Nei giorni scorsi è stato presente a Catania Giorgio Capitanio, responsabile dei progetti in Italia dell’organizzazione non profit AVSI. In occasione di un incontro-testimonianza abbiamo avuto il piacere di dialogare brevemente con lui, per farci raccontare la sua storia e i progetti che oggi AVSI porta avanti.

Giorgio, come inizia la tua storia?

È sempre un’emozione raccontarsi. Nel 1997 sono partito per il Brasile come architetto, per riqualificare le favelas. Dopo appena un anno, le fognature erano già da rifare perché la gente non le usava bene. Ci hanno detto: «È molto semplice. Prima dovete lavorare con noi». Quello è stato il primo impatto: ho capito che le soluzioni arrivano relazionandoci con gli altri. Ascoltare è fondamentale, è la chiave per lavorare bene.

Poi, abbiamo iniziato a costruire un centro di formazione per i giovani. C’era questo ragazzo di 14 anni che ci girava intorno, già a mano armata. Non aveva ancora finito le medie. Un giorno, gli chiesi di andare a sbrigare una commissione in banca. Fu precisissimo. Oggi, questo ragazzo ha finito gli studi e lavora in AVSI come amministratore.

Cos’è che ha fatto scoccare un cambiamento?

Prenderlo sul serio. Le persone che ti cambiano la vita sono quelle che scommettono su di te più di te stesso. Guardare l’altro con questa attenzione, a prescindere dal contesto in cui si trova, lo cambia. Ci sono ragazzi che sono cresciuti con noi, oggi diventati educatori e parte del nostro staff. Avsi è questo: ci interessa quella persona, perché lei fa la differenza.

Tra i progetti della Campagna Tende, vediamo anche quelli in Palestina ed Ucraina. Perché riflettono il titolo della Campagna “Educazione è speranza”?

I nostri progetti mirano a contrastare la povertà educativa, aiutare chi è più fragile. Facciamo rete investendo sul territorio, senza sfociare nell’assistenzialismo. Più della metà dei 40 paesi in cui operiamo vive in situazioni di emergenza. Chi perde tutto ha bisogno di qualcuno che gli ridia la speranza. Nelle scuole che abbiamo avviato in Ucraina, i bambini ci chiedono di non lasciarli soli: hanno bisogno di chi li aiuti a rialzare lo sguardo. Durante la guerra in Libano, abbiamo tirato su degli spazi dove far studiare e giocare i bambini che hanno perso casa, famiglia. Lì, è normalità. Noi vogliamo che la normalità invece diventi sapere di poter affrontare la vita in modo diverso. I centri educativi sono l’espressione di questo nostro modo di lavorare. Sono alternative a una realtà che sembra già scritta.

AVSI è nata per dare vita a iniziative di sviluppo, dove educazione e lavoro sono i pilastri fondamentali. Sviluppo significa mettere al centro la persona affinché possa perseguire il proprio desiderio di felicità, di libertà, di giustizia. È riconoscersi e riconoscere l’altro nella propria dignità.

E i progetti in Italia?

Puntiamo a ridurre la povertà educativa, la dispersione scolastica e realizzare progetti di coesione sociale. Lavorare insieme, per trovare soluzioni insieme.

Dal 2015 in Italia lavoriamo sull’integrazione dei migranti con un servizio a 360 gradi: collaborando con associazioni, insegnando la lingua, aiutandoli nell’inserimento al lavoro, legalizzando la loro posizione.

Vogliamo fare dei gemellaggi tra scuole italiane e quelle di altri paesi, per far capire ai ragazzi in Italia che il proprio desiderio di felicità è uguale nell’altro.

In Sicilia, stiamo lavorando su alcuni temi educativi, tra cui la formazione professionale e l’orientamento per le scuole superiori.

Cosa ha comportato l’elezione del nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump?

Il taglio fatto da USAID sui contributi allo sviluppo nel mondo è significativo: ad esempio, in Uganda l’80% del sistema sanitario è garantito dai finanziamenti USAID. Senza, vuol dire un crollo della situazione sanitaria. È anche vero che nei momenti di crisi, come adesso, i settori penalizzati sono quelli della cooperazione e dello sviluppo. Quello che ha fatto Trump è stato drastico, ha avuto un impatto molto forte.

Tra le onde del cambiamento, serve portare esempi concreti del fatto che si può collaborare, educare e sperare anche in questa situazione difficile. E noi stessi dobbiamo essere consapevoli che qualsiasi cosa facciamo ha un grande valore sociale, e fa la differenza.


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