
Foto: Giovanni Crisafulli
«La parola di Dio di questa sera sembra quasi interpretare il ministero di papa Francesco, la sua vocazione». Esordisce così monsignor Luigi Renna, arcivescovo di Catania, nella sua omelia in occasione della Celebrazione Eucaristica presieduta nella Basilica Pontificia Collegiata il 25 febbraio, alla presenza del vicario diocesano, monsignor Vincenzo Branchina, dei sacerdoti del primo vicariato, e di una nutrita assemblea di fedeli.
Una messa, seguita da un momento di Adorazione eucaristica, per pregare per la salute del Santo Padre – da più di dieci giorni ricoverato al Gemelli per una polmonite bilaterale – in comunione con tutta la Chiesa.
«Sappiamo – continua Renna – quanto la sua vocazione sia nata in circostanze particolari, era una persona che aveva altri progetti di vita che il Signore ha sconvolto. Ed è stata sempre una vocazione vissuta all’insegna della radicalità».
L’arcivescovo prosegue: «Se uno vuole essere il primo sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti. La cifra del pontificato e della vita sacerdotale di Jorge Mario Bergoglio è stata proprio mettere al centro i piccoli. “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome accoglie me” e mettere al centro il bambino significa mettere al centro i piccoli di ogni tipo. Papa Francesco – continua – queste cose le vive e le sta continuando a vivere. Sappiamo che una delle poche cose che riesce a fare in questo momento è telefonare quotidianamente alla parrocchia di Gaza. Una parrocchia che testimonia la sua fedeltà al Vangelo in mezzo a grandi sofferenze, nel pieno della guerra».
«Quando una persona decide di seguire il Signore, e di seguirlo in maniera radicale – prosegue monsignor Renna -, lo attende certamente la croce. E voglio leggervi quello che egli scrisse il giorno della propria ordinazione presbiterale. “Fummo ordinati in cinque in quel 13 dicembre del 1969. Tutti insieme all’aperto nel bel giardino del collegio Massimo di San Giuseppe dall’arcivescovo emerito di Córdoba, Ramon José Castellano. […] Quanto a me è difficile raccontare davvero le emozioni di quel giorno. Ero bloccato. Mi succede sempre così davanti a qualcosa di grande. Mi blocco in pace, tranquillo, e forse quella è una mia difesa. Le emozioni prendono corpo dopo. Nei giorni di preparazione al rito avevo scritto una preghiera, la mia personale confessione di fede”.
E noi vogliamo riascoltarla in questi giorni – continua ancora l’arcivescovo, citando l’autobiografia di Bergoglio, di recente pubblicazione – perché siamo sicuri che essa stia sostenendo e sia continuamente riveduta da Papa Francesco nel suo letto di sofferenza.
La preghiera di Bergoglio: «Credo nell’Amore, mi affido ad esso come un bambino in braccio a sua madre»
“Voglio credere in Dio Padre che mi ama come un figlio, e in Gesù il Signore che ha infuso il suo spirito nella mia vita per farmi sorridere e condurmi così al regno eterno di Dio. Credo nella mia storia, che è stata penetrata dallo sguardo d’amore di Dio il quale il 21 settembre mi è venuto incontro per invitarmi a seguirlo. Credo nel mio dolore, infecondo a causa dell’egoismo nel quale mi rifugio. Credo nella meschinità della mia anima che cerca di risucchiare senza dare. Credo che gli altri siano buoni e che devo amarli senza timore e senza tradirli, mai, per cercare una sicurezza per me. Credo nella vita religiosa. Credo che voglio amare molto.
Credo nella morte quotidiana, quella dalla quale fuggo, ma che mi sorride invitandomi ad accettare. Credo nella pazienza di Dio, accogliente, buona come una notte d’estate. Credo che papà sia in cielo insieme con il Signore. Credo che anche Padre Eduardo stia lì e interceda per il mio sacerdozio. Credo in Maria, madre mia, che mi ama e non mi lascerà mai solo.
E attendo la sorpresa di ogni giorno in cui si manifesterà l’amore, la forza, il tradimento e il peccato, che mi accompagneranno fino all’incontro definitivo con questo volto meraviglioso che non so come sia, dal quale continuamente fuggo, ma che voglio conoscere e amare. Il segreto di ogni vita – conclude l’arcivescovo, citando ancora il testo – soprattutto nei momenti della prova, è questo credo. Credo nell’Amore, e mi affido ad esso come un bambino in braccio a sua madre”.
Chiediamo per il Papa la salute, ma chiediamo anche che in queste ore si rinnovi il suo credo».