“Chi cammina, spera”. La Via Crucis è la via per eccellenza che l’uomo è chiamato a percorrere per scoprire che nulla vi è al di fuori del mistero pasquale di Cristo che lo possa redimere e salvare.
Il 7 marzo, subito dopo il tramonto, una moltitudine di uomini e donne, giovani e bambini si è data appuntamento per rivivere la passione e morte di Cristo per le vie di Belpasso con l’Arcivescovo di Catania Monsignor Luigi Renna. Una Via Crucis vissuta da tutte le parrocchie cittadine, da Santa Maria della Guardia fino a Sant’Antonio passando per S. Giuseppe, Cristo Re e la Chiesa Madre Maria SS. Immacolata. Comunità che, coadiuvate dall’Azione Cattolica, dagli Scout, dalle confraternite, dalle corali e dai gruppi parrocchiali, dai “Giovani Cantanti” che, in occasione della festa di S. Lucia, danno vita ai “carri allegorici”, hanno contribuito a ricreare le scene e le atmosfere per fare memoria del dono di amore che Cristo ha offerto all’umanità.
Una comunità, quella belpassese, che si è messa in cammino alla sequela di Cristo e del proprio Pastore alla luce degli insegnamenti della Chiesa a partire dalla “Gravissimum educationis”, dichiarazione del concilio Ecumenico Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, firmata nel 1965 da Papa Paolo VI, fino all’enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti” del 2020. Come fare memoria delle sofferenze di Cristo se poi rimaniamo indifferenti di fronte al dramma della povertà, della fame e della guerra vissute dalle persone migranti? Come raggiungere una pienezza di vita se non abbracciamo “la logica della Croce”, tramite cui lo Spirito Santo ci libera dalla paura di donarci al prossimo, come affermava San Bonaventura? (GE nn. 174,175).
“Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù” (Lc 23,26)
Dov’è, oggi, Simone di Cirene? Chi siamo noi veramente? Monsignor Renna consegna la quinta stazione a ogni fedele. È la stazione che interpella ogni uomo di fronte alle richieste di aiuto rimaste inascoltate.
«Anche Gesù ha avuto bisogno di aiuto. – afferma l’Arcivescovo – Non ce la faceva sotto il legno della Croce. Gesù ha avuto bisogno di chi lo sostenesse, e il Cireneo, questo straniero, si è sentito coinvolto dalla sofferenza di Cristo. Fratelli e sorelle, ciascuno di noi ha bisogno del Cireneo, ma ciascuno di noi è chiamato ad essere Cireneo per gli altri. Portare la Croce con gli altri fratelli che sono immagine di Cristo non è una perdita di tempo. Quella Croce sono le nostre responsabilità. L’invito a camminare insieme alle persone che attraversano le tempeste dell’esistenza, siano esse economiche o morali, ci chiama a percorrere le strade del mondo in cui intrecciamo la nostra esistenza con quella degli altri. Fare la Via Crucis per le strade di Belpasso – aggiunge mons. Renna – significa ricordarci che a partire da qui noi dobbiamo portare la croce del fratello, come il Cireneo ha portato la Croce di Cristo. Non manchi né un atto di carità per vivere una vera Pasqua, né una buona confessione per riconciliarci per tutte quelle volte in cui ci siamo scrollati le croci dei nostri fratelli, che sono le stesse croci di Cristo».
Cristo è ormai deposto nella tomba. Tutto tace. I fedeli si salutano e rientrano lentamente nel tepore delle loro case per sedersi a tavola con i propri cari. Ma non può finire tutto così. Non si può ignorare che altri fratelli portano da soli la loro croce per guadagnarsi un angolo di paradiso, anche sulla Terra.