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Un caffè con Marco Ascione, caporedattore del “Corriere della Sera”

«Un giornalista è un artigiano: fare questo mestiere è come produrre un paio di scarpe su misura». Descrive e interpreta in questo modo il suo lavoro Marco Ascione, capo della redazione politica del “Corriere della Sera” raccontandosi, seduto al tavolo di un bar catanese, a un gruppo di giovani ex allievi del corso di “Storia e tecnica del giornalismo” – era presente anche chi scrive – dell’Università di Catania. Giovani che vorrebbero intraprendere la stessa strada, disposti ad ascoltare esperti del settore per carpire aneddoti e “trucchi” del mestiere.

Ascione si racconta, mentre gusta una granita con la brioche (il caffè lo fanno anche a Milano, dove lavora), descrivendo le varie tappe della sua esperienza: «Sono bolognese di nascita. Ho lavorato per diversi anni al “Resto del Carlino” e ho iniziato in un periodo in cui comparivano le prime Scuole di giornalismo. Prima di buttarmi totalmente in questo mestiere mi sono laureato in Giurisprudenza, perché pensavo – spiega – che se non mi avessero assunto a titolo definitivo (e poteva succedere allora come oggi) avrei avuto altre possibilità lavorative».

Appena diplomato, Ascione inizia a lavorare per “Il Resto del Carlino” come corrispondente da vari paesi del territorio bolognese, ma ben presto si sposta in varie città che ha imparato a conoscere per via del suo lavoro: «Ravenna, Ancona, Bologna, Ferrara… sono stato ovunque. Inizialmente mi occupavo di cronaca giudiziaria e nera – campi dove il rischio di incappare in incidenti giudiziari è molto alto -, poi sono passato alla redazione politica del “Quotidiano Nazionale”, ed infine al Corriere, dove ormai lavoro da diversi anni».

«Attitudine e carattere, in questo mestiere, sono capacità importanti»

Terminato il racconto “personale”, subito la risposta alla domanda più gettonata: «Cosa consigli ad un giovane che vorrebbe fare questo lavoro?»
«Dico sempre una cosa: sebbene adesso si arrivi dall’Università o da vari corsi e master di Giornalismo (io ne tengo diversi), resta vero il fatto che un vero giornalista si misura solo sul campo. Spesso i ragazzi che arrivano in redazione non passano dalla cronaca e vogliono già confezionare i fondi e gli editoriali. Bisogna aver fatto un po’ di strada, saper fronteggiare situazioni delicate – come un delitto o una vicenda giudiziaria – con strumenti giusti in tempi brevi. Serve maturare una certa empatia e – continua – c’è la necessità di capire esattamente ciò che si vuole fare: mi interessa raccontare ciò che succede in strada? Mi interessa sporcarmi le mani? Attitudine e carattere, in questo mestiere, sono capacità importanti».

«L’informazione non è mai stata così viva. Oggi conta molto l’affidabilità del brand»

Gli è stata posta un’altra domanda interessante: «Oggi i giornali puntano molto all’online, ma si potrebbe fare ancora di più. Come?» «Oggi, giustamente, si guarda all’online. Il sentore comune è che l’informazione sia in crisi: io dico che non è mai stata così viva, soprattutto grazie al mezzo che è cambiato. Il web ti consente di raggiungere un pubblico prima impensabile; gli stessi lettori che prima erano sul cartaceo stanno passando al web. Non si sono mai avuti certi numeri di lettori come negli ultimi anni, e chi non sarà capace di questa transizione è destinato a chiudere, prima o poi». Ci sono anche i social, in cui le informazioni circolano a velocità impressionanti. 

«Ma il problema – spiega Ascione – è chi fornisce l’informazione: a causa dei social tutti possono fornire informazioni, e spesso si tratta di fake news. Quindi, ad assumere un valore importante, è l’affidabilità del brand (in questo caso una testata giornalistica), i cui dipendenti sono pagati per informare. È il loro mestiere».

Gli studenti: «L’incontro con Marco è stato piacevole, illuminante e soprattutto sincero»

L’incontro con Marco Ascione ha suscitato varie reazioni nei presenti: «È stato interessante per comprendere il modo in cui cresce un giornalista – dice Andrea -; parliamo del caporedattore della sezione politica del “Corriere della Sera”, per questo la sua testimonianza è stata estremamente valida per noi ragazzi. Nel raccontarci la sua storia – continua – trasmetteva una grande passione per il suo lavoro. È una persona molto competente ed informata, si è mostrato aperto ad ogni tipo di domanda spaziando dal giornalismo “tradizionale” a quello più “moderno”».

«Si è raccontato a noi con una semplicità e umiltà che mi hanno davvero colpita», afferma Paola. E Gaetano, che si accoda, aggiunge: «Una bellissima esperienza che mi ha permesso di comprendere ancora meglio il mestiere del giornalista». Infine, Francesca: «È stata un’opportunità unica per discutere della carriera giornalistica e non solo. Marco ha condiviso molte delle sue esperienze e delle sfide che ha affrontato nel corso degli anni, offrendoci preziosi consigli. È stato un incontro piacevole, illuminante e soprattutto sincero».

Foto: Danilo Bilardi

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