“La Chiesa deve accompagnare con attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta” (Amoris Laetitia, n. 291).
Le parole che Papa Francesco ha consegnato alle coppie di divorziati risposati nel 2016 avvalorano la visione profetica di un gruppo di coppie di separati con nuova unione che, dal febbraio 2012, ha iniziato un cammino spirituale accompagnato da Mons. Renzo Bonetti, già Direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia della Conferenza Episcopale Italiana e attualmente Presidente della Fondazione “Famiglia Dono Grande”, nell’ambito del progetto “Mistero Grande”, che ha lo scopo di far conoscere e far vivere la bellezza della grazia del sacramento del Matrimonio. Per accompagnare chi è segnato da un amore ferito e ridare fiducia e speranza, dal 3 al 5 maggio presso il Centro di Spiritualità Horeb di Massannunziata, in provincia di Catania, si terrà per la seconda volta in Sicilia il seminario “Al pozzo di Giacobbe”, guidato da Padre Salvatore Bucolo, direttore dell’Ufficio di Pastorale Familiare dell’arcidiocesi di Catania, e da un’equipé di sposi che cammineranno insieme a quelle coppie di separati con nuova unione nella fedeltà al Vangelo e al Magistero, desiderose di scoprire e percorrere una via di crescita spirituale per una rinnovata partecipazione alla vita ecclesiale.
Perché questo appuntamento al pozzo di Giacobbe? Il pozzo di Sicar, presso il quale Gesù si ferma, è il luogo di una memoria profonda dalla quale scaturisce tutta la storia d’Israele, rappresenta ciò che si è ricevuto in eredità. È il luogo dell’incontro con la samaritana, una donna assetata di bene e di felicità, alla ricerca, ma lontana da sguardi e parole indiscrete, quasi accusatorie della sua vita passata. Dinanzi a una comunità incapace di comprendere, accogliere e perdonare, Gesù è il primo a stabilire una relazione sincera con lei, chiedendole da bere e promettendole di farsi carico del suo dolore e delle sue ferite. “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice ‘Dammi da bere’, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva” (Gv, 4, 10).
Per molto tempo, nella Chiesa, il “problema” dei separati con nuova unione è stato oggetto o di una invisibile condanna senza misericordia o di un atteggiamento che non riconosceva o minimizzava la realtà “non regolare” in cui vivevano tali coppie. Ma alla luce della Parola di Dio, del magistero della Chiesa e di Papa Francesco, si è scoperta una terza via: la via della verità nella carità. Una via che accompagna i divorziati risposati in virtù del loro essere Chiesa in quanto battezzati, a cui viene data ancora la possibilità di fare esperienza di Dio evitando l’isolamento o, ancor peggio, l’auto-isolamento, perché Dio Padre, per mezzo del Figlio, desidera abbattere “il muro di separazione che li divideva” (cfr. Ef 2, 14) e rendere ogni uomo e ogni donna parte viva della Chiesa, in modo tale che possano partecipare “alla vita e alla missione della Chiesa, fin dove lo esige e lo consente la loro tipica situazione ecclesiale” (Direttorio di Pastorale Familiare, n° 196).
“Azione pastorale accogliente e misericordiosa verso tutti”, affinché si possa concretizzare ciò che Papa Francesco afferma al n. 299 dell’Esortazione apostolica Amoris Laetitia: “La logica dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possono avere una gioiosa e feconda esperienza”.
Senz’acqua non c’è vita, e attingerla al pozzo presuppone la fatica di portarla in superficie. L’acqua che ci offre Gesù Cristo è viva, in movimento, ci rigenera incessantemente rendendoci fecondi. Gesù Cristo, che non disdegna di inginocchiarsi ai nostri piedi e di guardarci con passione e tenerezza, ci chiede semplicemente di amarLo senza condizioni. Molte volte ci professiamo credenti, ma non riusciamo ad aprirci completamente. Abbiamo mille dubbi riguardo al fratello e non ci interroghiamo se ciò che facciamo, ciò che diciamo è gradito a Dio. Non ci interroghiamo se avremmo potuto fare diversamente. Molte volte rifiutiamo la ricchezza dell’altro, anche il suo dolore. E proprio alla samaritana, che cerca un luogo “dove” adorare Dio e guarire le sue ferite, Gesù Cristo rivela “chi” è questo luogo. È semplicemente un luogo dove si stabilisce una relazione: “Sono io che parlo con te” (Gv, 4, 26). Non resta che decidere di mettersi in cammino.