di Walter Cerreti*
Alla vigilia del Giubileo della speranza non possiamo non riflettere sul tema della pace. Tutti siamo coinvolti! Sono oltre1000 i giorni di conflitto in Ucraina con migliaia di vittime civili e militari. Siamo colpiti dalla crudezza della guerra in Terra Santa che semina centinaia di vittime tra i bambini dove, ne fa da corollario, lo stillicidio delle uccisioni degli israeliani ostaggi di Hamas dal tragico 7 ottobre 2023. Non possiamo dimenticare il Congo, il Sudan, il Sud Sudan e tanti altri paesi.
Oggi la “guerra a pezzetti”, denunciata da Papa Francesco, per la prima volta, il 18 agosto del 2014, in una conversazione con i giornalisti sull’aereo che lo portava a Roma da Seoul, presenta sempre più caratteri globali. Non si immagina più la pace! Non si parla più di pace! L’idea di pace sembra smarrita. Si parla di armi, di guerra. In alcuni paesi del nord Europa si è iniziato a organizzano esercitazioni per sopravvivere ad una eventuale escalation nucleare. Troppi assistono a questo doloroso processo anestetizzati, insensibili ai dolori dei tanti colpiti dalla guerra. In questo scenario triste, arriva il dono del Giubileo! Al cap 4 della “Spes non confundit” leggiamo: San Paolo è molto realista. Sa che la vita è fatta di gioie e di dolori, che l’amore viene messo alla prova quando aumentano le difficoltà e la speranza sembra crollare davanti alla sofferenza. Eppure scrive: «Ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza» (Rm 5,3-4). Per l’Apostolo, la tribolazione e la sofferenza sono le condizioni tipiche di quanti annunciano il Vangelo in contesti di incomprensione e di persecuzione (cfr. 2Cor 6,3-10). Ma in tali situazioni, attraverso il buio si scorge una luce.
Il Papa ci dice che il cristiano è realista ma non rassegnato! Le gioie e i dolori sono affrontati con le armi dell’amore che sono speranza e pazienza. Penso ai martiri, scuola di speranza e pazienza come la nostra Sant’Agata, venerata da oltre 1600 anni, così come padre Pino Puglisi nuovo martire del XXI secolo. Sono molti i testimoni di speranza e pazienza. Anche nei luoghi più terribili di sofferenza, come nei campi di concentramento, c’erano voci doloranti di speranza. Nella lettera del pastore evangelico Paul Schneider ai familiari, scritta nel lager nazista di Buchenwald e custodita presso la Basilica di San Bartolomeo all’Isola in Roma, leggiamo:Un compagno di detenzione ha così ricordato: “Nel Bunker in cui si trovavano le celle d’isolamento buio, conobbi il pastore Schneider; stava nella cella accanto alla mia. Tutte le mattine teneva per noi prigionieri una preghiera mattutina, e a causa di quella ogni volta veniva bastonato e torturato […]. La domenica di Pasqua improvvisamente udimmo le potenti parole: “Così dice il Signore: Io sono la risurrezione e la vita”. Le lunghe file dei prigionieri stavano sull’attenti, profondamente turbate dal coraggio e dall’energia di quella volontà indomita […]. Non poté mai pronunciare più che poche frasi. Poi sentivamo abbattersi su di lui i colpi di bastone delle guardie…”.Morì il 18 luglio 1939.
Nel tempo del Giubileo desideriamo avere l’ambizione di costruire una cultura di pace e riprenderne i nodi perché l’abbiamo smarrita. Il Vangelo delle beatitudini ( Mt 5, 1-12) ci indica una via! Gesù attraverso Matteo ci dice: sii povero di spirito; sii afflitto, mite, assetato di giustizia, misericordioso, puro di cuore e operatore di pace. Queste parole possono sembrare parola gridate nel deserto. Un’utopia? Mitezza, misericordia, pace, giustizia! Per il linguaggio pubblico e per la mentalità corrente sono illusioni. Le beatitudini non sono nemmeno prescrizioni, ma un incoraggiamento e quasi un grido di gioia. Ci chiediamo d’altronde a cosa hanno portato le ragioni forti e stringenti della guerra.
Ma anche: cosa possiamo fare noi personalmente e come Chiesa di Catania? Nelle nostre Comunità allora deve risuonare il Vangelo della pace che va comunicato. Il vescovo Luigi in tal senso ci incoraggia quando chiede che una preghiera dei fedeli domenicale deve essere per la pace, così come sarebbe bello organizzare una volta al mese, in ogni vicariato della diocesi, una preghiera per la pace come a voler disegnare una “geografia” diffusa di preghiera per la pace. La preghiera “assidua e concorde” ci consegnerà una gioia piena di speranza per un mondo diverso, per un mondo di pace.
*Comunità Sant’Egidio