“La pietà verso i nostri defunti ci porta nei cimiteri per pregare, per deporre un fiore, per ricordare il bene che i nostri cari ci hanno fatto. Nello stesso giorno visitiamo i cimiteri di guerra, così numerosi in un territorio come il nostro, che è stato teatro di combattimenti nel secondo conflitto mondiale, per onorare i soldati che hanno combattuto per la libertà del loro Paese”. Comincia così l’omelia pronunciata ieri dall’arcivescovo metropolita di Catania, monsignor Luigi Renna, nella Commemorazione dei defunti al Cimitero di Catania.  “Oggi mi perdonerete – ha proseguito l’arcivescovo – se vado oltre la pace del nostro cimitero, delle sue cappelle monumentali, dei viali alberati; chiedo venia se volgo lo sguardo oltre le bianche croci dei cimiteri di guerra, da dove sale il monito a saper difendere i valori che altri hanno conquistato per noi a prezzo della vita. La storia della prima morte che la Sacra Scrittura narra non è quella serena dei patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe, ma quella di un fratello ucciso per mano di suo fratello: l’omicidio di Abele”. Monsignor Renna ha ripreso il commento che di quel brano della Genesi ha fatto don Tonino Bello: “Ciò che è tremendo in questo versetto della Bibbia è la descrizione scarna, spoglia, della morte primordiale, della morte violenta. L’autore ha dato all’atto nefando l’unica espressione che fosse adatta: quella della rapidità. In una parola è descritta la prima morte dell’umanità, che è una morte violenta. Ogni omicidio è un fratricidio”.

Piangiamo i morti delle guerre e le vittime di femminicidio

“Anche quello che avviene tra uomini di nazionalità e culture diverse – ha sostenuto l’arcivescovo di Catania – è pur sempre un fratricidio, perché la nostra umanità è superiore ad ogni tipo di appartenenza. Piangiamo quanti sono morti nella prigionia dei tunnel di Hamas; piangiamo le vittime dei bombardamenti su Gaza, i soldati russi e ucraini, quelli di ognuna delle guerre che continuano nel mondo. Piangiamo le donne, vittime di femminicidio, che ci pongono davanti ad un fatto inedito, ma che ha lo stesso tenore del primo fratricidio: uccidere la persona a cui si diceva di voler bene, confondendo l’amore con il possesso e il controllo, in una forma che è la contraddizione  in termini dell’amore. Quest’ultimo è un sentimento nobile che nasce da un cuore libero, ed è fatto di predilezione e di fedeltà, ma anche dell’ esigenza di sentirsi stimato e rispettato dal proprio partner, senza ombra alcuna di violenza. A Caino Dio domandò: “Dov’è tuo fratello?”. L’omicida non seppe rispondere subito con sincerità, ma poi crollò come tanti omicidi che ammettono, tardivamente, il loro delitto”.

“Pensiamo a coloro che sono periti di morte violenta”

Monsignor Renna ha poi invitato i presenti a pensare a tutti coloro che sono periti in modo violento. “Mentre la nostra pietà ripensa a questi defunti, la Parola di Dio ci raggiunge e ci riporta ad un’unica parola di consolazione, con la profezia di Isaia (cf Is 25, 6.7-9). È una parola di consolazione, non consolatoria, ossia fa una promessa che chiede la nostra collaborazione per realizzarsi: ‘Il Signore degli eserciti preparerà su questo monte – è il monte Sion dove sorge la città di Gerusalemme -, un banchetto per tutti i popoli. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli… Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime in ogni volto’. Cosa è questo velo che copre il volto dei popoli? È quello che impedisce di guardare oltre la razza e la religione, al di là degli interessi economici e politici, e non fa scorgere un volto uguale al mio, degli occhi che rispecchiano il mio stesso volto”. “Solo quando si toglierà questo velo – ha spiegato l’arcivescovo – la morte sarà eliminata per sempre, perché si cercherà una sola strada, quella della giustizia, per la quale all’altro viene riconosciuto ciò che è suo in quanto essere umano. Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, ma lo farà attraverso coloro che si lasceranno persuadere che dietro quel velo c’è Dio stesso e ogni mano alzata contro l’altro un sacrilegio”.

“Oggi preghiamo – ha concluso l’arcivescovo – per chi è morto nelle guerre per le donne e i bambini che sono rimasti stralunati davanti alla violenza cieca di chi un giorno aveva detto loro: ‘Ti voglio bene’, e impegniamoci a vigilare su noi stessi. Prendiamoci cura di chi non ha che noi per asciugare lacrime antiche e nuove: da qui dipende il nostro rapporto con l’eternità; educhiamo il cuore a prendersi cura dell’altro e non a sopraffarlo. Crediamo che Dio userà misericordia; come anche che giudicherà il male per condannarlo davanti ad un tribunale che non ammette appelli; che donerà vita e consolazione a chi non le ha mai avute. Ma educhiamo anche il nostro cuore al rispetto, all’amore che libera, a saper accettare anche le sconfitte senza  usare violenza”.

Sammy Basso, un cristiano come noi

Infine, monsignor Renna ha richiamato il testamento di Sammy Basso, “un cristiano come noi, che si è lasciato illuminare dalla fede nonostante una malattia rara ed inesorabile, la progeria”. Tra le altre cose, Sammy nel suo testamento consiglia di vivere guardando all’eternità nel rispetto dell’altro. Queste alcune delle sue parole: “La gloria personale, la grandezza, la fama, altro non sono che una cosa passeggera. L’amore che si crea nella vita invece è eterno, poiché Dio solo è eterno, e l’amore ci viene da Dio. Se c’è una cosa di cui mi non mi sono mai pentito, è quello di avere amato tante persone nella mia vita, e tanto. Eppur troppo poco. Chi mi conosce sa bene che non sono un tipo a cui piaccia dare consigli, ma questa è la mia ultima occasione…perciò ve ne prego amici miei, amate chi vi sta attorno, non dimenticatevi che i nostri compagni di viaggio non sono mai il mezzo ma il fine. Il mondo è buono se sappiamo dove guardare!”

“Abbiamo bisogno tutti – ha commentato monsignor Renna –  di scrivere testamenti così, che ci preparino ad incontrare Dio nel mistero della morte e che lascino dietro di noi una scia di luce”.

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