Nel ringraziare di cuore le Figlie della Carità che ci hanno dato l’opportunità di approfondire la figura della baronessa Anna Grimaldi Zappalà, non possiamo non sentire l’urgenza di testimoniare ancora il dono di grazia che questa è stata per la Chiesa e la città di Catania insieme a suor Anna Cantalupo della quale è in corso la causa di beatificazione.
Ci soffermiamo sulla baronessa Zappalà sia perché è la figura sulla quale è stato richiesto il nostro intervento, sia perché la sua memoria sta entrando un po’ in oblio. Non possiamo però esordire senza richiamare, seppur brevemente, che suor Anna Cantalupo – con la quale la baronessa era in stretto rapporto di fattiva carità condivisa – è stata un riflesso dell’amore di Dio che, attraverso di lei, ha illuminato e raggiunto tantissime persone.
Come raccontava mons. Nicolò Ciancio, le relazioni con la baronessa Anna Zappalà benefattrice dell’Istituto delle Figlie della carità e che notoriamente a Catania svolgeva attività assistenziali e caritatevoli, erano di grande affiatamento e di immensa collaborazione tanto che sembrava inseparabile l’opera svolta dalle due fino a istituire la “Casa della Carità” ancora attiva in via San Pietro. Durante l’anno scolastico 2015-2016 alcuni studenti dell’Istituto tecnico-industriale “S. Cannizzaro”, guidati dalla professoressa Febronia Lamicela, aderendo al progetto “Il giardino delle giuste e dei giusti”, hanno approfondito la figura di suor Anna evidenziando en passant anche il rapporto di amicizia e collaborazione con la baronessa Zappalà. Davvero, secondo il titolo dato al lavoro, «la carità cambia il mondo».
Chi era questa nobile donna dedita alla carità? Basti pensare che a Catania dire “la baronessa” era dire Anna Zappalà e che alla sua morte tantissimi poveri, malati, orfani di guerra, ragazze avviate ad un lavoro dignitoso, hanno pianto come avessero perso una mamma comune. Lei che non aveva avuto il dono della maternità fisica, di fatto esercitò una vera e propria maternità spirituale in virtù del suo essere cristiana coerente e generosa vivendo le opere di misericordia spirituale e corporali e accompagnando ogni sua iniziativa con la preghiera. Prima ancora della collaborazione con suor Anna, giunta da Napoli nel dicembre 1918, due figure maschili vanno messe in risalto: innanzitutto quel gigante della carità che è stato il beato cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet che, tra le tante benemerenze a favore dei poveri aveva istituito l’Opera di soccorso degli infermi poveri a domicilio della quale la Baronessa era una delle più attive volontarie sino ad esserne successivamente costituita presidente, e infine quella del marito, il barone Giuseppe Zappalà Asmundo, di parecchi anni più grande di lei, che assecondò ogni suo progetto di beneficenza collaborando con lei in tutto. Come ha tramandato nei brevi ma essenziali appunti biografici suor Vincenza Gioia, don Pepè – così veniva chiamato – «spesso scherzando, diceva: “Se do retta ad Anna mi toccherà andare a finire i miei giorni all’Albergo dei poveri”. In fondo però erano un cuor solo ed un anima sola».
Va dato merito anche alle amiche, generose nell’aderire all’entusiasmo e all’inventiva con cui Anna Zappalà le escogitava tutte per raccogliere fondi, oltre ciò che metteva di tasca sua. A conclusione delle animate conversazioni nel suo bel palazzo di Via Etnea e a fine della immancabile degustazione dei dolcini e del tè era solita dire: «Vi siete divertite? Siete contente? Adesso pensiamo ai poveri».
Con intelligenza ha saputo mettere a servizio dei poveri la sua ricchezza, i suoi titoli nobiliari, le sue conoscenze in un ritmo continuo di iniziative a favore degli ultimi, dei più sprovvisti. Indubbiamente era una donna volitiva, tenace, forse a volte anche eccessivamente determinata come possono essere le personalità forti, ma tutto in lei era per il prossimo. Nella sua lunga vita (era nata nel 1870 e morta nel 1966) e nel costante attivismo all’interno del laicato cattolico, anche durante l’episcopato dello zio, il cardinale Giuseppe Francica Nava, ella ha precorso i tempi ponendosi come un leader al femminile di indiscusso valore e attestazione.
Ci auguriamo che questa ricca figura, significativa anche per la storia patria, possa venire sempre più riscoperta, approfondita e trasmessa alle nuove generazioni. Non va perduta parte della nostra memoria storica ed ecclesiale. E la baronessa Zappalà è uno dei tanti preziosi tasselli che rendono bello il variegato mosaico della nostra identità civile e religiosa.