Ritrovarsi ad Assisi da ogni parte della Sicilia per donare quell’olio che arderà per tutto l’anno sulla tomba di Francesco è stata per me una piacevole ripetizione. Anche nel 2003 ero in quel luogo dello Spirito nel quale nacque al mondo un sole. “Non dica Ascesi, ché direbbe corto,

ma Oriente, se proprio dir vuole”, ricorda Dante nel Canto XI del Paradiso, utilizzando il toponimo antico della città umbra e volendo con ciò quasi indicare la vocazione particolare alla quale essa è destinata. Questo suo particolare tratto mi fu chiaro sin dalla mia prima visita ad Assisi quando ero ancora poco più che adolescente. Quella città mi parlava di Dio, mi avvolgeva con il suo fascino evangelico e, confesso, ha cambiato la mia vita. Perciò arrivare ad Assisi è sempre per me un tornare a casa: sai che c’è qualcuno che ti aspetta e ha preparato per te ogni cosa.

Come nel 2003,dopo 21 anni, ritornare con presbiteri, religiosi e religiose, vescovi e arcivescovi, autorità regionali e municipali, fedeli provenienti da ogni parte della nostra isola e accorsi per incontrare quel mirabile uomo di Assisi, dà conferma ancora una volta di quanto Francesco continui ad illuminare con la sua testimonianza di vita anche la nostra terra complicata e il nostro difficile tempo. Gli otto secoli che ci separano dallo sconvolgente percorso esistenziale del figlio di Pietro Bernardone sembrano svanire dinanzi alla freschezza e concretezza della sua testimonianza di vita. «… siamo dinanzi alle spoglie di un uomo con un vissuto che lo rende eccellente testimone e profeta che indica la sicura via della pace. Forse potremmo arrischiare di dire che non riusciamo nell’odierna convivenza sociale ad accogliere il migrante, a frenare la violenza, a curare i deboli e i poveri, a espungere il malaffare proprio perché non riusciamo a raggiungere la sorgente dei valori, cioè il perdono e la riconciliazione, l’umiltà e la mitezza». Con queste parole mons. Antonino Raspanti, durante l’omelia del 4 ottobre nella Basilica Superiore, ha ricordato a tutti che la chiave per uscire dal guado in cui il mondo si trova è vivere la fraternità.

Nella Leggenda dei tre Compagni Francesco dice ai suoi frati: “La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori. Non provocate nessuno all’ira o allo scandalo, ma tutti siano attirati alla pace, alla bontà, alla concordia dalla vostra mitezza. Questa è la nostra vocazione: curare le ferite, fasciare le fratture, richiamare gli smarriti.”(FF1469)

Una testimonianza di straordinaria attualità

E’ un programma di vita molto concreto che è sempre di straordinaria attualità e riguarda tutti. E forse è per questo che a Francesco continuano a guardare uomini e donne di ogni credo e latitudine. Continua a guardare a lui la Chiesa tutta e il Sommo Pontefice, il quale con il nome che ha scelto e con il suo magistero non cessa di fare continuamente riferimento alla spiritualità esemplare del Poverello.

E mi torna in mente quel celebre episodio dei Fioretti nel quale frate Masseo chiede: “perché a te tutto il mondo viene dirieto, e ogni persona pare che desideri di vederti e d’udirti e d’ubbidirti? Tu non se’ bello uomo del corpo, tu non se’ di grande scienza, tu non se’ nobile; onde dunque a te che tutto il mondo ti venga dietro?»(FF 1838). Mi piacque la risposta che parecchi anni fa dette Dario Fo durante un programma televisivo: Francesco – cito a memoria- rappresenta l’uomo che tutti vorremmo essere ma che non riusciamo a diventare.

I siciliani ad Assisi tra Francesco e Carlo Acutis

La permanenza dei siciliani ad Assisi è stata scandita dalle celebrazioni ufficiali previste dal Programma pensato dalla Conferenza episcopale siciliana, in particolare il 3 ottobre abbiamo ricordato il Transito di S. Francesco alla Porziuncola e il 4 ottobre, nel giorno della festa del Santo Patrono d’Italia, la solenne Concelebrazione nella Basilica Superiore. A questi e agli altri momenti hanno partecipato per la nostra Arcidiocesi un gruppo di giovani accompagnati da don Giuseppe Raciti e don Matteo Minissale, la sottoscritta insieme ad Elena Carbone per il Direttivo della CDAL, e le fraternità dell’Ordine Francescano Secolare del Santuario dell’Immacolata e della Parrocchia S. Luigi Gonzaga di Catania.

Presso il Santuario della Spogliazione abbiamo vissuto un bel momento – tutto nostro – di preghiera e confronto, guardando alla testimonianza di Carlo Acutis, presto santo, il quale in quel luogo riposa e che di Francesco era particolarmente devoto.

Una caratteristica avvicina,secondo me, le figure di questi due giovani santi: l’amore per l’Eucaristia. Carlo la definiva l’autostrada per il cielo, Francesco nella Ammonizione I scrive: “Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote.”(FF 144). Nella Lettera a tutto l’Ordine con parole da innamorato esclama: “Tutta l’umanità trepidi, I’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, si rende presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza e degnazione stupenda! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane!

Guardate, fratelli, I’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre.” (FF 221).

Che bello ascoltare i santi! E scoprire le meraviglie che il Signore ha operato in loro e opera sempre grazie a loro.

Non ci accada però quello che Francesco stesso nell’ Ammonizione VI temeva per sé e per i suoi: “Perciò è grande vergogna per noi, servi di Dio, che i santi hanno compiuto le opere e noi vogliamo ricevere gloria e onore con il solo raccontarle.”(FF 155).

Credo che l’esperienza vissuta ad Assisi dalla delegazione della nostra Arcidiocesi ci abbia in fondo ricordato una cosa semplice e fondamentale: nella sequela di Cristo, povero e crocifisso, dobbiamo saper fare la nostra parte con originalità e non da fotocopie.

Assisi dunque si conferma Ascesi, scrigno di santi, capace di raccontare attraverso Francesco e i suoi primi compagni, Chiara e le sue sorelle povere, Carlo e la sua breve beata esistenza come opera lo Spirito quando è accolto dalle anime semplici.

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