di Davide Arcidiacono*
Il 27 dicembre del 2023 il New York Times ha citato in giudizio presso la corte federale del Southern District of New York OpenAI e Microsoft (soprattutto) per asserite violazioni del diritto d’autore avvenute per mezzo di ChatGPT. Quest’ultimocostituisce uno strumento automatizzato di dialogo (o “chatbot”) che èin grado di generare le risposte più adatte sulla base di un testo immesso dall’utente (il cosiddetto “prompt”). Si tratta di un modello che genera testi (“large language model”) addestrato sulla base di amplissimi giacimenti di dati (“training data”). I dati in questione, ovviamente, devono essere di elevata qualità (altrimenti anche la qualità dei testi generati ne risente) e spesso sono compreseopere coperte da diritto d’autore.
New York Times lamenta che OpenAI e Microsoft hanno riprodotto non autorizzati milioni di articoli di giornale per addestrare ChatGPT
Il New York Times, in specie, lamenta il ruolo svolto da OpenAI e Microsoft nella riproduzione non autorizzatadi milioni di articolidi giornaleal fine di addestrare ChatGPT che avrebbe finito per incorporare in modo permanente i brani di detti articoli, senza corrispondere alcuna remunerazione.Tale incorporazione – secondo la testata giornalistica – fa sì che i testi generati da ChatGPT riproducano quasi parola per parola ampi estratti di testi pubblicati dal giornale, sostituendosi, agli occhi degli utenti, agli articoli di quest’ultimo, rendendo non indispensabile l’abbonamento digitale al quotidiano. Ciò renderebbe insostenibili gli ingenti investimentinecessari per difendere l’indipendenza e la qualità dell’informazione. In altricasi, sempre secondo l’atto di citazione, ChatGPT avrebbe falsamente attribuito al New York Times affermazioni che non sono mai comparse sulla medesima testata, finendo per screditarne la reputazione (si tratta delle “allucinazioni”).
Soprattutto per queste ragioni, il New York Times chiede a OpenAI e Microsoft il risarcimento dei danni, la restituzione dei profitti, la cessazione di tali condotte e, infine, la distruzione dei modelli e dei giacimenti di dati che incorporano gli articoli del New York Times. La posizione di OpenAI è stata resa pubblica per il momentosolo attraverso una nota intitolata significativamente “OpenAI e giornalismo” in cui, in particolare,viene messa in luce la sussistenza di rapporti di collaborazione con diversi attori dell’informazione, si sostiene che l’addestramento dei modelli di ChatGPT attraverso opere tutelate dal diritto d’autore costituisce un uso non soggetto ai vincoli del diritto d’autore secondo il diritto federale statunitense (c.d. “fair use”) e che, in ogni caso, OpenAI consente ai titolari di contenuti pubblicati in rete di impedirne l’impiego da parte di ChatGPT attraverso una apposita riserva. OpenAI ammette che in alcune rare ipotesi l’utente possa ottenere da ChatGPT estratti consistenti di opere protette dal diritto d’autore ma ciò costituisce una violazione delle condizioni d’uso ecomunque sta lavorando per eliminare il problema.
In Europa è ammesso l’impiego di materiale protetto quale training data
Tale causa – se non verrà definita anzitempo in via stragiudiziale – può costituire un precedente importante nella definizione dell’equilibrio tra innovazione tecnologica e tutela del giornalismo negli Stati Uniti. Nell’Unione Europea, invece, l’impiego di materiale protetto quale training data è ammesso perché ricadenell’eccezione generale di estrazione di testo e di datiche pertanto è libera salvo che il titolare dell’opera abbia espresso una riserva “attraverso strumenti che consentano lettura automatizzata in caso di contenuti resi pubblicamente disponibili online” (art. 4 Direttiva UE 2019/790), come anche il New York Times avrebbe fatto a partire dall’agosto del 2023. Resta fermo che i testi generati da questi modelli
possono senz’altro violare il diritto d’autore negli Stati Uniti come in Unione Europea. Su questo l’eventuale sentenza potrà offrire un utile contributo anche per il sistema europeo.
*Docente di Diritto Commerciale presso l’Università degli Studi di Catania