di Salvatore Maria Calogero
I primi documenti che descrivono lo svolgimento della festa di Sant’Agata a Catania sono il cerimoniale scritto nel 1522 da Alvaro Paternò e le memorie storiche della città di Catania pubblicate dal militellese Pietro Carrera nel 1641. Nel Liber cerimoniarum et ordinacionum clarissimae civitatis Cathanie è riportato lo svolgimento della processione del 4 febbraio 1522: «la immagini e la caxaundi su repustati li reliquii venerandi di la gloriosa Sancta Agathi […] si conduchino […] di fora e circumcirca la chitati».
Pietro Carrera riportò nel 1641 lo svolgimento del percorso: il 4 febbraio il fercolo con le reliquie venivano portati in spalla dai cosiddetti “ignudi”, si attraversava il quartiere della Civita e si usciva dalla porta Pontone (via porta di Ferro). A dirigere la processione erano i padri del vicino convento di San Francesco di Paola che, in corrispondenza del bastione di San Michele (via Coppola), venivano sostituiti dai carmelitani i quali lo conducevano dentro la loro chiesa. Dopo pranzo usciva dalla chiesa e alla porta di Aci (piazza Stesicoro) venivano sostituiti dai domenicani che, davanti alla loro chiesa, mostravano il corpo del beato Bernardo Scammacca. A questo punto subentravano i padri zoccolanti del convento di Sant’Agata la Vetere che facevano entrare il fercolo dentro la loro chiesa. Uscito il fercolo dopo il vespro, davanti alla porta degli Archi (vicino all’ex ospedale Vittorio Emanuele) venivano sostituiti dagli agostiniani che, a loro volta, davanti alla chiesa Santa Maria di Monserrato (vicina al Bastione del Tindaro e coperta dalla lava del 1669) venivano sostituiti dai padri scalzi del terzo ordine di San Francesco e, davanti alla chiesa Santa Maria della Grazia (vicina al bastione di San Giovanni, anch’essa coperta dalla lava del 1669), dai padri trinitari. Arrivati davanti al bastione di San Giorgio (vicino al castello Ursino, coperto dalla lava del 1669) la processione veniva guidata dai conventuali di San Francesco che concludevano la processione facendo rientrare il fercolo dentro la cattedrale (fig. 1).
L’eruzione del 1669 e il nuovo percorso
L’eruzione del 1669 non consentì il giro completo della processione fuori le mura, limitando il percorso alle due soste nella chiesa dei carmelitani e in quella di Sant’Agata la Vetere per poi rientrare in cattedrale dalla strada della Luminaria. I catanesi, pertanto, chiesero al viceré l’autorizzazione per realizzare una nuova strada sopra la lava riproponendo l’originario percorso. La strada chiamata della Vittoria (via Plebiscito), larga otto canne (circa 16 metri),fu ultimata nel 1674, documentando l’evento con una lapide oggi inserita nella facciata del palazzo Alonzo e Consoli in via Plebiscito ad angolo con via Zurria(fig. 2). Il 4 febbraio del 1674, pertanto, si riprese la processione «sopra detta xara con pompa, tornei e festini più dell’ordinario» (Giovanni Longo).
Il terremoto dell’11 gennaio 1693 non impedì di celebrare la festa della Santa patrona fuori la cinta muraria della città. I catanesi vollero modificare il percorso del 4 febbraio facendo percorrere le strade della nuova Catania. I viaggiatori del Grand Tour considerarono Catania la città più moderna d’Europa grazie anche al nuovo assetto viario. Le strade Uzeda (oggi via Etnea) e Lanza (oggi via di Sangiuliano), che nel loro incrocio dovevano riproporre i Quattro Canti di Palermo, erano larghe otto canne (16 metri); quelle di San Filippo (oggi via Garibaldi), del Corso (oggi via Vittorio Emanuele II), chiamata anche strada Reale, e quella dei Tre Santi (oggi via Crociferi) erano larghe sei canne (12 metri); le altre strade maestre, invece, erano larghe quattro canne (8 metri). Il 27 gennaio 1698,in seguito all’istanza del Senato della città di Catania fu inviato un «Atto Provisionale dal Tribunale della Regia Monarchia per la conduzione della Vara» nel quale il Giudice ne descrisse il percorso: dopo essere uscita dalla cattedrale, doveva passare dalla nuova porta della Marina (oggi Uzeda) e, costeggiando le mura fuori la città, entrava nella chiesa dei carmelitani. Proseguendo poi la processione nella attuale via Vittorio Emanuele, doveva immettersi nella città e, scendendo nella piazza di San Filippo (oggi piazza Mazzini), rientrava nella cattedrale. Le piogge invernali e le strade che erano ancora in terra battuta scoraggiarono tale modifica. Il giro “esterno” del 4 febbraio, fuori le mura della città, rimase immutato anche nel ‘700 e rappresentato nel 1776 da Jean Houel mentre il fercolo si trovava nel piano della Porta di Aci, prima della salita dei Cappuccini(fig. 3).
Le modifiche del 1956
Il giro “esterno” rimase invariato fino agli anni Cinquanta del ‘900. Il 4 febbraio 1956, infatti, fu l’ultimo anno in cui il fercolo entrò «nel santuario della SS. Annunziata (il Carmine)». Un articolo pubblicato sul quotidiano La Sicilia riportava che nel 1961il fercolo, uscito dalla porta Uzeda e attraversata via Dusmet, percorreva «via Calì, piazza Cutelli, via Ventimiglia e via Giordano Bruno fino a piazza Carlo Alberto». Dopo aver sostato sul sagrato del santuario della Madonna del Carmine.la processione della Patrona si snodava per via Pacini, via Etnea e piazza Stesicoro. Raggiunta poi la chiesa di Sant’Agata la Vetere riprendeva «il cammino per le vie Plebiscito, Vittorio Emanuele, piazza Risorgimento, via Aurora, via Palermo, via Garibaldi, via Plebiscito e via Dusmet. A tarda sera, fra spari di fuochi pirotecnici, il busto della Patrona rientrava nel Duomo». Un’altra modifica al giro “esterno”, come si legge in un altro articolo de La Sicilia, si ebbe nel 1962: «Il fercolo, tirato dai “cittadini”, ha imboccato la porta Uzeda e in via Dusmet ha ricevuto il tradizionale omaggio dei lanci di carta “strisciata” da parte dei chierici del seminario arcivescovile. All’altezza di via Porticello, alla Patrona hanno reso omaggio gli operatori del mercato ortofrutticolo. Il fercolo ha percorso, quindi, tutta la via Dusmet fino a piazza dei Martiri, sfilando, quindi, per via Francesco Crispi e via Umberto, strade inserite quest’anno nel “giro”». Nel 1963, infine, sempre sullo stesso quotidiano si legge: «La patrona ha sfilato, […], per la piazza dei Martiri, la via VI Aprile, viale Libertà, la piazza Jolanda, la via Umberto e per via Grotte Bianche». Questo percorso della processione corrisponde a quello attuale, essendo cambiato solamente l’orario del rientro in cattedrale nella mattinata del 5 febbraio.