di Mariella Chiantello
Si parla molto di prevenzione e repressione a proposito di contrasto alla cultura mafiosa. Ma laddove emerge il momentaneo fallimento della società, l’unica risposta possibile è la repressione, anche se momentanea e non risolutoria? Ecco dunque che i testimoni, i martiri innamorati del Vangelo di Cristo e della Giustizia ci soccorrono per indicarci con la loro vita le giuste scelte che anche noi siamo chiamati a fare per costruire una comunità a misura d’uomo.
La terra di Sicilia vanta non solo la presenza di S. Agata, S. Lucia e S. Rosalia quali vittime per amore di Cristo di una mentalità pagana che imponeva forzatamente una cieca sottomissione al potere politico, ma anche di martiri di una modernità inaudita come Padre Pino Puglisi e il giudice Rosario Livatino, che hanno semplicemente tradotto in azioni quotidiane costanti e coerenti il loro essere “spiragli di luce nelle tenebre della storia”.
E’ sulla testimonianza di questi insigni beati siciliani e dinanzi alle loro reliquie che gli studenti dell’Istituto Superiore “Francesco Redi” di Belpasso hanno partecipato, sabato 16 dicembre, all’incontro dal titolo “Sub tutela Dei: uomini contro la mafia” organizzato dal Comune, rappresentato dal Sindaco Dott. Carlo Caputo, e da Padre Nunzio Chirieleison, parroco della Chiesa Madre “Maria SS. Immacolata” di Belpasso all’interno dei festeggiamenti in onore di S. Lucia.
Per Marco, Federica, Andrea, rappresentanti d’istituto, e di tanti altri giovani studenti presenti al convegno, guidati dalle referenti di Educazione alla Legalità e accompagnati dal Dirigente Scolastico prof.ssa Morsellino, Padre Puglisi e Livatino hanno dimostrato di amare la loro terra portando avanti “un progetto di promozione sociale ispirato alla legalità e alla carità”.
Molti gli interrogativi dei giovani dinanzi alla testimonianza eroica di Livatino e Don Pino. “Bisogna essere necessariamente ’super uomini o martiri per adempiere ai propri doveri?’ La Giustizia e la Fede sono compatibili nella nostra società? Il ‘rendere giustizia’ per uomini credenti e impegnati nel sociale può considerarsi una forma di culto, di realizzazione concreta della fede secondo il binomio ‘giustizia uguale carità’? C’è uguaglianza etico-morale di fronte alla legge o dobbiamo considerare un peso il valore della coerenza nella realtà socio-culturale in cui noi giovani viviamo?”.
“Purtroppo la mentalità mafiosa – continua Marco – è subdolamente presente tra noi giovani anche nei comportamenti apparentemente più innocui. Far parte del branco e adottare atteggiamenti prevaricatori è già sintomo di mentalità mafiosa”. “L’informazione opportunamente guidata è più che mai necessaria, l’essere presenti a scuola, nel contesto di vita con l’esempio e una mentalità sana è già un impegno che noi giovani ci assumiamo per bonificare la società” aggiunge Andrea.
I testimoni come Livatino e Don Pino ci inviano un segnale forte anche perché ci indicano il rovescio della medaglia, il lato negativo di scelte contrarie alla giustizia umana e divina con il grave fardello della pena e dell’esclusione sociale, affermano gli studenti belpassesi.
Significative le parole individuate durante il dibattito con Padre Salvatore Casà, vicario della Chiesa Madre di Favara della diocesi di Agrigento, perché diventino lampada ai nostri passi e rendano efficace la silenziosa e operosa lotta al potere mafioso: passione, come la passione di Livatino per il suo lavoro di magistrato a cui ha dedicato con mitezza e onestà ogni frammento della propria esistenza; prova, perché il martire e la sua testimonianza sono la prova di una Presenza nella notte oscura del nostro tempo, sono una luce che rischiara il cammino in mezzo alla malvagità umana di chi ama e anche di chi decide di redimersi; perdono, perché il “Me lo aspettavo” di Padre Pino Puglisi testimonia la fortezza di chi sa di dover morire per Amore, di chi è disposto a perdonare il male ricevuto per generare altro amore. Insieme al già procuratore capo del Tribunale di Catania, Dott. Michelangelo Patanè, e all’avvocato penalista Dott. Giuseppe Barletta Calderara si è parlato di prevenzione, cura e sfida educativa in una società dove non sempre le istituzioni risultano essere efficaci nel contrasto alla criminalità mafiosa. Una responsabilità che non ammette alcuna delega, ma che coinvolge tutti, famiglia, scuola, chiesa, associazionismo, perché il rispetto della legge, umana e divina, esige impegno quotidiano, onesto, scrupoloso, attento, umile fino al dono di se stessi affinché l’umanità risorga nonostante tutto.