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Povertà educativa e servizi per l’infanzia: l’opportunità del PNRR

La povertà educativa rappresenta uno dei limiti più stringenti al pieno sviluppo dell’individuo e alla sua capacità di partecipare attivamente e liberamente alla vita economica, politica e sociale del paese in cui vive. Alle radici della povertà educativa vi è la limitazione di un diritto fondamentale, l’accesso all’istruzione, proprio negli anni di infanzia e adolescenza in cui le capacità di apprendimento sono maggiori e la proposizione di modelli comportamentali, anche per superare gap di genere, è di grande importanza.

Purtroppo, in Italia, i dati su povertà educativa e povertà economica mostrano un forte legame: secondo l’ISTAT (dati 2022), la percentuale maggiore di minori in condizioni di povertà assoluta si registra nel Mezzogiorno (pari al 15,9%, controil dato nazionale del 13,4%); le tre regioni dove maggiore è l’incidenza della povertà economica, sono le stesse dove maggiori sono gli indicatori di povertà educativa: Sicilia, Campania e Calabria. Questo legame non dovrebbe esserci, se vi fossero servizi educativi adeguati persopperire alle fragilità delle famiglie, con l’offerta non solo di accudimento ed istruzione ma anche di pasti e di tempo prolungato.

I DATI DELLA DISPERSIONE SCOLASTICA E IL DIVARIO NORD-SUD

La dispersione scolastica “esplicita”, misurata dalla percentuale di “giovani tra i 18 e 24 anni che hanno un livello di istruzione inferiore alla scuola secondaria superiore e che non sono coinvolti in ulteriori attività di istruzione e formazione”, è utilizzata nei confronti europei come indicatore di povertà educativa: in Sicilia, nel 2022 si registra la percentuale più alta d’Italia, pari al 18,8%. I datidegli Uffici Scolastici Regionali sulla mancata, incompleta o irregolare fruizione dei servizi di istruzione, dicono che in Sicilia la dispersione scolastica cresce man mano che si procede nel percorso di studio, raggiungendo, nell’ a.s. 2022/23, nella scuola secondaria di II grado, l’8,78 %, in leggera diminuzione nel tempo, ma superiore al dato nazionale.

Aggiungiamo a questi dati, quelli sul livello di competenze di base linguistiche e logico-matematiche rilevate dai test INVALSI (2023), che colgono la cosiddetta “dispersione implicita”: si conferma un divario Nord-Sud, chesi allarga via via che si procede nei cicli di studio, anche in base al tipo di scuola e alle condizioni socioeconomiche delle famiglie.

La povertà educativa (generata anche dalla carenza di luoghi dove praticare attività sportive, ricreative e culturali), si può considerare allo stesso tempo causa ed effetto del perdurare del divario Nord-Sud. Ne è causa perché lì dove il capitale umano è di più bassa qualità (meno istruito), la crescita economica sarà più bassa; ne è effetto perché un mercato del lavoro asfittico non permette all’investimento in istruzione di avereun rendimento adeguato. Ciò alimenta sfiducia, nelle famiglie, sull’utilità di spese in istruzione per i propri figli.

ASILI NIDO, SICILIA IN GRAVE RITARDO

Per scardinare questo circolo vizioso, è opportuno intervenire sin dalle prime fasi della scolarizzazione, prima ancora della “scuola dell’obbligo”. Risulta evidente dai dati che la frequenza delle scuole d’infanzia impatta positivamente sulle performance scolastiche successive. L’ultimo dato ISTAT (a.s. 2021/22) segnala che in Italia solo il 28% dei bambini da 0 a 2 anni è inserito in servizi educativi;  Sicilia, Calabria e Campania, registrano dati rispettivamente del 12,5, 11,9 e 11%. Siamo molto lontani dall’obiettivo del 33% (recentemente incrementato al 45%) concordato a livello europeo e recepito dal PNRR. L’istituzione di asili nido e servizi per l’infanzia è una misura ritenutaessenziale anche perfavorire la partecipazione femminile al mercato dellavoro (altro problema strutturale al Sud, in particolare in Sicilia).

I FONDI PNRR, OCCASIONE IN GRAN PARTE SPRECATA

L’occasione rappresentata dalle risorse economiche del PNRR per contrastare le diseguaglianze educative nel nostro paese è veramente unica: sono previste numerose misure per interventi infrastrutturali e lo sviluppo di competenze, nell’ambito delle Missioni 4 e 5(Istruzione e ricerca; Inclusione e coesione). In particolare, la misura per il potenziamento dell’offerta di servizi educativi per i bambini da 0 a 6 anni è finanziata con 4,6 miliardi di euro, di cui 900 milioni per la gestione dei servizi, che per il 40% devono essere riservati alle regioni del Sud. Essa, però, è diventata paradigmatica delle difficoltà di allocazione delle risorse. L’accesso alle risorse avviene sulla base della partecipazione dei comuni a bandi, che richiedono la presentazione di progetti. Carenze nella capacità progettuale degli enti locali, a cui si è cercato di fare fronte con servizi di assistenza erogati da organi centrali, e forse una modesta sensibilità della classe politica locale verso i servizi educativi per l’infanzia hanno dato luogo in Sicilia alla mancata assegnazione di tutte le risorse disponibili. Quanto non utilizzato andrà a beneficiare, nel rispetto del vincolo del 40% per il Sud, aree in cui la carenza di servizi per l’infanzia è meno grave. Difficilmente, quindi, in Sicilia l’obiettivo del 33% di posti in asilo nido sarà raggiunto. Altre misure, intese a potenziare tempo pieno e mense hanno seguito criteri di assegnazione, non legati ai fabbisogni, che rischiano di ridurne l’efficacia.

In generale, man mano che i finanziamenti del PNRR trovano la loro allocazione in progetti da realizzarsi entro il 2026, si osserva che sarà difficile colmare il divario infrastrutturale nei servizi educativi,non solo fra regioni e fra comuni, ma anche fra i diversi quartieri di uno stesso comune.

La povertà educativa non si può affrontare solo con i finanziamenti erogati ai singoli istituti per svolgere attività, pur importanti, di tutorato e orientamento per studenti e di formazione dei docenti. E’ un problema più complesso che parte dall’attivazione dei servizi per l’infanzia ma richiede anche capacità di attingere alle risorse oggi disponibili per la rigenerazione e ri-qualificazione delle periferie (non solo geografiche) dove è più grave il problema della povertà educativa. Speriamo che non sia troppo tardi.

Tiziana Cuccia *Professore ordinario di Politica economica presso il Dipartimento di Economia e impresa dell’Università di Catania 

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