di Salvo Ciraulo
“Abbiamo la creatività, ma l’individualismo ci blocca, facciamo fatica a lavorare insieme”. Così Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà (FPS), ha concluso il convegno pubblico su “Infrastrutture e partecipazione”, che si è tenuto sabato 13 gennaio al Palazzo della Cultura, promosso dal “Cantiere per Catania” e dall’Ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro in collaborazione con FPS e Scuola Superiore di Catania. “I corpi intermedi stessi – ha aggiunto Vittadini – sono diventati corporativi. C’è bisogno di rimettersi a lavorare per il bene comune”.
La necessità di questo cambiamento antropologico appare ancora più evidente se si affronta la questione delle infrastrutture. Anche grazie ai finanziamenti europei (PNRR), l’Italia sta realizzando il più grande investimento in infrastrutture della sua storia: circa 125 miliardi di euro entro il 2032 per le opere strategiche. Sono già 1.700 i cantieri aperti, con 20 infrastrutture strategiche in avanzato stato di costruzione, per un valore che sfiora i 60 miliardi di euro. Ma la fotografia delle infrastrutture mostra anche una penalizzazione per il Sud e per la Sicilia in particolare, soprattutto per la dotazione di reti ferroviarie moderne.
È quanto emerge dal Rapporto “Sussidiarietà e… governo delle infrastrutture”, realizzato dalla FPS e presentato durante il convegno di Catania.
Dopo l’introduzione del coordinatore del “Cantiere per Catania”, Claudio Sammartino (già prefetto della Repubblica), è intervenuto l’arcivescovo di Catania, mons. Luigi Renna, che ha ricordato come il convegno sia un passo importante verso le Settimane sociali dei cattolici italiani previste a Trieste nel prossimo luglio.
Mons. Renna ha ricordato una forma spesso dimenticata della carità, la “carità politica”, come impegno per modificare le situazioni sociali che provocano sofferenza ai cittadini. “Tante parti del Paese – ha aggiunto l’arcivescovo – sono escluse dallo sviluppo a causa di un deficit infrastrutturale”. “Auspichiamo – ha concluso l’arcivescovo – che si utilizzi il metodo della partecipazione, perché non aspettiamo uomini della provvidenza, ma vogliamo politici aperti al dialogo”.
“L’Italia – ha detto il prof. Senn già docente alla Bocconi nel suo intervento – destina alle infrastrutture di trasporto appena lo 0,9% del prodotto interno lordo (2020), quasi la metà rispetto ai maggiori partner europei come Francia, Germania e Spagna in base ai più recenti dati disponibili (2021)”.
“Bisogna tornare a pensare in grande” ha aggiunto il prof. Vittadini riferendosi alla Sicilia e al Sud. “La Sicilia non è la periferia di Roma o di Bruxelles – ha detto – ma il centro del Mediterraneo. E la crisi attuale nel Canale di Suez ci fa capire quanto sia centrale nell’economia mondiale l’area mediterranea”.
Il Commissario Straordinario del Governo per la Zona Economia Speciale della Sicilia Orientale, Alessandro Di Graziano ha detto che “nei suoi due anni di vita la ZES si è posta come strumento di dialogo e confronto tra le imprese, le amministrazioni locali, i corpi intermedi e lo Stato ottenendo risultati che hanno avuto nella sussidiarietà il metodo di governance e nella crescita del nostro sud il perseguimento della coesione territoriale di cui necessita il Paese”. “Riconosco – ha aggiunto – che occorre superare la precarietà delle scelte politiche in materia di programmazione delle infrastrutture ritenute prioritarie e dei relativi investimenti pretendendo scenari di realizzazione serrati soprattutto per quanto compete al sistema ferroviario e logistico”.
Nel suo intervento, il prof. Francesco Russo (docente di Ingegneria dei sistemi di mobilità sostenibile all’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria) si è quindi concentrato sul problema dei trasporti ferroviari nel Sud con riferimento ai collegamenti con la capitale. La riflessione si è sviluppata considerando come l’assenza di sussidiarietà, intesa come ascolto delle istanze dal basso, non permetta di verificare proposte e suggerimenti sviluppati all’interno della società civile.
In riferimento alla situazione ferroviaria siciliana, il prof. Russo ha detto fra l’altro: “Catania e Palermo sono distanti 200 chilometri, a fine lavori programmati dal Ministero, si impiegheranno 2 ore, con molti tratti a singolo binario; Roma e Napoli Afragola hanno la stessa distanza di circa 200 chilometri, oggi si impiegano 55 minuti per effettuare il collegamento, cioè meno di metà del tempo che si impiegherà in futuro sulla Catania-Palermo”.
Al convegno è intervenuto anche il sindaco di Catania, Enrico Trantino. “Siamo convinti –ha detto – che la scommessa del trasporto pubblico e della mobilità dolce è quella che forse meglio rappresenta la necessità di migliorare la qualità della vita nelle grandi aree urbane. Il trasporto su rotaia aspetta da troppi anni che venga sciolto il nodo Catania, essenziale peraltro per sbloccare la direttrice Sud-Nord della Sicilia orientale e che consentirebbe finalmente di avere un transito di treni accettabile sulla fascia costiera e alla città di Catania di riappropriarsi del mare, sottratto da centosessanta anni dalla stretta cintura ferroviaria che impedisce al Porto di Catania di connettersi con l’area urbana. Per fortuna, tuttavia, grazie all’impegno del governo nazionale e di RFI su questo fronte siamo vicini”.
In conclusione, Giorgio Vittadini ha richiamato la necessità di una democrazia reale, che non sia ridotta semplicemente al voto, “perché anche i dittatori vengono eletti democraticamente”. “Serve – ha ribadito il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà – applicare sistematicamente il metodo del dialogo fra istituzioni e con i corpi intermedi per evitare decisioni prese dall’alto o scontri continui.