di Marco Pappalardo
Proponiamo l’intervento di Marco Pappalardo (direttore dell’Ufficio di Pastorale scolastica dell’Arcidiocesi di Catania) al convegno su “La visita di Giovanni Paolo II a Catania trent’anni dopo (1994-2024)” che si è tenuto il 3 novembre scorso al Museo diocesano. Le parti dell’articolo tra virgolette sono tratte dall’intervento del giornalista Marco Damilano in occasione dell’Assemblea Diocesana con Papa Francesco a Roma del 25 ottobre 2024. Le parti in corsivo sono tratte dalle parole di San Giovanni Paolo II ai giovani riuniti nello stadio “Cibali” il 5 novembre 1994.
Carissime/i, «siamo qui stasera non solo per fare memoria, perché quella stagione si è chiusa da tempo. Siamo qui per rinnovare un impegno, perché in questo XXI secolo ormai inoltrato, alla vigilia del Giubileo, sentiamo la necessità di aprire una fase nuova, consapevoli che una città divisa non può reggere». Dinanzi ad una cultura quasi inerte, alla moralità spesso opaca, all’impegno per il bene comune che è sempre compito degli altri, siamo qui in attesa di giustizia e di un senso nuovo di comunità come cittadini e come credenti. «Al di là della retorica sul degrado, sull’immondizia, sul traffico, sulle strade», sull’inciviltà celebrata dai social, non dobbiamo perdere la fiducia nei giovani né permettere che qualcuno rubi loro la gioia di vivere, trasformandoli in cinici, rabbiosi, impauriti, in cerca di capri espiatori, disinteressati alla rappresentanza, pronti a lasciare la nostra terra.
Il messaggio di San Giovanni Paolo II ai giovani riuniti all’interno dello stadio è «un invito a rimettersi in piedi, tutti, e a ricominciare a camminare insieme con l’obiettivo di creare occasioni stabili di confronto e di collaborazione tra loro, in famiglia, nei luoghi di studio e di lavoro, nella Chiesa, con le istituzioni e le associazioni, con tutte le persone cui sta a cuore la propria città» o paese.
Se uno strappo c’è stato in questi decenni, siamo qua per ricucire, per un’alleanza educativa, per un riscatto possibile, per una rigenerazione. «Serviranno forme inedite, creative, di presenza nella società, di partecipazione democratica, di evangelizzazione e di promozione umana. Serviranno e alcune già esistono e sono da valorizzare, da raccontare: collaborazione tra movimenti, associazioni di territorio, giovani e studenti e istituzioni, Chiesa» e dialogo interreligioso.
«Accompagnare, offrire amicizia, mai spezzare, mai spegnere, è il segno più vero del discepolo di Gesù, di una Chiesa che non si ritiene fuori dalla storia e fuori dalla crisi, ma è dentro l’umanità, con le stesse inquietudini».
Mi permetto, dunque, di rileggere ed interpretare, alla luce di ciò i punti più salienti del Messaggio ai Giovani del 1994:
Giovani di Catania, alzatevi…non solo per rendere omaggio due volte l’anno alla Santa Patrona Agata con grande enfasi e tante contraddizioni, ma soprattutto perché Lei – che era una giovane cristiana qui prima di noi – ha riconosciuto Cristo con gli occhi della fede e può aiutare i giovani ad essere suoi testimoni per quanti oggi sono accecati dalla società dei consumi e dei social, dagli interessi economici non sempre leciti, dalla mentalità mafiosa, dalla competizione sfrenata, dallo scavalcare gli altri con ogni mezzo.
Giovani di Catania, alzatevi…perché rappresentate il presente e il futuro della Chiesa e della società in questa terra ricca di contrasti spesso drammatici, appena velati dietro la luminosa movida quotidiana, dai tanti centri commerciali, sotto gli ombrelli colorati sparsi qua e là e offuscati dal fumo della carne di cavallo.
