di Claudio Sammartino*
Il 4 novembre 1994 nella splendida cornice di piazza Duomo,Giovanni Paolo II, con il suo accorato discorso ai cittadini catanesi e alle Autorità, toccava uno dei temi cruciali della vita di ogni cristiano e di ogni cittadino: la partecipazione personale o associata alle dinamiche e ai problemi della Città e alla costruzione della convivenza sociale.
In quell’occasione, il Papa non richiamava i catanesi ma li incoraggiava: “state in piedi, concittadini della martire Agata”, diceva con il vigore che gli era proprio, “sappiate vincere il male con il bene!”.
Wojtyla sembrava ben conoscere il carattere generoso ed indomito degli abitanti etnei, la loro intraprendenza e capacità di rialzarsi e di trovare spiragli di positive soluzioni ai problemi, sempre. Catania per 5 volte è stata distrutta dagli eventi naturali, dalla lava e dal terremoto, e altrettante volte è stata ricostruita.
Tutto ciò è scolpito nella pietra lavica della Porta Ferdinandea del Capoluogo etneo: melior de cinere surgo, recita il motto della fenice che rinasce dalle sue ceneri.
Il Papa riconosceva che era presente la “umiliazione di essere additati come abitanti di una Città degradata e violenta, dominata dalla criminalità, rassegnata e resa invivibile”: la Catania di quel periodo era la Città degli oltre 100 morti ammazzati ogni anno, qualche tempo dopo gli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino e delle loro scorte, con un tasso di disoccupazione che sfiorava il 30% e che registrava oltre 150.000 senza lavoro (G. Grieco, Osservatore romano, 4-5 novembre 1994).
Purtuttavia Wojtyla registrava e valorizzava i “forti segnali di risveglio e di riscatto (che) da tante parti si manifestano” a Catania.Proprio in forza di questo affermava: “siete ben decisi a dar nuovo impulso ai mutamenti morali e sociali, che appaiono sempre più necessari e indilazionabili”.
Dopo 30 anni, sono ancora attuali queste parole di Giovanni Paolo II che sanno di profezia?
Più volte, soprattutto nei momenti più importanti della vita cittadina, cioè durante le celebrazioni agatine, Monsignor Renna ha ripreso, con acume, coraggio e determinazione, questi temi ‘profetici’ del necessario cambiamento sociale e del contributo di ogni ‘cittadino’ a tale opera di rinnovamento.
Nord/Sud: una disuguaglianza di fatto nei diritti di cittadinanza
La Città è, invero, collocata in un contesto, quello meridionale, che fa registrare, non da ora e ancor oggi, significative criticità e ‘ferite’, alcune, peraltro, storicamente risalenti nel tempo nonché svantaggi e divari territoriali che continuano a condizionare la convivenza sociale e lo sviluppo economico e civile.
“Da decenni il PIL pro capite nelle regioni meridionali è poco più della metà di quello del Centro Nord” (F. Panetta, Eppur si muove: l’economia del Mezzogiorno dopo la crisi,intervento del 19 settembre 2024 a Catania).
Pertanto, “un divario di sviluppo così ampio e persistente relativo ad un’area tanto estesa rappresenta un primato negativo tra le economie avanzate”.
Da autorevoli osservatori viene ritenuto che, in tal modo, si è realizzata una disuguaglianza di fatto nei diritti di cittadinanza per la popolazione del Sud e che, d’altra parte, viene frenata la crescita del Paese.
Altri dati non sono confortanti: la fragilità e l’insufficienza della rete infrastrutturale dei trasporti e della mobilità, l’inadeguatezza delle reti idriche ed elettriche, le carenze del sistema scolastico, le povertà, vecchie e nuove, la precarietà dei servizi pubblici e dell’assistenza sociale pubblica ed altro ancora, purtroppo.
La rete delle infrastrutture, che ha tempi “di percorrenza stradale e ferroviaria particolarmente lunghi (…), limita l’accesso ai servizi portuali e aeroportuali”. Si tratta di significative fragilità che assumono determinante e inesorabile rilievo in caso di eventi calamitosi e/o imprevisti, come accaduto nell’estate del 2023 in occasione dell’incendio di una esigua parte dello scalo etneo.
In diverse aree meridionali è palese la vetustà e l’inadeguatezza delle reti idrica ed elettrica. Mentre “in molte province meridionali oltre la metà dell’acqua viene dispersa prima di raggiungere l’utente finale” (a Catania tale quantità è stata rilevata pari al 40,5%).
Secondo il Rapporto Ecosistema Urbano, curato da Legambiente e da Il Sole24ore, il Capoluogo etneo si colloca all’ultimo posto della classifica sulla qualità dell’ambiente urbano.
Non va, inoltre, trascurato che la crisi finanziaria dei primi anni del secolo ha provocato nel Mezzogiorno una contrazione del PIL dal 2007 al 2019 “di ben 10 punti percentuali a fronte di 2 del resto del Paese”.
Nondimeno,“nel periodo successivo alla pandemia il Mezzogiorno ha invece conseguito risultati migliori di quelli dell’intera economia italiana (F. Panetta, ivi).
