Un elenco in costante aggiornamento: 83 soggetti, su iniziativa del “Cantiere per Catania”, hanno redatto e sottoscritto nei giorni scorsi, al Seminario Interdiocesano Regina Apostolorum di Catania, un progetto di rilancio per il quartiere che pone grande attenzione alle fasce deboli – giovani, donne e immigrati – e strutturato a partire da uno studio sociologico che ha evidenziato dei numeri allarmanti: il 75% dei residenti ha un titolo di studio che non va oltre la licenza media, tasso di occupazione al 31%. Azioni da sviluppare tramite i fondi del DL 208/2024 – i 25 milioni del cosiddetto decreto Caivano – col cofinanziamento di Pnrr, Pon Metro Plus e programma Life 2021-2027. Il testo è stato inviato al Sindaco del Comune di Catania, alla Presidenza del Consiglio, nello specifico al Sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano, al Capo del Dipartimento della Protezione Civile quale Commissario straordinario.
Un percorso di democrazia partecipata per far rinascere San Cristoforo tramite una serie di azioni integrate che vanno dalla rigenerazione degli spazi pubblici e privati alla formazione, fino all’inserimento nel mercato del lavoro e promozione dell’inclusione sociale. La scrittura del documento è nata da un laboratorio che coinvolge organismi sociali ed economici, organizzazioni di rappresentanza, enti del terzo settore, associazioni, fondazioni, comunità educanti, parrocchie, istituti scolastici e comitati di cittadine e di cittadini.
Le proposte sono state costruite anche sulla base di uno studio sociologico a partire da dati statistici che ha evidenziato alcune criticità rilevanti nel quartiere di San Cristoforo: il 7,9% della popolazione non possiede alcun titolo di studio, seguono coloro con la licenza elementare (19%) e la licenza media (48%), il 20% ha conseguito il diploma o una qualifica professionale, mentre soltanto il 4,6% possiede un titolo di studio terziario o superiore (lauree e dottorati). Nel complesso il 75% dei residenti ha un titolo di studio che non va oltre la licenza media. Il tasso di occupazione nel quartiere è pari al 31,6%, una percentuale che scende al 30,8% considerando soltanto i cittadini italiani, mentre sale al 39,7% tra gli stranieri. Il divario occupazionale tra maschi e femmine italiani è particolarmente marcato a discapito di queste ultime (lavora soltanto il 30,6%, rispetto al 69,4 % dei maschi) e diventa ancora più ampio nella popolazione straniera dove la percentuale delle donne che lavora si contrae al 19,6%, rispetto all’80,5 % dei maschi.
Da questa realtà complicata, emerge in primo piano la necessità di realizzare un urban center, una sorta di “casa della città”, luogo per sperimentare percorsi di partecipazione e, quindi, momenti di confronto e discussione tra cittadini, tecnici e amministratori locali. Entrando nel dettaglio delle proposte, la prima macroarea fa riferimento al recupero e riuso del patrimonio edilizio e degli altri manufatti che costituiscono testimonianza del processo di formazione ed evoluzione di insediamenti storici ma anche del patrimonio edilizio abbandonato, degradato o sottoutilizzato, favorendo adeguati mix funzionali. Grande attenzione alla regolamentazione delle destinazioni d’uso del patrimonio edilizio – residenziale, turistico-ricettiva, direzionale, commerciale e artigianale -anche in relazione al complesso e articolato quadro del PUG che definisce le principali direttrici strategiche per l’intera area comunale. Iniziative per evitare pratiche speculatorie, ma anche l’esposizione del quartiere alla permeabilità di un agire criminale interessato ad investire nel settore turistico-ricettivo e il diffondersi del sovraffollamento turistico (overtourism). Spazio, infine, alla realizzazione di impianti sportivi pubblici.
Secondo focus dedicato allo sviluppo del quartiere fra qualità della formazione, inserimento nel mercato del lavoro e promozione dell’inclusione sociale, prevedendo percorsi che portino quante più persone possibili a trovare lavoro, valorizzando addestramento, affiancamento, nonché emancipazione, anche attraverso percorsi guidati all’auto-imprenditorialità. Per procedere in questa direzione, occorre lavorare su più fronti: ripristinare un Servizio Sociale Territoriale in ogni Municipio, ma anche l’ampliamento del tempo scuola “istituzionale” in tutti gli ordini di scuola – soltanto il 25% delle scuole del territorio sono a tempo pieno/prolungato -, organizzare percorsi formativi, di tirocinio e praticantato in un incubatore di attività manuali e/o artigianali o semi-industriali, istituire e insediare in loco un ITS (Istituto Tecnologico Superiore), strutturare l’accesso a potenziali imprenditori al credito dell’Ente Nazionale per il Microcredito, rafforzare la residenzialità defiscalizzando parzialmente i tributi comunali, come per esempio la TARSU/TARI, promuovere e costituire, in una logica pubblico-privata, Comunità Energetiche.