Prospettive

Cantiere Catania, viaggio nelle periferie: povertà educativa e sviluppo

Le periferie sono state al centro del quinto evento del Seminario di Formazione all’impegno sociale e politico promosso dal Cantiere per Catania e dall’Ufficio per la Pastorale dei problemi sociali e il lavoro.

Periferie, povertà e partecipazione il titolo dell’incontro tenutosi alla Scuola Superiore dell’Università di Catania sabato 20 aprile, che ha avuto come relatrice Tiziana Cuccia, docente di Politica Economica dell’Università di Catania, assieme a Simona Rita Coco, responsabile dell’Oratorio Casa per Tutti della Parrocchia della Natività del Signore a Cibali,  padre Augusto Magno parroco del Sacro Cuore di Gesù ai Cappuccini, e Alessandra Toscano, direttrice del Coro e dell’Orchestra Musicainsieme di Librino. A moderare il giornalista Giuseppe Di Fazio.

 Quando parliamo di periferie ci riferiamo sicuramente ai quartieri geograficamente periferici, ma anche il cuore della nostra città è in qualche modo una periferia e infine ci sono le periferie esistenziali che riguardano tutti. In queste periferie operano molte realtà che sono come dei punti luce nel buio, che interrogano la politica chiedendole di lavorare insieme per il bene comune.

L’intervento della professoressa Tiziana Cuccia, “Povertà educativa: quali politiche?, ha richiamato l’attenzione sulla connessione tra povertà educativa ed economica: esse si auto-alimentano, perpetuando un circolo vizioso che diventa intergenerazionale. La dispersione implicita, cioè i livelli bassi nelle competenze di base, è infatti collegata al background familiare, alle origini straniere, alla scelta della scuola superiore (che tende a selezionare in base al censo e alla provenienza sociale), ma anche agli stereotipi di genere. Dicevamo che la povertà educativa tende a scavalcare le generazioni: la sua elevata trasmissibilità comporta che di padre in figlio si avanzi solo di un grado di istruzione (un padre con la licenza di terza media avrà un figlio con un diploma al massimo). A influire su questo meccanismo sono le scarse opportunità di partecipazione culturale, la bassa fiducia nella redditività dell’investimento nell’istruzione dei figli, i modelli di riferimento.

L’ascensore sociale basato sugli studi sembra essersi fermato. Ma, in realtà, una minore istruzione significa minore crescita personale, minore partecipazione sociale, minore voice, cioè minore capacità di far rispettare i propri diritti. In sintesi, la povertà educativa è a un tempo effetto e causa del perdurare del divario tra Nord e Sud nel nostro Paese.

Come scardinare questo circolo vizioso? La scuola deve contribuire a rendere vivo il dettato costituzionale, con la rimozione degli ostacoli che impediscono l’uguaglianza sostanziale tra i cittadini, ma anche la scuola da sola non basta. Occorre una sinergia con gli Enti Locali e le istituzioni, che devono promuovere servizi, beni comuni, rigenerazione urbana. E con il Terzo Settore, che esprime una cittadinanza attiva.

Quali politiche sono più efficaci per ridurre la povertà educativa? Condizionare l’erogazione dei redditi di sostegno al rispetto dell’obbligo scolastico, estendere l’obbligo dai 3 ai 18 anni, intervenire sul tempo-scuola (incrementando il tempo pieno e riducendo la pausa estiva), aumentare i servizi educativi accessori (mense, servizi, infrastrutture…), favorire l’accesso alle attività sportive, culturali, ricreative.

Le testimonianze che sono seguite, sull’esperienza dell’Oratorio a Cibali, sulla presenza nel quartiere dei Cappuccini per portare l’annuncio cristiano nel cuore della città, sulla musica d’insieme a Librino seguendo il metodo Abreu hanno reso visibile non solo che sono possibili, ma che sono già stati realizzati tentativi concreti di portare speranza e cambiamento nelle zone più sofferenti. Dopo la mezzora dedicata ai laboratori di confronto e approfondimento, a trarre le conclusioni è intervenuto mons. Luigi Renna, Arcivescovo di Catania che, con la consueta incisività, ha voluto sottolineare alcuni punti per rimettersi al lavoro.

Anzitutto il metodo. Il lavoro del Cantiere per Catania – secondo l’arcivescovo – è come un esercizio di metodo, che va esteso a ogni ambito nel quale operiamo. Occorre, infatti, ridare un’anima alle istituzioni, che devono dare spazio al dialogo, non tanto per affermare le proprie verità ma per ascoltare e arrivare insieme a un obiettivo. Il metodo dell’ascolto va portato e amplificato.

In secondo luogo la difficoltà della politica e degli operatori pastorali. La Chiesa attraverso il cammino sinodale si è rimessa in moto, mentre la politica continua a riprodurre una democrazia recitativa, in cui sotto elezioni tutto è ridotto a scontro mediatico e a passerelle inutili, senza un reale dialogo delle idee e senza un progetto fattibile.

Terzo: la visione. Attraverso la visione, la politica deve tenere insieme le diverse realtà della società civile. In questo dobbiamo essere chiari: è la politica che deve garantire questo e la Chiesa in tal senso assume un ruolo solo sussidiario.

Quarto: il capitale umano. Va indirizzato, fatto emergere, valorizzato con un orientamento scolastico serio, che tenti di agganciare i percorsi di studio alle reali possibilità di sviluppo del nostro territorio.

“Oggi – ha concluso mons. Luigi Renna – è l’anniversario della morte di don Tonino Bello, che va ricordato non solo per l’impegno sociale di Pax Christi ma anche per il lavoro di promozione culturale messo in atto nel territorio di Molfetta. Perché è vero che abbiamo bisogno di un metodo, ma sono necessari anche dei modelli positivi e propositivi da seguire”.

Il Cantiere per Catania, ancora una volta, è apripista per la costruzione di una rete di relazioni e di collaborazioni da sviluppare: ognuno può essere un moltiplicatore del positivo nell’ambiente in cui opera.

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