Prospettive

Pranzo di Sant’Elisabetta, l’arcivescovo: «La povertà ci insegna a non vivere ripiegati su noi stessi»

di Manuela Grasso

Domenica 19 novembre alle 13 si è tenuto nei locali della parrocchia San Luigi il tradizionale pranzo di Santa Elisabetta, organizzato dall’Ordine Francescano Secolare e dalla Caritas diocesana di Catania.

«I volontari sono poveri come i poveri, uomini che hanno bisogno degli altri perché il loro tempo diventi un tempo prezioso. Abbiamo bisogno gli uni degli altri – ha affermato l’Arcivescovo Luigi Renna – L’esperienza del volontariato aiuta un giovane a scoprire la ricchezza dentro di sé, a non vivere ripiegato su se stesso, a saper confrontarsi con le difficoltà che hanno gli altri. La povertà ci insegna a reagire alle difficoltà della vita. Auspico che le parrocchie aiutino i giovani a fare esperienza di servizio. Questo darà un valore aggiunto a tutta la formazione che si fa nelle parrocchie» Questo l’augurio del vescovo, il quale è stato presente per tutto il pranzo colloquiando affettuosamente con commensali e volontari.

Il pranzo è stato preparato e servito dalla Caritas e dall’ordine francescano secolare, il quale si è occupato, oltre che dell’animazione liturgica, anche di quell’animazione che ha reso il pranzo un incontro domenicale festoso, trascorso fra musiche, balli e chiacchere che sanno di famiglia.

Lo scopo di giornate come queste non è solo quello di offrire del cibo, ma è anzitutto educativo, come afferma il direttore della Caritas, don Nuccio Puglisi

«La povertà deve scandalizzarci. Non possiamo dormire tranquilli quando la notte un povero muore al freddo – dice don Nuccio – Non solo, ma sono aumentate le forme di povertà e molte di queste sono quelle invisibili. Se tu hai fame, mangi e basta e il problema viene risolto, ma se tu non hai un padre che ti ascolta, se tua mamma non ha tempo per te, come faccio a sostituirmi a loro? I casi di violenza aumentano e dobbiamo chiederci, che cosa manca in queste esistenze perché si macchino di questi atti aberranti? Ci sono casi di povertà invisibili lasciati lì a proliferare, come un tumore che nessuno ci ha diagnosticato, ma quando poi viene fuori è troppo tardi».

Intanto gli occhi dei volontari operosi esprimono una gioia particolare, come quella di Gabriele, giovane ventenne che ha deciso di intraprendere questo servizio insieme alla sua mamma Francesca:

«Questi momenti ti cambiano la vita, il modo di pensare -afferma entusiasta Gabriele – Tutti abbiamo le nostre difficoltà, soprattutto noi giovani che stiamo crescendo, ma io cerco di combattere la negatività con la positività e la mia positività al momento è aiutare gli altri».

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