelli”.

Il messaggio, infine, raccomanda due opere di carità. La prima: “Il miracolo sociale del rispetto per le persone che ci stanno accanto e per quel ‘noi-tutti’ che è la città: quanta violenza e arroganza nelle nostre strade! Non sembriamo un popolo di cristiani! Quanta necessità di quell’arte che è la pacatezza, il dialogo, la pazienza. Il più grande atto di carità è disarmarci! Via anche ogni compromesso con chi complotta contro il bene di tutti: con dolore apprendo che tante persone impegnate nella cosa pubblica vengono inquisite e arrestate per corruzione. In attesa che la giustizia faccia verità, supplico di lasciare perdere queste strade che attentano alla carità: quando sbaglia chi è responsabile della cosa pubblica, vengono ferite città intere”. La seconda opera di carità riguarda il contributo “alla riconciliazione di chi nella vita ha sbagliato ed è finito in carcere”. “Vogliamo far sì, con un piccolo segno, nei pellegrinaggi giubilari di questo anno – scrive l’arcivescovo – di dare il nostro contributo economico per realizzare il Progetto Senza Sbarre, per costituire borse lavoro per avviare ad un impiego le persone all’uscita dal carcere”.

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