Il mese scorso, Catania ha vissuto un evento di particolare rilevanza: la visita del Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, che nel Palazzo di Città, dinanzi al Sindaco e a rappresentanti del mondo economico ed accademico locale, ha tenuto una relazione dal titolo “Eppur si muove: l’economia del Mezzogiorno dopo la crisi”. La visita del Governatore –nell’ambito dell’iniziativa “In viaggio con la Banca d’Italia”, avviata lo scorso anno per instaurare un dialogo più diretto con i cittadini nei loro territori– ha concluso un ricco programma di eventi organizzati dalla filiale di Catania della Banca d’Italia, diretta dal dott. Gennaro Gigante. La scelta del Governatore di venire a Catania, città del Mezzogiorno con potenzialità di grande crescita nei prossimi anni, grazie agli ingenti investimenti pubblici e privati di aziende leader nei mercati internazionali dei semiconduttori e delle energie rinnovabili, è molto significativa, anche alla luce dei contenuti del suo intervento.  

A mente fredda, vale la pena riflettere su tre punti di quanto detto dal Governatore: il riconoscimento della attualità e della persistenza di una “questione meridionale” in Italia; l’individuazione di “indizi”, non ancora “prove”, per esortare a cogliere le opportunità date dall’attuale contesto nazionale e internazionale; il monito ad assumersi ciascuno le proprie responsabilità. 

La persistenza della questione meridionale 

Per quanto riguarda il primo aspetto, è ormai da anni che, quando si discute di “questione meridionale”, si ribatte che il Mezzogiorno non è un unicum ma esistono più Sud, e lo sviluppo è “a macchia di leopardo”. Alla questione meridionale, si preferisce talvolta contrapporre il divario tra aree urbane e aree interne che contraddistingue tutto il Paese, anche se nel Sud assume contorni più gravi. Tutto vero – si badi bene – ed è anche importante riconoscere la diversità delle traiettorie economiche dei territori e delle città del Sud, dove progresso tecnologico e arretratezza socioculturale sono spesso contigue. Questo riconoscimento è fondamentale per disegnare corrette politiche di intervento, basate sulle caratteristiche specifiche dei territori, e per allocare risorse lì dove sono effettivamente più necessarie per colmare divari presenti anche all’interno del Mezzogiorno. Sono noti i rischi che il generico criterio di attribuzione del 40% delle risorse del PNRR al Mezzogiorno, può generare: se le misure, come è avvenuto per alcuni servizi educativi (ad esempio, il servizio mense), non sono assegnate in base al reale fabbisogno, le risorse andranno alle aree del Mezzogiorno che sono già più attrezzate, accentuando ulteriormente i divari. Lo stesso Governatore, nel suo intervento, afferma che l’istituzione di un’unica Zona Economica Speciale per il Sud, risulterà veramente efficace nell’attrarre investimenti privati, solo se si terrà conto delle caratteristiche specifiche che possono rendere competitive le diverse aree.  

Tuttavia, la dinamica delle principali variabili macroeconomiche (Pil, occupazione), nonché di quelle demografiche (residenti e migranti) accomuna tutte le regioni del Sud e porta ad affermare che la “questione meridionale” esiste ancora. Dalla fine degli anni ’70 del Novecento, il processo di convergenza del PIL pro capite del Mezzogiorno nei confronti del Centro-Nord, avviato nel secondo dopoguerra con l’intervento straordinario, si è arrestato: il Pil del Mezzogiorno è pari oggi a poco più della metà di quello del Centro-Nord. Anche il divario nei tassi di occupazione permane significativo (circa 20 punti percentuali nel 2023, con un tasso di occupazione nel Mezzogiorno del 52,2, a fronte del 70,9 e del 74,6% nel Centro e nel Nord Italia); il divario è ancora maggiore per l’occupazione femminile che si attesta nel 2023 al 39,0 % nel Mezzogiorno a fronte del 62,0 e del 67,0 % nel Centro e nel Nord. Per non dire del persistere del calo demografico nel Mezzogiorno che, nel decennio 2014-23, ha registrato una perdita di 550.000 residenti per flussi migratori verso il Nord che hanno riguardato in prevalenza le generazioni più giovani e istruite. 

Cogliere le opportunità date dall’attuale contesto nazionale e internazionale 

Vero è, tuttavia,–e questo è il secondo elemento di riflessione nell’intervento catanese del Governatore Panetta– che la ripresa economica post-pandemia, alimentata da politiche fiscali espansive adottate a livello nazionale ed europeo, ha generato una serie di dati positivi e tassi di crescita del Pil maggiori nel Mezzogiorno che nel resto d’Italia (+3,7% rispetto al +3,3%nel periodo 2019-2023). 

Come interpretare questi “indizi”? Il Governatore invita giustamente alla cautela, perché una più forte ripresa nel Mezzogiorno può essere alimentata da fattori contingenti, come i finanziamenti del PNRR, e tutte le altre politiche di sostegno a famiglie e imprese adottate nel periodo della pandemia. D’altro lato, invita a cogliere a pieno le opportunità che possono offrire gli investimenti infrastrutturali del PNRR e il contesto geo-politico, in cui si vanno ridisegnando le catene del valore sulla base di una maggiore prossimità geografica e politica. All’urgenza di spendere i fondi PNRR per rispettare le scadenze previste, va privilegiata l’efficacia della spesa, creando infrastrutture materiali e immateriali che possano trasformare gli indizi in prove. Il Governatore Panetta ha persino avanzato la possibilità di “allungare i tempi dei progetti” al fine di migliorarne la realizzazione. L’importante è cogliere questa occasione, comparabile per dimensione all’intervento straordinario della Cassa del Mezzogiorno negli anni ‘50, senza commettere gli errori del passato, riconducibili non allo strumento usato ma al deteriorarsi della qualità delle istituzioni. 

Il vero ostacolo alla crescita del Sud 

Arriviamo così al terzo punto del messaggio: il monito su ciò che può rappresentare il vero ostacolo alla crescita del Sud. Oggi più che mai il problema non è la disponibilità di risorse ma la qualità delle istituzioni, la capacità decisionale dei nostri amministratori, da cui dipende la qualità dei servizi pubblici. Il fattore istituzionale, come afferma Daron Acemoglu, da pochi giorni insignito del Premio Nobel per l’Economia, fa la differenza nell’attivare processi di crescita duraturi: è in grado di attrarre investimenti e, al contempo, di trattenere le forze migliori, che vogliono affermarsi per il loro talento e non subire i vincoli imposti dal contesto locale. Per questo motivo, il monito del Governatore riguarda tutti noi e dovremmo tenerne conto, da cittadini e da elettori. 

*Università di Catania; GRInS 

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