«Che grande carità fu lo sguardo carico di simpatia per la comunità di Catania e la sua proposta di una “concezione dell’uomo come essere religioso e dialogante”. Perché si può davvero dialogare con gli uomini se si sanno interpretare gli interrogativi e le attese profonde che ne premono il cuore»…

Attorno a queste parole si sviluppa l’omelia di monsignor Giuseppe Baturi – arcivescovo di Cagliari e Segretario della CEI – durante la messa celebrata in Cattedrale, in occasione dei trent’anni dalla visita di Giovanni Paolo II a Catania. Monsignor Baturi, invitato dall’arcivescovo Renna a presiedere la celebrazione (in cui erano presenti anche monsignor Salvatore Gristina, un centinaio di sacerdoti della diocesi, i seminaristi, le autorità e un popolo di fedeli), è stato testimone oculare di quei giorni, il 4 e il 5 novembre 1994, in cui – come ha detto monsignor Renna – «un Santo è stato in mezzo a noi».

«Il Papa veniva a dirci le ragioni per essere felici»

«Colpisce – continua Baturi – che San Giovanni Paolo II leghi sempre, nei suoi discorsi, la vita e la missione della Chiesa al cammino della comunità degli uomini. Egli parla alla città della vita ecclesiale e parla alla comunità ecclesiale della città, quasi volendo promuovere l’intimo dialogo. Della città avvertiva il difficile e faticoso cammino, i segni di speranza ma anche quell’esperienza di sopraffazione e degrado che esigeva da parte di tutti una grande responsabilità, capace di riscattare ogni pusillanimità e rassegnazione. Alcune espressioni restano scolpite nella memoria profonda: “A tutti dico: state in piedi, concittadini della martire Agata, sappiate vincere il male con il bene! Colui che ha sconfitto il peccato e la morte è con voi!” Non solo si deve resistere al male, ma il Risorto può donare la vita felice».

E aggiunge: «Il Papa veniva a dirci le ragioni per esser felici, la ricchezza che giustifica la nostra gioia e gratitudine. Sei ricca, Catania. Che grande carità fu quello sguardo carico di simpatia per la nostra comunità».

«Giovanni Paolo II ricordava la «concezione dell’uomo come essere religioso e dialogante» (Discorso ai giovani). Sappiamo davvero dialogare con gli uomini se sapremo interpretare gli interrogativi e le attese profonde che ne premono il cuore. D’altra parte, per scorgere Dio nella città occorre saperne leggere la domanda che è nel cuore di ogni uomo, nella ricerca di un perdono, della giustizia, di un “per sempre” che possa renderci felici e pacificati».

La speranza cristiana sempre più grande di ogni possibilità di male

«La speranza cristiana – continua il segretario della CEI – è sempre più grande di ogni possibilità di male, unisce gli uomini e pone segni di misericordia, l’unica energia capace di trasfigurare l’esistenza in una vocazione. Giovanni Paolo II diceva infatti ai giovani che il sentimento della speranza è connesso alla certezza della vocazione: “sappiate scoprire che il vostro destino è una vocazione, e che questa vocazione ha un nome ed un volto: Gesù”. Il destino è una vocazione, la chiamata ad un compito. Gesù ci chiama».

La testimonianza dei santi

Monsignor Baturi fa spesso riferimento anche al discorso che il Papa santo fece ai giovani in un gremito stadio Cibali. Ma tante volte, in quell’occasione, «Giovanni Paolo II ha citato i nostri santi: “Penso al Padre Allegra, un figlio della vostra terra, che tanto efficacemente ha contribuito al progresso del dialogo fra Cristo e la Cina. Penso al venerabile Capizzi e a San Nicola Politi. Penso anche a Don Giuseppe Puglisi, coraggioso testimone della verità del Vangelo. Alle figure femminili, traboccanti di doni dello Spirito, di Lucia Mangano e Giuseppina Faro: in loro il dialogo d’amore del Signore con la sua Chiesa ha toccato vertici di commovente bellezza”. Naturalmente, madre Morano e Agata.

Siamo la città di Agata, la Chiesa di Agata, che continua a sussurrare il suo segreto: “Se domandiamo alla vostra giovanissima Patrona: Spiegaci, come hai potuto, all’età di circa quattordici anni, essere già così forte nel testimoniare Gesù, così matura da avere l’onore di dare la vita per lui, Lei ci risponde: “Non è merito mio se sono stata buona. È stato Gesù a farmi buona, è Lui il segreto del mio nome e della mia vita. Io sono stata semplicemente come un tralcio attaccato alla vite”. Ecco: questo è il segreto di Agata e di tanti come lei».

«Il segreto vero dell’annuncio del Papa è Cristo Risorto»

«Il segreto vero dell’annuncio del Papa è Cristo Risorto, ragione della nostra speranza, forza e fecondità della vita nostra e delle nostre comunità. Cari fratelli e amici, per tornare alla precedente citazione di Sant’Agostino, noi siamo strumenti provvisori che ricordano fatti passati, ma sempre e totalmente impegnati da Dio per una costruzione che non passa, per l’edificazione di un edificio che è casa e scuola di fede, di speranza e carità, quella che, appunto, non può mai finire. L’amore che ci vede riuniti oggi scrive sempre parole definitive, sull’esempio di Cristo, il nostro buon pastore».

Foto: Giovanni Crisafulli e Roberto Inguanti

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