A Catania lo scorso 13 maggio ha avuto luogo il Rito dell’Investitura dei nuovi Cavalieri, Dame ed Ecclesiastici della Luogotenenza Italia-Sicilia.
Dopo il Solenne ed emozionante Rito delle Investiture, avvenuto nella magnifica Basilica Cattedrale di Catania, è seguita la Celebrazione Eucaristica di ringraziamento presieduta da Sua Eminenza il Signor Cardinale Paolo Romeo, Gran Priore di Luogotenenza – per Mandato del Gran Maestro d’Ordine, Sua Eminenza il Signor Cardinale Fernando Filoni, e concelebrata da S. E. Mons. Luigi Renna, Arcivescovo Metropolita di Catania e Confratello nell’Ordine, il quale ha tenuto una magistrale omelia. Alla concelebrazione hanno preso parte S. E. Mons. Salvatore Gristina, S. E. Mons. Salvatore Rumeo, Vescovo di Noto, che ha ricevuto l’Investitura e molti Confratelli Ecclesiastici presenti.
Di seguito il testo dell’omelia di Mons. Luigi Renna:
Eminenza carissima,
eccellenza carissima
carissimi luogotenenti, Cavalieri e Dame,
la nostra Arcidiocesi si sente onorata di poter celebrare l’investitura dei Cavalieri e Dame per mano del Gran Priore il Sig. Cardinale Paolo Romeo. Ringrazio lei, Eminenza e il carissimo Luogotenente per l’Italia Sicilia Cav. di Gran Croce ing. Maurizio Russo, per aver scelto la nostra Cattedrale di S. Agata per questo rito di investitura.
Carissimi cavalieri e dame, nell’atto di investitura vi è stata imposta al collo la Croce e siete stati rivestiti del mantello, e a voi cari fratelli Vescovi e presbiteri, la croce e la stola.
Ancora la croce, ancora una veste, ancora la stola, potremmo dire. Perché con la croce fu segnata la vostra fronte da catecumeni e nei riti battesimali; con la croce foste unti col Sacro Crisma; e la stola, cari fratelli partecipo del sacerdozio di Cristo, vi rivestì da diaconi e presbiteri.
Vi richiamo questi segni già noti perché essi non sono altro che un richiamo alla vostra dignità battesimale e sacerdotale: cavalieri e dame si potrà esserlo in modo degno solo nella misura in cui vi richiamerete alla promessa del battesimo.
Il celebrante vi ha esortato con queste parole: “… procurate di emulare coloro che, con fede viva, provvidero alle necessità del Corpo del Signore, vegliarono e vennero poi anche testimoni privilegiati della risurrezione di Cristo”. Voi siete chiamati ad essere i testimoni privilegiati della risurrezione di Cristo, semplicemente, come le donne che vegliarono il sepolcro nella Parasceve e corsero per ungere il corpo del Signore, e ricevettero l’annuncio: “È risorto, non è qui!”
Cavalieri e Dame, testimoni privilegiati della risurrezione di Cristo: dal sepolcro vuoto fino alla Galilea, ai confini della terra. Sappiatelo essere con la vita da risorti, nella testimonianza della pace, da pellegrini.
Nel canto dell’alleluja, miei cari, il canto della Pasqua, della croce gloriosa che risplende sul vostro mantello: la croce con le cinque piaghe. Ricordate il profondo legame che esiste tra quel simbolo e la liturgia. La notte di Pasqua, durante la “madre di tutte le veglie”, il celebrante benedice il “fuoco nuovo” e prepara il cero segnandolo con l’alfa e l’omega, perché il Risorto è Signore del tempo, e i cinque grani d’incenso disposti a croce, sono accompagnati dalle parole: “Per mezzo delle sue sante piaghe gloriose ci protegga e ci custodisca il Cristo Signore. Amen”.
Si, quelle piaghe sono gloriose perché testimoniano l’amore fino al dono di sé; il segno di un amore che ci salva, ci protegge e ci custodisce. La croce del Santo Sepolcro e la croce del cereo pasquale, il simbolo liturgico della Risurrezione di Cristo, vi richiamino al dovere di splendere come astri nel mondo, con una coerenza di vita che nella società civile, nella Chiesa, nella politica, molte volte è incline al compromesso con l’ingiustizia, con la superficialità, con il buio che è squarciato dalla Luce di Cristo.
La vostra è testimonianza di uomini e donne di pace. Stiamo celebrando la memoria di Maria Regina della Pace e non possiamo non soffermarci sul dono del Risorto che, apparendo ai suoi, li saluta con le parole: “Pace a voi!” È il dono della riconciliazione, dato ai suoi, a cui concede il suo perdono e attira a sé, e che dona attraverso i suoi, dando loro il mandato di riconciliare a loro volta, nel suo nome. La pace non è semplicemente assenza di guerra, ma come abbiamo ascoltato nella preghiera colletta è “tranquillità dell’ordine”, cioè un ordine nel quale regna la giustizia ed è operosa la solidarietà. Sant’Agostino nella “Città di Dio” afferma: “La pace di tutte le cose è la tranquillità dell’ordine. L’ordine è la distribuzione che assegna le cose uguali e disuguali, ciascuna al proprio posto”. E S. Paolo VI nella “Populorum progressio” dice “opus iustitiae pax”, la pace è frutto della giustizia; e Giovanni Paolo II, nella “Sollicitudo rei socialis”, vent’anni dopo “opus solidaritatis pax”, la pace è frutto di solidarietà. Miei cari fratelli e sorelle, la pace è frutto di un lavoro operoso – per questo Gesù proclama beati gli “operatori di pace” – fatto di giustizia e di solidarietà, nelle nostre città, segnate da ingiustizia e povertà; nel mondo intero, afflitto da ineguaglianze e divisioni che escludono. Voi testimoni del Risorto, con la croce del S. Sepolcro sul cuore, siete anche testimoni di questa pace.
Voi, ed io con voi, siamo tutti pellegrini. Ricordo ancora le lezioni di liturgia ricevute nel Pontificio Seminario Regionale di Molfetta quando i riti della Settimana Santa mi sono stati illustrati a partire dalla testimonianza di Egeria, la monaca spagnola che scrisse il suo diario di pellegrina nel IV secolo, descrivendo luoghi e riti, e riportandoci alla radice della fede. Non perdete il gusto di essere pellegrini come la monaca Egeria, segnata da quell’andare orante ai luoghi santi; andate da pellegrini oranti e solidali con i cristiani di ogni confessione che con la loro presenza custodiscono quella Terra benedetta, in mezzo a non poche difficoltà e con una grande fede. Egeria ci invita a vivere la liturgia come pellegrinaggio nella fede e il pellegrinaggio come liturgia. Sia questa la vostra esperienza. E sarete beati perché con Cristo, perché suoi testimoni, perché suo segno nel mondo.
✠ Luigi Renna, Arcivescovo di Catania