di Febronia Lamicela
Una Marcia per la Pace variopinta e ricca di quella dimensione che don Tonino Bello chiamava la “convivialità delle differenze” definizione che oltre a rappresentare l’archetipo trinitario, esprime il significato più profondo della parola PACE.
È in fondo questo il senso dello slogan “Insieme su sentieri di Pace” scelto per la Marcia 2023 organizzata dall’Arcidiocesi di Catania alla vigilia dell’Epifania e in occasione della 56° Giornata Mondiale della Pace.
Tanta gente di ogni età: dai bambini dell’Azione Cattolica e di alcune scuole primarie, ai giovani dell’AGESCI e dei Licei; dagli adulti impegnati nei Movimenti e nelle Associazioni laicali che impreziosiscono la nostra comunità ecclesiale ai sacerdoti, religiosi e religiose che operano nel territorio; da alcuni sindaci ad esponenti di altre religioni.
Ritrovarsi di nuovo insieme, dopo la forzata pausa del Covid, ha fatto esplodere i cuori ed ha fatto risuonare alta l’implorazione di pace per i tanti popoli che, insieme al popolo ucraino, patiscono il male assoluto dalla guerra. Ma ha fatto riscoprire anche quanto è bello “mangiare il pane insieme con gli altri […] sul tavolo della stessa umanità” (T. Bello, Convivialità delle differenze), quella umanità che pandemia e guerre hanno provato a sfigurare.
Nella stagione del cammino sinodale che la Chiesa sta compiendo ad ogni livello, è particolarmente significativo registrare come l’organizzazione della Marcia ha avuto una decisa impronta diocesana ed ha visto lavorare insieme diversi uffici pastorali ( Problemi sociali e lavoro, giustizia e pace, salvaguardia del creato, Caritas diocesana, Pastorale dei giovani, Ecumenismo e dialogo interreligioso, Consulta delle aggregazioni laicali) i quali hanno cominciato a scardinare certi recinti di autosufficienza e autoreferenzialità, per percorrere (anch’essi!) sentieri di pace nel comune servizio alla Chiesa.
Alla partenza da Piazza Stesicoro, dopo il saluto e l’introduzione di don Antonino de Maria, l’Imam della Moschea della Misericordia Abdelhafid Kheit ha sottolineato che il nostro tesoro più grande, seppur fragile, è la fratellanza umana, fondata sulla comune figliolanza divina. Per questo siamo chiamati ad essere testimoni, segno credibile che esiste un’alternativa alla tristezza delle divisioni; in questo percorso le fedi religiose hanno il compito di essere profezia di unità, seminatrici di speranza, operatrici di pace.
Un lungo e nutrito serpentone colorato da bandiere, striscioni e stendardi delle molte Associazioni laicali presenti, da cartelli con i nomi dei diversi paesi in guerra ha sfilato per via Etnea mentre gli altoparlanti diffondevano riflessioni e preghiere lette da un gruppo di persone con postazione nella Chiesa dei Minoriti.
Giunti in piazza Duomo sul sagrato della Cattedrale il popolo della Marcia ha ascoltato due testimonianze che hanno inteso dare concretezza esperienziale al Messaggio di Papa Francesco per questa LVI Giornata Mondiale della Pace dal titolo “Nessuno può salvarsi da solo. Ripartire dal Covid-19 per tracciare insieme sentieri di pace”
Maryna è una profuga ucraina che insieme al suo piccolo Yarema è giunta nella nostra città nei primi mesi di guerra. Presi in carico dalla Caritas diocesana per ogni necessità, oltre al vitto e all’alloggio, Maryna e Yarema hanno inoltre ricevuto la solidarietà, il sostegno, l’amicizia il calore di tanti fratelli e sorelle delle nostre associazioni.
Antonio è un giovane che in piena pandemia soffre come tutti di mille paure e non riesce ad intravedere alcuna speranza di lavoro. Ma miracolosamente per lui si accende una luce: prendendo a modello il Fondo Gesù Divino Lavoratore istituito da Papa Francesco per lavoratori in difficoltà a causa del Covid-19, dei benefattori anonimi decidono di istituire a Catania un fondo analogo grazie al quale Antonio riesce a compiere un tirocinio formativo che gli permette di essere poi assunto con regolare contratto a tempo indeterminato da un’azienda che opera nel campo della ristorazione.
Due storie di speranza che dimostrano che solo insieme ci si salva da ogni condizione di sofferenza e di smarrimento.
E lo stesso Arcivescovo Mons. Luigi Renna, a conclusione della Liturgia della Parola celebrata in Cattedrale, a ricordare che l’altro nome della pace è resilienza mentre lo stile della pace è quello del Buon Samaritano che mettendo in salvo l’uomo incappato nei briganti salva anche se stesso e la propria dignità. E’ la logica dello sherpa, di colui che cammina nella neve insieme a due amici: uno di essi ormai allo stremo per la fatica e per il freddo non riesce a proseguire il cammino ma lo sherpa se lo carica sulle spalle e naturalmente rallenta il suo passo gravato dal fardello umano del quale si è caricato. L’altro compagno non vuole rallentare il suo cammino per attenderli e decide di proseguire più velocemente da solo. Lo ritroveranno più avanti morto assiderato mentre i due scaldandosi a vicenda anche se affaticati e lenti, raggiungono vivi il rifugio.
Solo camminando insieme ci si salva e ci si salva tutti! È il compito di pace che inizia a Capodanno per ciascuno di noi: camminare con tutti caricandoci gli altri sulle spalle per tutto l’anno.
E come i Magi, per non tornare da Erode, intraprendono un’altra strada, così noi per combattere ogni guerra dobbiamo percorrere questa strada “altra” che è la cura reciproca nell’amore.