«“La sofferenza, accolta con amore, raffina il cuore dell’uomo e l’esperienza del buio rende più acuta la visione dello spirito” questa è una frase di Takashi Paolo Nagai. La vorrei sottolineare quasi come fosse il sottotitolo dello spettacolo, nel senso che tutta la sua storia, la sua vicenda parla di questo: della possibilità che anche l’evento più tragico della storia del Novecento – quale appunto lo scoppio della bomba atomica – possa addirittura diventare una un elemento di rinascita e di possibilità per chi l’ha vissuta e di senso. Una possibilità di senso e di speranza. È su questo che noi vogliamo raccontare e creare questo spettacolo teatrale che penso abbia ancora oggi, soprattutto oggi, da insegnare tanto a noi che in qualche modo rischiamo di acquietarci nel nostro buon vivere. E soprattutto a chi sta vivendo situazioni drammatiche come quelle della guerra di cui sentiamo parlare tutti i giorni. È una storia quella che noi vogliamo raccontare di persone che dentro la drammaticità della guerra mondiale hanno saputo trovare una speranza. Ecco questa è la parola che più corrisponde e contraddistingue Takashi Nagai: la speranza».
La pièce su Tagai
E la rassegna Teatrovivo
Con questa riflessione l’attore e fondatore della Compagnia degli Scarrozzanti Andrea Carabelli coglie il cuore di “Nagai. L’uomo che portò la pace a Nagasaki”, spettacolo messo in scena al Teatro Nuovo Sipario Blu di Catania il 21 dicembre scorso. La pièce è il primo appuntamento della rassegna “Teatrovivo” promossa dalla Fondazione Francesco Ventorino che propone per la stagione teatrale in corso un cartellone di quattro spettacoli tesi provocare il cuore dell’uomo attraverso un percorso sui temi che scuotono l’esistenza. La rassegna teatrale inedita per Catania spazia dalla rilettura ironica del noto romanzo del maestro della lingua italiana con “Manzoni pop commedy ovvero i Promessi Sposi con ironia” (18 gennaio 2025), all’intenso monologo “Factum est” di Testori (8 febbraio 2025) sul delicatissimo tema della difesa della vita sin dal concepimento, fino alla rivisitazione teatrale del capolavoro di Dostoevskij “Delitto e Castigo” (15 marzo 2025). Una profondità di sguardo che il primordiale linguaggio del teatro riesce ancora oggi ad offrire in un mondo sempre più incollato agli schermi della rassegnazione.
In fondo è questa la missione del primo appuntamento che ripercorre in un atto unico di un’ora e mezza la drammatica storia di Paolo Takashi Nagai, radiologo di formazione scientista, sopravvissuto alla bomba atomica piovuta su Nagasaki nel 1945. Attraverso una scenografia minimale e al suggestivo gioco di ombre frutto della sapiente regia di Massimo Morelli, la pièce teatrale scritta da Romeo Pizzol è accompagnata dalle musiche originali di Marco Simoni che s’ispira ai suoni e agli strumenti orientali riprendendo anche alcuni motivi dell’opera pucciniana. Una scelta che sancisce così anche dal punto di vista musicale quel dialogo ininterrotta la millenaria cultura shintoista, ricca di ritualità e attenta alla cura per il creato,e la cultura occidentale, imperniata dal fatto cristiano, storia carica di certezze e di amore verso il prossimo. Impreziosita dalle raffinate illustrazioni di Roberto Abbiati, la rappresentazione trae spunto direttamente dagli scritti di Paolo Takashi Nagai e vede sul palcoscenico la partecipazione dell’interprete principale Andrea Carabelliinsieme a Matteo Bonanni, Adriana Bagnoli, Diego Becce, Giacomo Zof e alla virtuosa cantante d’opera nipponica Yukiko Aragaki, soprano che col suo canto accompagna il pubblico dentro il dramma di una storia personale destinata a lasciare per sempre il segno nella storia universale.
Durante gli anni universitari Nagai si innamora della futura moglie Midori, appartenente ad una famiglia discendente dai “cristiani nascosti”, antica comunità cristiana giapponese che per 250 anni ha tramandato la fede cristiana in clandestinità dopo la feroce persecuzione di Nagasaki perpetrata dalle autorità contrarie al cristianesimo. L’incontro con Midori sconvolge la vita del medico fino alla conversione verso quell’amore capace di valorizzare interamente la sua umanità. Nell’abbraccio con la moglie nulla della sua cultura giapponese andrà perso. È l’incontro con uno sguardo che nasce da un fatto preciso: la presenza di Cristo nella storia. L’unica presenza a cui è possibile offrire la vita persino nel deserto dell’atomica dove tutto sembra annichilire, i suoi amici, gli allievi, gli affetti della vita compresa l’amata Midori che muore pregando carbonizzata. Ma le ceneri dell’atomica non sono l’ultima parola sull’uomo. Così in una Nagasaki ormai rasa al suolo, Nagai comincia il suo percorso di povertà materiale e di spirito immedesimandosi e aggrappandosi a quella presenza incrollabile che gli ha cambiato la vita. Un cammino di sofferenza e rinascita che porta il medico giapponese a riprendere in mano il gusto del vivere e l’ardore di ricostruire quella città il cui nome, insieme ad Hiroshima, è destinato a richiamare ancora oggi la devastazione nucleare.
Quella di Nagai è una storia che parla al cuore di ogni uomo e di cui – specialmente in tempi come questi -abbiamo più che mai estremo bisogno di riascoltare. È la storia di un uomo- dell’uomo – che ha perso tutto, tranne la speranza. Una speranza che non nasce da un ottimismo senza ragioni, non utopica perché figlia immatura dei calcoli dell’uomo, ma che poggia tutta sulla certezza di una realtà presente. Speranza, parola antica che porta dentro la sua radice il significato di “tendere verso una meta”. Parola da sempre presente in fondo al petto di ogni uomo, a cui è dedicato l’Anno Santo che si è appena aperto che siamo chiamati a vivere e approfondire seguendo le incancellabili orme che lasciano storie come quella di Nagai. Orme che tendono verso una meta, che poggiano su “ciò che non muore mai”.