di Salvatore Maria Calogero

Recentemente, dopo tanti anni, ho avuto modo di visitare l’anfiteatro di piazza Stesicoro (antica Porta di Aci) a Catania. Percorrendo il corridoio sotterraneo (primo ambulacro) mi sono chiesto se, nel costruire i palazzi settecenteschi sovrastanti,i proprietari avessero tenuto conto di quello che c’era sotto i loro edifici. La risposta mi è stata fornita da alcuni atti notarili conservati nell’archivio di Stato di Catania (3° versamento notarile, notaio Giuseppe Piparo). Si tratta delle relazioni redatte su richiesta del notaio Giacomo Maugeri Romeo riguardanti alcuni tratti dell’anfiteatro rinvenuti mentre si scavava per realizzare le fondazioni a sud del suo palazzo confinante a nord con la piazza, a est con via Neve, a ovest con via Manzoni, a sud con altra proprietà (fig. 1).

 Nella prima relazione, mastro Antonio Taormina «capo mastro delle fabriche di questa città di Catania» dichiarò quanto segue: «Portandomi sopra luogo nella casa grande di propria abitazione del dottore in legge don Giacomo Mauceri e Romeo situata nel gran piano chiamato di Porta di Aci, […], ho ritrovato che nella piccola parte di essa casa, pella parte di mezzogiorno e nell’interno, vi sono due profondi cavi (scavi) appunto fatti a spese del Mauceri per fabricare li fondamenti con sodezza in ristoro delle fabriche di detta piccola parte di case, ed ho osservato in uno di detti cavi di profondità di palmi ventisei (circa 3 metri) di comparire scoverto con detto cavo (scavo) una faccia d’un pezzo semplice e nudo di antico pelastroremasto delle antiche rovine che appena apparisce, posto al disotto un muro intermedio divisorio tra la casa del sudetto di Mauceri e la casa del dottore in medicina don Giuseppe Fallica, e nell’altro cavo di profondità di palmi trentadue (circa 4 metri) ho osservato essersi scoperto un altro pezzo di semplice e nudo pilastro antico, remasto dall’antiche rovine in poco distanza del primo, quali due vestigi di antiche fabriche, a tenore della mia perizia e cognizione ho per la lunga esperienza del mio impiego, riferisco di non meritare conservazione alcuna non essendovi in esse ne particolarità ne ammirazione, ne pregio alcuno, ma semplici relitti di rovine di antiche fabriche, per altro in qualche distanza della sudetta casa si ritrova al scoverto un braccio dell’antico anfiteatro in cui si osservonodelli diversi pelastri compiti e perfetti con suoi archi e volte, o siano dammusi, e sudetto braccio per essere compito e degno di conservazione fu cavato e lasciato in veduta dal fu illustre principe di Biscari nella strada publica del Santo Carcere di Sant’Agata senza aver dato molestia ed incommodo alcuno alle fabriche delle case vicine al medesimo ed alli abitanti. […]. In Catania oggi che corrono li 29 luglio 1787» (volume 2264, carte da 411 recto a 413 recto).

La seconda, redatta dal «mastro di fabriche e publico perito di questa città di Catania» Carmelo Pappalardo il 10 agosto 1787 (idem, da carta 415 recto a 417 recto), confermò quanto dichiarato da mastro Taormina. Una terza relazione, redatta dal sacerdote don Giovanni Marino «perito geometra publico di questa chiarissima e fidelissima città di Catania» il 25 luglio 1787 (Idem, da carta 419 recto a 421 recto), arrivò alle stesse conclusioni. Dalle suddette relazioni apprendiamo, fra l’altro, che lo scavo fatto eseguire dal principe di Biscari nella salita di Sant’Agata al Carcere, raffigurato nei disegni dei viaggiatori stranieri del Grand Tour (fig. 2), fu lasciato a vista e ricoperto solo nell’800 (fig. 3).

