«I nostri sono spazi della collettività che contribuiscono a costruire il bene comune, non sono solo luoghi di culto ma di cultura», così l’arcivescovo Luigi Renna inizia l’incontro, tenutosi al museo diocesano, per la presentazione del libro di Roberto Zaccaria “Un professore chiamato presidente”.
Ordinario di diritto costituzionale all’Università di Firenze e già Presidente Rai, Zaccaria racconta episodi della sua vita che per lui hanno un significato. Lui stesso li definisce “memorie disordinate”. Il libro si fonda principalmente su quattro pilastri quali l’università, la Rai, la politica e l’Inter.
All’incontro ha partecipato Ignazio Fonzo, Procuratore aggiunto di Catania, che partendo dalla passione comune per lo sport e per l’Inter con Zaccaria, parla di “Interspac ”, un progetto di azionariato per rafforzare l’Inter con capitali forniti direttamente dai tifosi. Per un momento tutti i partecipanti si soffermano sul tema della giustizia, affrontato dall’ex presidente nel suo libro prendendo come esempio le vicende accadute alla moglie. «Quando succede qualcosa negli ospedali la responsabilità è personale medico, per i giudici non è così – afferma Zaccaria – c’è bisogno di bilanciare i valori costituzionali. La giustizia costa e anche tanto».
Interviene Antonello Piraneo, direttore responsabile de “La Sicilia”, chiedendo un parere del professore sul servizio pubblico televisivo, riprendendo il termine “tele-Meloni” usato sarcasticamente dal Presidente del Consiglio. «La politica ha sempre, in qualche modo, influenzato i vertici della televisione pubblica perché essa, in quanto tale è nelle mani dello stato. Però un manager della televisione pubblica deve vivere questa esperienza con la massima indipendenza – continua l’ex presidente – bisogna dare spazio a tre punti fondamentali: la televisione pubblica deve essere libera, indipendente e plurale».
Moderatore dell’incontro è stato Agatino Cariola, Ordinario di diritto costituzionale all’Università di Catania. Conclude l’incontro l’Arcivescovo parlando dell’attuale clima di rassegnazione che ci circonda: «la gente ha bisogno di prendere coscienza – dice monsignor Renna – di poter essere, di poter fare e di poter cambiare».