Il grande cortocircuito sociale che stiamo vivendo illumina con ogni evidenza anche il decrescente livello di fiducia che nutriamo verso le istituzioni alle quali si rimprovera di essere sempre meno capaci di interpretare la complessità del mondo e di intervenire con soluzioni efficaci. E abbiamo iniziato, invero già da tempo, a cercare nella tecnologia le soluzioni ai nostri problemi. Ingenti le risorse economiche pubbliche e gli investimenti privati rivolti allo sviluppo delle nuove tecnologie digitali, le quali si evolvono ormai molto più velocemente delle istituzioni che le dovrebbero governare. L’intelligenza artificiale (IA) è considerata da molti la soluzione più promettente, come dimostra un recente studio del McKinsey Global Institute secondo cui l’IA sta trasformando la società «con una rapidità dieci volte superiore e un impatto tremila volte più grande rispetto a quanto avvenne nel corso della rivoluzione industriale». Treccani, nella sua enciclopedia online, la definisce come il settore dell’informatica che studia la possibilità di costruire computer in grado di riprodurre il funzionamento di alcune capacità della mente umana o dell’intero pensiero. Le potenzialità dell’IA ci appaiono adesso più chiare con gli strumenti di “intelligenza artificiale generativa” (come ChatGPT) che sono in grado di apprendere dai dati e dalle informazioni che le vengono fornite in sede di “addestramento” e di generare nuovi contenuti, cioè immagini, testi, suoni originali e coerenti con le richieste dell’utente. Questi sviluppi recenti mostrano la portata dell’intelligenza artificiale nelle nostre vite che politica ed istituzioni stentano a cogliere a causa di categorie e paradigmi culturali pensati per altre epoche.
Dato il contesto, le domande non tardano ad accumularsi, toccando gli ambiti più diversi. Ad esempio: se il momento storico attuale vede la tecnologia doppiare le istituzioni che dovrebbero governarla, i partiti politici e i parlamenti rischiano di diventare obsoleti? Quale spazio di manovra viene riservato oggi al “ciberneta”, ossia per dirla con Platone, al buon governante (dal greco: kybernetes, timoniere di una nave) che, consapevole dei suoi mezzi, discerne e compie le scelte per raggiungere la destinazione? Paolo Benanti – uno dei massimi esperti mondiali di IA (è Presidente della Commissione per l’I.A. presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e componente dell’Advisory board su I.A. dell’ONU) che sabato 16 marzo sarà a Catania per intervenire al Seminario “Intelligenza Artificiale, Democrazia e Partecipazione” (organizzato nell’ambito del secondo ciclo del Seminario di formazione all’impegno sociale e politico promosso dal Cantiere per Catania e dall’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro dell’Arcidiocesi etnea, con la collaborazione della Scuola Superiore dell’Università di Catania) – ci offre gli interrogativi da porre come individui e come comunità quando alla tecnologia smettiamo di chiedere di fare al posto nostro quello che abbiamo già deciso, e le affidiamo invece il compito di decidere per noi. Se accade questo, quale spazio stiamo lasciando all’immaginazione politica, che è – secondo il documento preparatorio della 50° Settimana Sociale dei Cattolici in Italia in programma a Trieste nel mese di luglio – l’ingrediente indispensabile per una democrazia in buono stato di salute? L’immaginazione è infatti – dice il documento – «un’attitudine dello sguardo che parte dalle cose, dalla realtà e vede oltre, scorge connessioni, individua soluzioni, connette elementi all’apparenza distanti. […] Non inventa nulla, attiva processi, apre spazi, consente di assumersi responsabilità e di dare seguito alle proprie idee, si muove tra una dimensione creativa e una imprenditoriale, nella consapevolezza che le idee rimangono sterili se non diventano progetti, imprese, posti di lavoro, cambiamento reale nelle vite delle persone». Ecco, quanto sarebbe bello avvalersi della potenza di calcolo delle macchine per realizzare un progetto da noi pensato e immaginato con l’intelligenza del cuore e della mente, per il bene comune!
Articolo chiaro e molto obiettivo