di Manuela Grasso
Lo scorso 26 dicembre, proprio il giorno in cui si ricorda Santo Stefano, si è tenuto il tradizionale pranzo per i poveri al Crocifisso dei Miracoli, in continuità con gli scorsi eventi solidali, come il pranzo del 25 dicembre nella chiesa di San Nicola.
Il pranzo di Santo Stefano è stato organizzato dalla parrocchia del Crocifisso dei Miracoli, la quale tramite la generosità dei suoi parrocchiani volontari ha potuto offrire un pranzo dignitoso ai molti che si sono presentati.
“Non solo poveri, ma anche persone anziane che sono sole” – Afferma padre Rosario Meli, parroco del Crocifisso dei Miracoli- “Se parli con un senza fissa dimora e gli chiedi qual è il suo desiderio più profondo, ti risponderà che sogna la famiglia. Perché le loro sono famiglie distrutte. E allora la chiesa deve avere anche questo compito, come nella parabola del buon samaritano che non giudica, ma accoglie e rialza”.
Presente la Caritas con il vice direttore, Salvatore Pappalardo, e i suoi volontari che hanno aiutato i parrocchiani a gestire la distribuzione dei pacchi e la gestione dei tavoli.
Più di duecento i presenti in sala hanno goduto di un pranzo servito a suon di musica, grazie al Coro Missionario Santa Bernadette che ha animato il pranzo con canti natalizi, ma anche siciliani e folcloristici.
“Questo è il momento in cui tutti i vari gruppi si uniscono in questo servizio” -ci dice Patrizia, volontaria Caritas e parrocchiana del Crocifisso – c’è un’intimità che parte dal servizio e che ci lega affettivamente e tutto ciò è veramente bello”.
Sostanziosa la presenza di giovanissimi volontari che per la prima volta si sono avvicinati a questo servizio come la giovane Giada “è stata un’esperienza forte, è una cosa che ti forma tanto perché ti lascia dentro qualcosa, la descrivo come un’esperienza formativa e che arricchisce”.
Parlano gli occhi dei commensali che gioiosi hanno cantato e si sono fatti coinvolgere dai canti e dall’allegria, godendo per qualche tempo di una spensieratezza spesso sconosciuta.
Lasciarsi toccare da eventi come questo implica una spinta ad una profonda riflessione che ci interroga sul nostro operato, sulla responsabilità del nostro vissuto e di quanto possiamo fare per contribuire affinché sempre più possano essere riconosciuti degni di vita e degni d’amore.