di Don Antonino De Maria
Dal 18 al 25 gennaio si svolge l’ormai consueta settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani, il cui sussidio è stato preparato dalle comunità cristiane del Minnesota (USA) e poi rivisto nella versione italiana da Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano.
Noi vivremo, insieme alle comunità che aderiscono al Consiglio delle Chiese di Catania, un momento importante di preghiera, di ascolto della Parola di Dio e di condivisione di esperienze, il 19 gennaio 2023 alle ore 19,30 presso la Chiesa Madre Collegiata Santa Maria dell’Elemosina a Biancavilla. Abbiamo così voluto decentrare questo momento uscendo dalla logica cittadina per vivere insieme alle comunità cristiane di una parte della Diocesi questo importante momento. In ogni caso sarebbe bello che in ogni comunità parrocchiale della Diocesi si vivesse insieme un momento di reciproco ascolto e accoglienza fraterna (magari invitando un pastore di qualche comunità vicina o un padre ortodosso delle comunità canoniche). Il bisogno di unità e la sua ricerca sono questioni che riguardano l’essere stesso della Chiesa cattolica: non possiamo vivere come vicini divisi e indifferenti, né accontentarci di essere orgogliosamente la maggioranza che guarda con distacco gli altri. Non possiamo pensare più che noi bastiamo a noi stessi e fare finta, se non attribuendo addirittura giudizi affrettati, che gli altri non esistano. Vale sempre l’atteggiamento di sant’Agostino che cercava il dialogo con le comunità donatiste perché, diceva, se pregano come come noi il Padre nostro, essi sono nostri fratelli, qualunque sia il loro atteggiamento nei nostri confronti. È un ottima occasione anche per vivere un cantiere di Betania nel nostro percorso sinodale e metterci in ascolto dei doni dello Spirito che emergono e sono presenti nelle altre comunità cristiane.
Il testo scelto di Isaia è un testo che conosciamo perché lo leggiamo in parte durante la quaresima ed è una parola molto forte che non possiamo ridurre ad un moralistico fare l’elemosina. Che senso hanno le nostre eucarestie, le nostre lunghe adorazioni o le nostre processioni se, poi, nella vita concreta le nostre mani sono coperte del sangue dei nostri peccati di omissione, delle nostre divisioni, del nostro egoismo, della nostra autoreferenzialità, dei nostri giudizi e delle nostre indifferenze? Cessate di fare il male, dice Isaia, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la vedova. Con quale fede entriamo nelle nostre celebrazioni quando al nostro interno, nelle nostre comunità stesse viviamo l’arte della divisione, del giudizio, dell’accaparramento dei posti, della ricerca di un banale, piccolo potere, magari travestito dalla parola servizio o ministero? Come possiamo dirci cristiani quando le nostre relazioni sono ingiuste o caratterizzate dalla ricerca di una vendetta per il torto subito, vero o presunto, mentre non facciamo nulla per riconciliarci, per ritrovare l’unità e la fraternità? Come possiamo dirci cristiani quando siamo indifferenti, se non addirittura causa, delle ingiustizie, dei bisogni degli altri e lasciamo solo chi è povero o in difficoltà come se questo non ci riguardasse in prima persona, come uomini e come discepoli di Cristo? Come possiamo stare tranquilli quando non riusciamo a dialogare, ad abbracciarci con gli altri discepoli di Cristo e li teniamo in disparte? E lo stesso vale per quei tanti uomini che etichettiamo per la loro fede non cristiana o per le loro inclinazioni sessuali?
La Chiesa, dice il Concilio Vaticano II, è come il sacramento dell’unione degli uomini con Dio e tra di loro (LG 1). Cercare l’unità e vivere in questo mondo con il cuore e la mente aperti sono i frutti del dono dello Spirito che gratuitamente riceviamo nella Chiesa, ogni volta che ci raduniamo per ascoltare la Parola di Dio e ricevere la comunione che è dono di Dio e che ci lega gli uni agli altri come veri fratelli e sorelle.
Vi invito, perciò, a vivere questo tempo lasciando che il cuore sanguini e si faccia casa per tutti.