La lezione di Wojtyla sulle potenzialità di sviluppo del Mezzogiorno
Questa circostanza, assieme ad altri indizi di possibile miglioramento della situazione economica e, quindi, anche sociale, “denota l’esistenza di un potenziale di sviluppo del Mezzogiorno che può essere liberato con politiche appropriate” e non solo, perciò, con interventi assistenziali o con mere azioni redistributive.
Ma la determinazione e la decisione di avviare i “mutamenti morali e sociali che appaiono sempre più necessari e indilazionabili” per la società catanese, rilevati da Papa Giovanni Paolo II in quei giorni del 1994, sono ancora attuali? Queste parole e il suo incoraggiamento a non lasciare spazio alla “pusillanimità” o all’ “inerzia” sono validi anche oggi?
Wojtyla dimostrava di conoscere bene qual è il vero motore del cambiamento della Città: le persone e le organizzazioni sociali non solo cattoliche.
Il cambiamento e la crescita sociale e civile sono compiuti soprattutto dalle persone, dalle famiglie, dalle imprese, dagli organismi e dai corpi sociali intermedi (senza escludere i partiti, i sindacati, le organizzazioni economiche, produttive e di categoria) con i quali le Istituzioni, soprattutto politiche e rappresentative (alle quali, ovviamente, fa capo un ampio spettro di responsabilità, di competenze e di interventi), devono interagire e collaborare nell’ottica operativa della sussidiarietà prevista dalla Costituzione.
Ai “cristiani della Città etnea” si rivolgeva, infatti, Wojtyla, e precisava subito dopo che “il pensiero si allarga all’intera vostra Comunità cittadina che sperimenta il difficile e faticoso cammino della crescita morale e sociale, desiderosa di trovare una nuova autonomia”.
Sono necessarie, continua, “saggezza e coraggio per proseguire e rafforzare l’impegno per la giustizia che già avete intrapreso con decisione”.
Parole colorate di un’attualità impressionante!
Questo messaggio non è rimasto inascoltato ma è stato raccolto ed ha guidato l’azione nella Città e nell’ambito metropolitano non solo dei cristiani e delle organizzazioni cattoliche ma anche di tante persone e gruppi di volontariato di varia ispirazione.
Una rete sociale che si prende cura dei poveri
E’stata testimoniata, negli anni che sono seguiti alla visita papale, la costanza e l’efficacia di una rete sociale che si è presa cura dei poveri e delle povertà, economiche ed educative, dei bisogni dei giovani, degli anziani, dei malati, degli abbandonati, delle donne vittime di violenza, degli immigrati.
Su questa rete sociale,curata da cattolici e non,silenziosa ma efficacemente attiva, si può continuare a fare affidamento sotto l’Etna.
Se la Città e il territorio in questi anni hanno ‘tenuto’, nonostante le severe crisi e le significative, ricorrenti criticità sociali, occupazionali ed economiche, ciò si deve anche all’impegno di chi, con discrezione e realismo, si è ‘sporcato le mani’ nel contribuire ad affrontare e, se possibile, a risolvere i problemi e, talora, i drammi personali e familiari di tanti catanesi, cioè ad occuparsi non del proprio bene ma di quello di altri.
Molti volontari, gruppi ed organismi sociali etnei hanno dato personale testimonianza, nei quartieri e nelle strade di questi territori, del cambiamento concreto ispirato alle parole di un grande uomo politico, Giorgio La Pira: “Amate la vostra Città come si ama la casa comune destinata a noi e ai nostri figli. Custoditene le piazze, i quartieri, le strade, le scuole… Fate soprattutto di essa lo strumento efficace della vostra vita associata”.
Le associazioni, gli organismi sociali, i gruppi di volontariato, il Terzo settore sono indispensabili per la democrazia, come sosteneva A. de Tocqueville: senza corpi intermedi non esiste possibilità di rifondare la politica (Cfr. F. Bassanini, T. Treu, G. Vittadini, a cura di, Comunità intermedie, occasione per la politica, il Mulino, Bologna, 2024).
Il passo nuovo richiesto oggi
Ma, forse, oggi sono maturi i tempi per cui non ci si può limitare solo a “curare gli effetti” (derivanti da ingiustizia, povertà, insufficiente sviluppo, dai divari territoriali ed altro) “in una società afona e dove troppi non hanno voce”, come incisivamente ha detto di recente Francesco a Trieste durante la Settimana sociale dei cattolici in Italia. Forse è arrivato il tempo di “cercare di affrontare le cause”dei problemi della nostra società non solo di mitigarne o contenerne gli effetti.
A questo, continua Francesco “è chiamata tutta la comunità cristiana”. “Questo è l’amore politico…E’una forma di carità che permette alla politica di essere all’altezza delle sue responsabilità”.
Questa sollecitazione di Francesco, ripetuta per ultimo a Trieste, in continuità con l’esortazione di Giovanni Paolo II, ancor di più oggi interroga e sfida tutti noi ed illumina e guida la nostra azione di laici cattolici in questo Paese.
*coordinatore del “Cantiere per Catania”