di Don Antonino De Maria
Ormai manca poco al giorno di Natale nel quale facciamo memoria dell’incarnazione della Parola di Dio, Dio che sceglie di diventare Uomo, un uomo tra gli uomini, per gli uomini. Lo celebriamo, come ci ricorda l’avvento, nell’attesa della Sua venuta. Lo contempliamo non nella potenza ma nella debolezza, nella fragilità di un bambino totalmente affidato alle mani degli uomini, al cuore amante di una madre e alle premure di un padre, custode della sua vita. Eppure è Lui che regge ogni cosa; è Lui la vita: “ Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluto? Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza? Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita.” ( Sap. 11, 23-26)
Scendere nella debolezza dell’altro, accogliere in sé la debolezza dell’altro, come una madre custodisce un figlio, è opera di chi ama. Questo abbassamento è un atto d’amore, libero, volontario e non ha altro fine che l’amore dell’altro. Così l’abbassarsi di Dio ci richiama un altro mistero: la discesa agli inferi. Li dove l’uomo giace nella morte, vinto dalla sua debolezza, può entrare solo il Debole crocifisso perché è risorto: Vita che dà la vita.
Occorre imparare a guardare così quel Bambino che giace in una mangiatoia che sembra più una tomba come nelle icone, avvolto in fasce come le fasce con cui si avvolgono i morti, vivo nella sua Bellezza come la bellezza della Vita che ha vinto, nella debolezza, la frustrazione di chi, come l’uomo, cerca la vita e lungo il suo percorso trova la sofferenza e la morte. Dov’è o morte il tuo pungiglione? La Vita ti ha vinto e l’uomo affannato di oggi trova la pace. Nel suo bisogno di sentirsi onnipotente l’uomo moderno si è perso: solo in quella debolezza tenera di chi sceglie di amare ritrova la pace.
Ogni uomo è povero, profondamente e veramente: per questo coloro che adorano Colui che si è fatto povero, tenera debolezza, che è l’amore, unico senza fine né bisogno di possesso, sono chiamati a scendere negli inferi di ogni uomo, nelle povertà nascoste dalle maschere, nelle povertà invisibili perché abbiamo paura di vederle non perché sono nascoste, a stare poveri tra i poveri, accanto come fratelli di quel Dio che ha scelto di farsi fratello, con l’umile fragile ricchezza di chi ama e si sente amato.
Un Natale così ha già cambiato il mondo, lo ha già riempito della vera Luce. Ha già posto il seme della vera pace.