Altre due dichiarazioni sullo stato dei luoghi furono fornite da don Giuseppe Licciardello di Viagrande il 4 agosto 1787 (Idem, da carta 423 recto a 424 verso) e dal sacerdote don Pietro Francalanza, data a Palermo il 27 agosto 1787 (volume 2265, da carta 27 recto a 29 recto). Quest’ultimo, rivolgendosi al suddetto Giacomo Maugeri Romeo, scrisse: «Mi dispiace con mio rincrescimento sentire di continuare l’impedimento e molestia al proseguire della fabrica di V. S. Ill.ma opposto dall’Antiquario e che la pendenza dovrà risolversi dal nostro Re (che Dio guardi). […] Mentre mi ritrovavo in codesta nostra città, diverse volte passando per la strada de lo Penninello ebbi la curiosità di vedere li cavi facevanzi da donna Maria Ardizzone in diverse casuncole acquistati dalla medesima infra anno uno a questa parte, e viddi molti monumenti antichi di fabrichescoverte con un grande arco voltato di mattoni, letto di scala ed altre cose ammirabili remasti dell’antico anfiteatro quasi ad attaccare a quel braccio dell’anfiteatro scoverto dal fu illustre principe di Biscari nella strada publica che guarda la chiesa del Santo Carcere della nostra concittadina Sant’Agata, e frattanto tali tutti monumenti in parte furono tutti e nella maggior parte coverti e seppelliti, con avervi prontamente piantate le fabriche, senza veruna molestia a segno che io prima di partirmi, avendo passato per detta strada, non potei più raffigurare ove erano tali monumenti, […]». Da questa lettera apprendiamo che durante gli scavi per la costruzione di palazzo Ardizzone, posto a sud di via Anfiteatro, erano emersi parti dell’antico monumento, fatti ricoprire prontamente da donna Maria Ardizzone nel 1786. A differenza del notaio Maugeri, al quale l’«Antiquario» citato nella lettera, cioè il figlio del principe di Biscari don Giovanni Francesco Paternò nuovo regio Custode delle Antichità dopo la morte del padre nel 1786, fece bloccare i lavori.Pertanto, se le antichità sotto palazzo Ardizzone fossero state lasciate scoperte, probabilmente, anche quelle di palazzo Maugeri lo sarebbero state con la possibilità di fare emergere l’intero perimetro dell’anfiteatro, rappresentato da Sebastiano Ittar nella Pianta topografica della città di Catania (fig. 4).

Fig. 1 – Icnografia dell’anfiteatro (disegno di Sebastiano Ittar della fine del ‘700). Sono individuati il palazzo Maugeri [1], palazzo Fallica [2], palazzo Ardizzone [3], villa Cerami [4], chiesa di San Carlo Borromeo poi palazzo Zappalà [5], ospedale San Marco [6], chiesa Sant’Agata alla Fornace e San Biagio [7], chiesa di Santa Maria della Speranza annessa al convento dei cappuccini [8], via dell’Anfiteatro [A], via del Colosseo, che porta alla chiesa del Carcere di Sant’Agata [B], via Neve, dove si trovava la porta di Aci [C], via Manzoni, che arriva al piano della Porta di Aci [D], via Penninello [E].

Fig. 2 – disegno di Luis Jean Desprèz del 1778 che rappresenta lo scavo effettuato dal principe di Biscari sulla strada che porta nella chiesa del Carcere di Sant’Agata (oggi via Colosseo).

Fig. 3 – Via Colosseo (cartolina dei primi del ‘900).

Fig. 4 – particolare della Pianta topografica della città di Catania rilevata da Sebastiano Ittar nel primo decennio dell’800 e incisa a Parigi nel 1833. È individuata la posizione di palazzo Maugeri [1] e palazzo Ardizzone [2].

Un commento su “Antiche rovine e nuovi palazzi: la doppia vita dell’anfiteatro di piazza Stesicoro

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