Giovani di Catania, alzatevi…poiché voi siete come le ginestre che germinano sulla lava, segni visibili di una speranza che pulsa e, proprio perché pulsa, viene minacciata dalle precarie condizioni di vita nelle periferie dove poco è cambiato in 30 anni e nel centro che si svuota della vita reale per riempirsi di quella abbagliante ed effimera creata per i turisti.
Giovani di Catania, alzatevi…quando i vostri sogni si scontrano e infrangono dinanzi ad adulti che avrebbero dovuto fare tesoro delle parole del Papa accompagnandovi con speranza ed entusiasmo, anziché crescervi tra le loro/nostre insicurezze e frustrazioni, riempiendovi di ansia, di cose da fare di pomeriggio e di alte aspettative senza possibilità di insuccesso.
Giovani di Catania, alzatevi…e reagite nei confronti di chi ha interesse a farvi vivere con superficialità, alla giornata, a seconda di dove soffia il vento di certe promesse della politica partitica, oppure in mezzo al mare dei compromessi dei potenti per mantenere lo status quo o anche immersi nel senso di vuoto che viene dalla cultura(scuola, università, mondo del teatro, della musica, della comunicazione) da cui invece c’è bisogno di essere provocati.
Giovani di Catania, alzatevi…e riscoprite il tesoro nascosto nel patrimonio ereditato dai vostri antenati cristiani, coltivando la memoria non per perdersi nella nostalgia di come eravamo e de “ai miei tempi” – per questo bastiamo noi adulti con i nostri revival in piazza e sui social degli anni Ottanta e Novanta – bensì per garantire il futuro e un territorio vivibile, magari – perché no – non sempre agli ultimi posti delle classifiche.
Giovani di Catania, alzatevi…e pensate, cercate il confronto tra voi e con gli adulti, raccontate on line, sbracciatevi le maniche, per limitare la diffusione della droga che non è mai leggera e la sete di alcolici trai coetanei, per denunciare l’odio razziale e di genere, per arginare e ridurre la dispersione scolastica come anche la “fuga dei cervelli”, per dire no alla mafia e al “si è fatto sempre così” di chi vuol che tutto resti com’è per un tornaconto personale.
Giovani di Catania, alzatevi…soprattutto i cristiani e i credenti; San Giovanni Paolo II ci ha indicato un tesoro da cui estrarre due gioielli che non si possono comprare ma solo ereditare. Il primo è la preghiera, frutto della concezione dell’essere religioso e dialogante, che può incidere fortemente sulla vita sociale, sorgente di umanizzazione e liberazione contro la legge della forza e della sopraffazione. Il secondo gioiello – eredità delle nostre origini greche – è il senso del destino che non incombe come il mostro del “chi nasce tondo non può morire quadrato” e neanche del “comu voli Dio” detto con la tipica catanese cantalenante rassegnazione. Affrontare questo mostro ci dà dignità, la più alta, a partire dal porsi gli interrogativi più profondi sulla vita e sulla libertà, per scoprire in Gesù – accolto e seguito con docilità – il senso e il progetto dell’esistenza.
Giovani di Catania, alzatevi…sì, ancora voi battezzati, devoti di Sant’Agata, frequentanti parrocchie, oratori, associazioni, movimenti ecclesiali. Non cedete alla tentazione della comoda sacrestia, non imitate il chiacchiericcio antievangelico degli adulti, non chiudetevi nella sicurezza dei vostri gruppi di catechesi e cammini di fede, non lasciate che i sacramenti dell’iniziazione cristiana siano il funerale della vostra appartenenza alla Chiesa, non cedete al giudizio facile contro tutto e tutti. Al contrario rispondete “sì” a quel destino che si chiama “vocazione”, lo stesso per cui Sant’Agata ha dato la vita non con azioni sovraumane, bensì essendo diversa dentro, nel cuore, e da qui il riflesso all’esterno nel suo modo di parlare e comportarsi in ogni situazione quotidiana. Quando le nuove generazioni portano questi frutti, la corruzione è vinta, la violenza è vinta, la mafia è vinta; quando il destino diventa destinazione si realizza la civiltà dell’amore.